Giuliano Lott per “la Repubblica”
Sei lesbica? Allora scordati il rinnovo del contratto. Quando è stata convocata dalla direttrice dell’Istituto del Sacro Cuore, scuola privata cattolica paritaria di Trento in cui insegna da cinque anni, la docente non si aspettava certo un terzo grado sul proprio orientamento sessuale.
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Invece la direttrice, la madre superiora Eugenia Libratore, dopo averla lodata per la sua «capacità nell’insegnamento », le ha rivolto domande precise circa le “voci” che circolavano sul suo conto, offrendole due alternative per continuare a lavorare nella scuola: smentire le chiacchiere oppure accettare di “curarsi” dall’omosessualità.
«Sono rimasta allibita, mi sono anche arrabbiata », racconta l’insegnante, ora disoccupata. «Il mio orientamento sessuale non può in alcun modo essere oggetto di indagine da parte di qualsiasi datore di lavoro. Questo ho detto alla madre superiora, rifiutando di rispondere a delle domande che ritengo inaccettabili perché nulla hanno a che vedere con il mio lavoro e con la mia professionalità». Dopo il colloquio con la direttrice, l’Istituto del Sacro Cuore non le ha infatti rinnovato il contratto, scaduto al termine dell’ultimo anno scolastico.
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La scuola, in una nota ufficiale firmata dalla direttrice, ha prima smentito che all’origine del mancato rinnovo ci fosse una discriminazione di natura sessuale, adducendo la fine del rapporto di lavoro alla scadenza naturale del contratto e a generici problemi di natura economica legati al bilancio. Ma poi è stata la stessa Libratore a smentire se stessa: «Ho sentito queste voci e che speravo fossero solo voci, perché devo tutelare l’ambiente scolastico.Dovendo scegliere un’insegnante per una scuola cattolica, devo fare anche valutazioni dal punto di vista etico morale».
La religiosa ha aggiunto: «Mi era giunta voce che fosse lesbica e ne ho parlato con lei per capire se vivesse un problema personale. Chi è lesbica, se vuole lo dice. Se lo nasconde, voglio capire se ci sono problemi, come intende comportarsi, perché sono responsabile di mille studenti, ho 137 dipendenti, ho doveri educativi. Lei neanche ha risposto e se n’è andata. Il mio era solo un modo di offrirle altre possibilità di lavoro. Mi sarebbe bastato capire che vivesse la sua situazione in modo tranquillo».
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La vicenda, che nelle intenzioni dell’istituto doveva con ogni probabilità chiudersi con il colloquio tra direttrice e insegnante, è però diventata di dominio pubblico: la docente, rompendo la consuetudine del silenzio, ha deciso di non tacere.
«Non so ancora se sporgerò denuncia, sto valutando i passi più opportuni da fare. Di certo non mi interessa tornare a lavorare in una scuola che dimostra nei fatti una posizione omofoba e anticostituzionale. Quello che mi ha colpito di più — aggiunge la prof — è che la direttrice mi abbia posto certe domande come se fosse del tutto naturale. Ma, come ho detto alla madre superiore, i tempi della Santa Inquisizione sono finiti da un pezzo».
Sul caso la Lista Tsipras trentina ha chiesto l’intervento della politica: l’Istituto
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del Sacro Cuore riceve finanziamenti pubblici per fornire un servizio e non è ammissibile — ha spiegato la rappresentante Antonia Romano, pure insegnante — che la scuola assuma atteggiamenti in contrasto con la legge e la Costituzione. Questa vicenda colpisce non solo me come insegnante, ma ferisce tutto il mondo della scuola».
Insorge anche l’Arcigay, che invita la Provincia di Trento a chiedere spiegazioni all’istituto e sollecita l’intervento del ministro Giannnini, mentre la Cgil ha garantito la tutela dei diritti dell’insegnante discriminata. E nel frattempo il caso, rimbalzato sui social, ha assunto una dimensione nazionale.