Flavio Pompetti per “il Messaggero”
finnegan lee elder
Combatteva a mani nude nel parco con altre persone disposte ad affrontarlo, ogni colpo permesso. Il giovane Finnegan Elder, che è accusato di aver accoltellato il vice brigadiere Mario Cerciello, ha partecipato a questi rituali cruenti in un area verde di San Francisco, dove non è raro che i giovani si riuniscano per sfidarsi. Sfide che ogni tanto finiscono con qualche ragazzo costretto ad andare in ospedale. La storia è confermata da suo zio, l'ex giornalista di Newsweek Sean Elder, che fa da portavoce per conto della famiglia in queste giornate terribili dopo la diffusione della notizia del crimine.
I MEDIA USA
La stampa statunitense si era interessata una sola volta a questa scena da branco selvaggio, quando nel novembre del 2016 in un confronto tra Finnegan e un compagno della squadra di football della scuola superiore Sacred Heart Cathedral di San Francisco, la violenza si era spinta un po' troppo in avanti.
FINNEGAN LEE ELDER
Finnegan aveva picchiato per scommessa il compagno durante una festa di fine campionato alterata dall'alcool e dalle droghe, e lo aveva colpito duro alla testa, al punto di produrgli, secondo il referto della polizia «lesioni potenzialmente letali». Ci sono voluti anni perché il malcapitato potesse guarire completamente dagli effetti della scazzottata, ma alla fine il recupero è stato completo, e oggi il giovane si è diplomato ed è uno studente universitario di buon successo.
LE RASSICURAZIONI
Lo zio Sean assicura che l'episodio non ha lasciato tracce sulla fedina penale di suo nipote, ma l'episodio non è stato isolato. Alcuni compagni di scuola della Tamalpais, il liceo nel quale Finnegan Elder si era iscritto in seguito al trasferimento del padre a Mill Valley, raccontano che il giovane era attirato dal confronto fisico, come se lo cercasse per addestrarsi a combattere.
FINNEGAN LEE ELDER
Due di loro chiedono di restare anonimi perché in tempi di esposizione globale su Internet, temono di associare indissolubilmente il loro nome ad una storia di omicidio. Ma dietro l'anonimato, raccontano di un Finnegan dalla doppia identità: socievole e apprezzato dai suoi coetanei, specialmente dalle ragazze; cortese nell'accompagnare a casa con la sua vettura chi ne aveva bisogno dopo la fine delle lezioni.
Ma irascibile fino alla rabbia cieca, che spesso sfogava con una guida aggressiva in mezzo al traffico. Non aveva un solo vero amico alla Tamalpais, sembrava non averne bisogno, e sembrava piuttosto che nella rappresentazione della sua vita da lupo selvatico non ci fosse spazio per l'amicizia.
FINNEGAN LEE ELDER
L'IMMAGINE
Le scazzottate erano una specie di esercitazione all'abilità di combattere. Finn le cercava, le provocava con altri studenti, incurante della differenza di età e di corporatura. Era come ossessionato dall'idea di proiettare un'immagine di sé stesso aggressiva e cinica dice uno dei suoi ex amici I tatuaggi esibiti con ostentazione, la tintura di capelli come un divo dell'hard rock, tutto congiurava a costruire l'involucro di un guerriero spietato, nichilista e con nessuna aspettativa rispetto al futuro. In una delle pause scolastiche aveva preso a lavorare per un imprenditore edile, un'esperienza molto comune tra gli studenti statunitensi.
L'INCIDENTE
Sul cantiere aveva avuto un incidente nel quale si è schiacciato un dito, e i medici non sono riusciti a salvarlo e hanno dovuto procedere con un amputazione. Anche quella menomazione, ricordano i suoi amici, era mostrata in pubblico come un segno non solo di virilità, ma di disprezzo della banale conformità di tanti altri suoi coetanei. E persino l'instabilità dell'umore e la salute mentale erano più simulate che reali. «Se l'hanno pescato con lo Xanax sul comodino della stanza d'albergo, non è certo perché un medico gliel'aveva prescritta. Ne ha sempre fatto uso, ma a fini ricreativi, non certo legali».
FINNEGAN LEE ELDER
2 - IL PAPÀ VA IN CARCERE DA FINN "PERCHÉ L'HAI FATTO? ERI IN ITALIA PER ALLONTANARTI DAI BRUTTI GIRI"
Corrado Zunino per “la Repubblica”
Scende dalla Mercedes nera, presa in affitto in aeroporto, alza lo sguardo sul carcere del Settecento - Regina Coeli, impiantato nella Trastevere dove è iniziato il guaio - e si ferma. Il giovane dello staff che lo ha scortato fino all' ufficio "Pacchi e colloqui" lo deve sorreggere. Gli cedono le gambe. Una donna lo spinge all' interno, corridoio a piano terra popolato di madri e figlie italiane che attendono i loro colloqui. È mezzogiorno, ieri: Ethan Elder, 61 anni, funzionario della previdenza della California, comprende tutto.
Un istante, il carcere: otto giorni gli passano davanti. La polo verde si perde nell' androne interno per la registrazione, quindi l' uomo sale verso la cella del figlio Finnegan, 19 anni, che fin qui ha parlato solo una volta con la mamma: una telefonata in Facetime. Lo spazio per i colloqui è caldo. Ethan può guardare il figlio e chiedergli: «Perché?». Non arriva la risposta. «Ti avevamo mandato in vacanza a Roma per toglierti da quel giro di amici, perché?».
finnegan lee elder
Non si sa se Finnegan - in questi giorni silenzioso, frastornato nella sua cella senza televisione - pianga: il padre ha tenuto per sé questo aspetto, non lo ha detto a nessuno della sua corte americana. Gabriel Natale Hjorth, l' amico che ora prende le distanze («Ho conosciuto Finnegan solo sui social», racconta nascondendo le frequentazioni nelle scuole a nord di San Francisco) ha una cella lontana: li hanno sistemati in modo che, durante l' ora d' aria, non possano incontrarsi, cortili separati. Papà Ethan si prende tutta l' ora del colloquio.
finnegan lee elder copia
Non ha portato niente con sé: Finnegan è ancora con infradito, pantaloncini e maglietta consegnati dall' amministrazione penitenziaria. Papà Ethan esce dal carcere che è l' una di pomeriggio: il volto sicuro del giorno dell' arrivo in aeroporto, ventiquattr' ore prima, ora è tradito dagli occhi.
Sale sul van, per il ritorno c' è il pulmino con i vetri anneriti, che a fatica si libera dell' assedio dei cameramen. Torna all' ambasciata americana: ormai il caso dell' omicidio in vacanza è sotto la piena responsabilità della diplomazia Usa. Il consulente legale americano che Ethan si è portato dalla Baia - Craig Peters, già difensore pubblico negli Stati Uniti - mostra alla Abc7 la linea difensiva.
MARIO CERCIELLO REGA E ANDREA VARRIALE
Aggressiva. «Chi sta investigando in Italia non sa bene cosa sia successo quella notte vicino all' Hotel Méridien e fa filtrare solo le informazioni che gradisce. Un coltello da diciotto centimetri in mano a un ragazzo? Negli Stati Uniti non è certo una supersorpresa viaggiare con un' arma, si usa per difendersi».
Nel pomeriggio i legali italiani dell' ex amico Gabriel Natale Hjorth - gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi - depositeranno un' istanza al Tribunale del Riesame per la scarcerazione. Anche per il reo confesso la linea difensiva sembra tracciata: Finnegan non sapeva che il vicebrigadiere Cerciello fosse un carabiniere, lo credeva un complice di quello a cui aveva rubato lo zaino. Ha reagito, ecco: un eccesso di legittima difesa, non un omicidio aggravato.
Gabriel Christian Natale Hjorth
In serata Ethan rientra all' Hotel Cavalieri Hilton, sulle alture del quartiere Montemario, cinque stelle tra gli ulivi. Anche il figlio si era abituato a soggiorni costosi. Nei prossimi giorni arriverà la madre, Leah Lynn, consulente nel campo dei trasporti. L' amico avvocato ricorda ancora: «Ethan e Leah scelsero Roma per la luna di miele, tanti anni fa. Hanno un grande amore per questa città e il fatto che oggi sia diventata il teatro di una tragedia vicina li ha devastati».
A Regina Coeli riceve visite anche Gabriel. Lui, famiglia italiana, parla italiano. E parla di più. «È molto provato», dice però l' avvocato Alonzi, «ha solo 18 anni». Gabriel ribadisce: non sapevo che Finnegan fosse armato, non credevo stessimo andando a uno scontro.
E i legali puntano sulla legittima difesa "Non sapeva di avere di fronte un militare, ha solo reagito a un attacco" AP A Regina Coeli Finnegan Lee Elder, 19 anni, ha confessato di aver colpito il vicebrigadiere con il coltello.
Gabriel Christian Natale Hjorthè