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    CAPACE DI INTENDERE E DI MORIRE - A TRENTO, UN NO-VAX RICOVERATO IN TERAPIA INTENSIVA PER COVID È MORTO DOPO AVER RIFIUTATO LE CURE – IL RESPONSABILE DEL REPARTO DI RIANIMAZIONE DELL'OSPEDALE: “CERCHIAMO DI CONVINCERE I PAZIENTI CHE L'IMPOSSIBILITÀ DI AUMENTARE L'ASSISTENZA PUÒ PREGIUDICARE LA LORO SOPRAVVIVENZA, MA È CHIARO CHE, NEL MOMENTO IN CUI VIENE RIFIUTATO QUALSIASI ULTERIORE TRATTAMENTO, NOI ABBIAMO IL DOVERE DI RISPETTARE QUESTA SCELTA” – E IL CASO NON SAREBBE ISOLATO…


     
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    Maurizio Di Giangiacomo per “la Stampa”

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    I più irriducibili tra i No Vax hanno spostato la frontiera della loro "disobbedienza" fin dentro i reparti di terapia intensiva. È successo all'ospedale Santa Chiara di Trento, dove nelle ultime ore un cinquantenne è morto dopo aver rifiutato le cure. E quello del capoluogo trentino, stando ai medici, non sarebbe un caso isolato. 

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    I fatti. Michael Marc Alexander Vela, cinquantenne tedesco trasferitosi da qualche tempo ad Arco, dove risiede la compagna, era arrivato in ospedale in condizioni già gravi: dichiaratamente contrario alla vaccinazione, positivo al Covid-19, era affetto da un'insufficienza respiratoria che però poteva essere curata con l'ossigeno. 

     

    Ma quando il medico gli ha proposto l'intubazione l'uomo l'ha rifiutata e si è dimostrato irremovibile anche di fronte al tentativo di mediazione operato dai responsabili del Santa Chiara attraverso la fidanzata, che ha detto peraltro di rispettare la sua scelta. 

     

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    Preso atto che il paziente non dava l'assenso alle cure, i medici hanno infine condotto una valutazione sulla capacità d'intendere e di volere del cinquantenne, che è risultato però in possesso di tutte le sue facoltà. «Ovviamente - ha dichiarato alla Rai il responsabile del reparto di Rianimazione dell'ospedale Santa Chiara di Trento, Daniele Penzo - cerchiamo di convincere i pazienti che l'impossibilità di aumentare l'assistenza può pregiudicare anche la loro sopravvivenza, cerchiamo di farci aiutare anche dalla famiglia. Ma è chiaro che, nel momento in cui viene rifiutato qualsiasi ulteriore trattamento, noi abbiamo il dovere di rispettare questa scelta». 

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    La cosa grave è che quello dell'ospedale di Trento non è un caso isolato, perché nelle terapie intensive stanno arrivando soprattutto i No Vax (anche in Trentino l'80% dei ricoverati nei reparti di rianimazione non è vaccinato). E tra questi, oltre ai casi di ravvedimento in extremis, ci sono quelli di chi, dopo la mascherina, il distanziamento sociale e il vaccino, è capace di rifiutare anche le cure che potrebbero salvargli la vita. 

     

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    Una posizione di fronte alla quale i medici - quando il paziente è maggiorenne e in grado d'intendere e di volere - non possono fare altro che registrare il cosiddetto "consenso informato". «Concretamente significa informare il paziente sulla sua malattia e sulle cure - ha spiegato sempre alla Tgr il docente di Giurisprudenza dell'Università di Trento Carlo Casonato - A quel punto, sulla base dei suoi valori, può decidere di accettare le cure o di rifiutarle, anche a costo di perdere la vita». 

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    Diverso, secondo il giurista, dovrebbe essere il caso dell'obbligo vaccinale, perché «non si tratta solo di aiutare o salvare una singola persona, ma ci sono problemi di salute collettiva: ricordiamoci che in Italia ci sono stati oltre 130mila casi di morte per questo virus e altre morti ci sono state perché i letti d'ospedale erano occupati proprio a ragione del Covid». Da settimane i numeri della pandemia sono in netto peggioramento anche in Trentino. 

     

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    Anche ieri, come venerdì, i decessi sono stati due: un trentanovenne non vaccinato con gravi patologie e un ottantenne. Il totale delle vittime sale così a 1.399. Stabile il numero dei pazienti ricoverati (95, con 14 ingressi e 13 dimissioni) e quello dei malati in terapia intensiva (16), cifre che confermano la provincia di Trento a un passo dalla "zona gialla". 

     

    Nel vicino Alto Adige anche ieri si sono registrati quattro decessi (già 28 solo nel solo mese di dicembre), scendono a 82 i pazienti ricoverati nei reparti ordinari ma salgono a quota 21 quelli in rianimazione, ponendo la provincia di Bolzano ai limiti della zona arancione.

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