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ACCUSA CONTESTA A TRUMP NUOVO OLTRAGGIO ALLA CORTE
(ANSA) - Juan Merchan, il giudice del caso pornostar, ha annunciato alle parti che mercoledi' prossimo terra' un'udienza per esaminare la richiesta dell'accusa di contestare a Donald Trump l'oltraggio alla corte per altre quattro violazioni del 'gag order' che gli vieta di fare commenti su giudice, procuratori, testimoni e giurati del dibattimento.
EX AMICO EDITORE, TRUMP MI CHIESE DI MCDOUGAL ANCHE DOPO IL 2016
(ANSA) - Donald Trump chiede dell'ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, che sostiene di aver avuto una storia con lui, almeno due volte dopo le elezioni del 2016: la prima in un incontro alla Trump Tower ("come sta la nostra ragazza?"), la seconda ad una cena alla Casa Bianca ("come sta Karen?"), entrambe nel 2017.
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Lo ha riferito l'ex amico editore David Pecker nella sua testimonianza nel caso pornostar. Pecker ha raccontato anche che ha informato il tycoon di storie negative su di lui per 17 anni prima del 2015, l'anno in cui acquisto' e seppelli' la storia di McDougal con Trump. L'editore ha anche detto di considerare ancora the Donald un amico e di non avere una cattiva volontà nei suoi confronti. "Al contrario", ha detto, definendolo il suo mentore e una persona che lo ha "aiutato per tutta la mia carriera".
L'EDITORE DI TRUMP RIVELA CONTATTI CON COHEN ANCHE DOPO IL VOTO
Todd Blanche Donald Trump
(ANSA) - David Pecker, l'ex editore del National Enquirer diventato testimone chiave nel processo contro Donald Trump per i pagamenti alla porno star Stormy Daniels, ha rivelato che Michael Cohen gli ha chiesto di poter avere accesso a tutte le informazioni sul tycoon in suo possesso anche dopo le elezioni vinte da Joe Biden. Pecker ha testimoniato di aver incontrato il factotum del tycoon alla Trump Tower dopo il voto e di avergli assicurato che non ci fosse nulla di compromettente, rifiutandosi comunque di mettere la documentazione a sua disposizione.
DIFFAMAZIONE CARROLL, RESPINTA ISTANZA TRUMP PER NUOVO PROCESSO
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(ANSA) – Un giudice federale di New York ha confermato la sentenza di condanna per diffamazione della scrittrice Jean Carroll e il risarcimento di 83 milioni di dollari, respingendo l'ennesima istanza di Donald Trump per un nuovo processo. Il giudice Lewis Kaplan ha affermato che le argomentazioni legali del tycoon sono prive di merito. Il magistrato ha inoltre ritenuto che i danni punitivi assegnati dalla giuria a Trump "soddisfano i requisiti costituzionali".
BATTAGLIA ALLA CORTE SUPREMA SULL'IMMUNITÀ DI TRUMP
Claudio Salvalaggio per l’ANSA
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Donald Trump potrebbe aver messo a segno una mezza vittoria alla Corte suprema a Washington sull'immunità presidenziale nel procedimento per l'assalto al Capitol, mentre era costretto a seguire il processo a New York per la vicenda pornostar. Una coincidenza che ha costretto i media allo 'split screen', per seguire contemporaneamente sullo stesso schermo due udienze dai toni diversissimi: nell'austera aula della massima Corte americana accuse e difesa volavano alto duellando con i nove saggi sui poteri della presidenza e gli scopi dei padri fondatori, evocando nomi come George Washington e Benjamin Franklin;
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nel grigio tribunale di Manhattan invece David Pecker, l'ex editore amico del tycoon, raccontava come nel 2016 seppellì sul suo tabloid la sordida storia della tresca fra Trump e la coniglietta di Playboy Karen McDougal per non danneggiarne la campagna presidenziale.
Ma ciò che più premeva a The Donald era l'udienza nella capitale Usa, perché un'eventuale decisione totalmente o anche parzialmente favorevole potrebbe far saltare o ritardare anche il processo federale per le carte di Mar-a-lago e quello statale per il tentato ribaltamento del voto in Georgia con tanto di falsi elettori.
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Quelli usati anche in altri Stati, tra cui l'Arizona, dove giovedì sono stati rinviati a giudizio il suo ex chief of staff Mark Meadows e il suo ex avvocato Rudy Giuliani (il tycoon invece è nominato co-cospiratore non incriminato). Trump ha dato il la alla giornata facendo un piccolo bagno di folla prima di entrare in tribunale a New York: "Se non hai l'immunità non farai niente, non prenderai alcun rischio, diventerai un presidente cerimoniale", ha detto, ammonendo sul rischio che i futuri presidente siano perseguiti dopo il loro mandato.
Una tesi rilanciata davanti alla Corte suprema dal suo avvocato John Sauer, secondo cui il commander in chief gode dell'immunità assoluta, anche se dovesse ordinare un colpo di stato, a meno che non sia stato condannato in un impeachment (mentre il tycoon è stato assolto in quello per l'attacco al Congresso).
Il legale ritiene pure che la sentenza del 1982 sull'immunità dalla responsabilità civile dell'ex presidente Richard Nixon vada estesa alla responsabilità penale. "Nessuno è al di sopra della legge", ha avvisato invece Michael Dreeben, rappresentante del procuratore speciale Jack Smith, secondo cui se un presidente fosse totalmente immune potrebbe anche ordinare di uccidere un oppositore politico senza essere perseguito, come hanno sottolineato pure alcuni saggi.
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Inoltre, ha osservato, la grazia concessa a Nixon per il Watergate dopo aver lasciato l'incarico è la prova che i precedenti presidenti erano consapevoli di essere esposti ad accuse penali. Quanto all'immunità in caso di assoluzione dalla messa in stato d'accusa, un presidente potrebbe commettere reati a fine mandato o dimettersi prima di essere condannato in un impeachment.
Chiamata ad una decisione storica, la Corte suprema è sembrata scettica sull'immunità assoluta ma la maggioranza pare aperta a concedere una qualche forma di protezione distinguendo tra atti ufficiali e atti privati, alcuni ammessi per la prima volta anche dalla difesa di Trump, compresa la controversa telefonata al segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger per trovare i voti necessari a vincere.
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Dei nove giudici tre appaiono più vicini alla tesi dell'ex presidente, tre contro e tre in mezzo. Potrebbe uscirne una sentenza di compromesso, che rinvia alle corti inferiori la decisione su quali atti sono coperti da immunità, col rischio però di allungare i tempi, anche per gli inevitabili ricorsi. In ogni caso non prima di fine giugno, il che significa che l'eventuale processo inizierebbe a fine estate ma difficilmente si concluderebbe prima dell'election day del 5 novembre. A New York intanto Pecker ha raccontato che Trump era a conoscenza dei pagamenti a Karen McDougal in cambio del silenzio sul loro affaire e che temeva per l'impatto di questa ed altre storie imbarazzanti sulla campagna elettorale e non sulla famiglia.
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