Federico Vacalebre per "www.ilmattino.it"
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E se n'è andata anche Annunziata Chiarelli, per tutti Mirna Doris, avrebbe compiuto 80 anni il 20 settembre, per il piccolo mondo antico di cantaNapoli, sempre più vicino all'estinzione ora che se n'è andata anche lei, resterà per sempre «la ragazza di Marechiaro».
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ll suo sensuale richiamo canoro da sirena digiacomiana apparve come un miraggio quando la melodia partenopea classica già aveva consumato la sua migliore epopea, dando profondità e allure a una stagione, quella degli anni Settanta, che rimpiangeva i «belle tiempe 'e 'na vota» senza sapere che canzone cantare per essere al passo con i tempi, consegnandosi così drammaticamente alla nostalgia canaglia. La notizia della sua morte è stata data stamattina dalla sua pagina Facebook, poi smentita dalla stessa, parlando di uno «scambio di cartelle».
Mentre in rete si alternavano i messaggi di cordoglio e quelli di felicità per la notizia che la cantante era ancora in vita, una pronipote ha gelato tutti: «Ora è morta». Ed era vero: alle 11.40, per l'esattezza, comunicano da Villa Angela, dove era ricoverata per combattere il tumore che l'aveva aggredita da tempo. Da leonessa quale era aveva provato a reagire, sfidando con coraggio il male, ma...
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Annunziata Chiarelli fu scoperta da Johnny Lombardi, un commerciante italiano proprietario di supermercati in America diventato poi un manager radiotelevisivo, che le affidò un jingle per la sua azienda.
Andò a registrarlo negli studi napoletani della Phonotype, la più antica delle etichette napoletane e qui la ascolto Salvatore Mazzocco, già arrivato al successo grazie ai Festival di Napoli: lei era bella, florida e aveva una grande voce, lui la prese sotto la sua ala protettrice e le trovò anche il nome d'arte. I primi concorsi, il primo contratto con la Fonit Cetra, nel 1962 il primo «festivàl» come si diceva per distinguerlo da quello di Sanremo: Mazzocco firma le musiche di «Suonno perduto» e «Ricciulella».
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Il passaggio alla King, torna al Festival di Napoli nel '64, in duetto con il boss della casa discografica Aurelio Fierro lanciando «Nun m'abbraccia'», ma anche «'Mparame a vule' bene». Il concorso alla ricerca delle nuove melodie veraci è la strada scelta per arrivare al successo: torna nel '65 e porta in finale «Schiavo d'ammore», divisa con Mario Abbate, e «Dduje giuramente», in abbinamento nientepopòdimeno con Sergio Bruni. Nel '66. invece, tocca a «Rose d'o mese 'e maggio» con Mario Trevi e «Nun m'abbanduna'» con Luciano Tomei; nel 1967«Nun spezza' sta catena» con Antonio Buonomo e «Addio felicità» con Luciano Tajoli.
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Il fatidico '68 è l'anno buono: vince il Festival di Napoli 1968 con «Core spezzato» (in coppia con Tony Astarita) e arriva terza con «Ammore 'e Napule» e Claudio Villa. Nominata giovane regine di cantaNapoli, rivince l'anno dopo con «Preghiera a 'na mamma» in coppia con Aurelio Fierro. Nel 1970 non vince, ma sfonda con «Chitarra rossa» e Mario Merola, più che con «'A mossa» e Franco Franchi, ma fa bene anche a «Canzonissima» con «Verde fiume».
Ancora un cambio di etichetta, la Hello di Luciano Rondinella, ancora concorsi, questa volta «nazionali», ormai è una giovane sensazione, la ragazza di Marechiaro, bella, anche se a Napoli la fanno cantare sulle basi preparate per Mario Merola, che ha un'altra tonalità.
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Il mondo di cantaNapoli è maschilista, si sa, ma le si adatta, accetta la sfida, la supera. Si misura con la sceneggiata («Grazie Mari'» di Alberto Sciotti con Pino Mauro), nel 1976 è al centro dell'omaggio discografico al suo scopritore Mazzocco, da poco scomparso. E' anche l'anno di «Mammà», sceneggiata con Merola, e di «Novecento»: Bernardo Bertolucci inserì nel suo capolavoro una sua tenera interpretazione di «Era di maggio».
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Anche Mirna fa i conti con il declino del genere, l'ultimo squillo negli anni '70 è uno storico allestimento della vivianea «Festa di Piedigrotta» con la regia di Roberto De Simone, nel decennio successivo si dedica ad apparizioni sulle tv private campane, chiudendo gli Ottanta con un'antologia in cinque volumi, la prima incisa al femminile, e non a caso intitolata «Napoli una donna», in cui rilegge classici e successi personali diretta da Sciotti e con arrangiamenti di Tony Iglio: ci sono «Mare verde», «Preghiera a 'na mamma», «Chitarra rossa», «Te desidero», «Core spezzato», «Malanotte, più due brani di Claudio Mattone, «Ancora» e «'A città 'e Pulecenella».
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A rilanciarla, ad annunciarla come «la talentosa Mirna Doris» è Paolo Limiti che dal 1995 la vuole nei suoi programmi televisivi: lei ha ancora una grande ugola, veste da ultima diva di un mondo verace che non c'è più. Nel 1995 con Mario Da Vinci, Gianni Nazzaro e Nunzio Gallo forma i Napoli 4 ed arriva alla finale di «Viva Napoli», presentato da Mike Bongiorno e Mara Venier su Canale 5 con «Ciccio Formaggio». Nel '96 fanno il bis, con Wess al posto di Gianni Nazzaro e «'A pizza». Quel repertorio le sta stretto, torna alla kermesse revival, a questo punto in onda su Retequattro nel 2000 (terza con «'Na sera 'e maggio) , l'anno dopo (quarta con «'A canzone 'e Napule»), nel 2002, l'ultima.
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Ancora un sceneggiata, anzi il revival della sceneggiata, con la versione teatrale di «Lacreme napulitane» firmata nel 2002 da Geppy Gleijeses. Poi il ritiro, annunciato e per fortuna non mantenuto, il «Masaniello» di Tato Russo, recital che rivelano ancora una voce straordinaria, nel 2012 è ancora in tv con Paolo Limiti. Il 6 aprile 2018 è sul palco della Festa del borgo di Marechiaro.
Di Giacomo è il suo autore preferito, più che nel brodo veteromelodico a cui attinsero i suoi successi personali dava il meglio nel repertorio classico, cesellato persino con maggior convinzione nella sua seconda stagione, quella della nuova fama nazionale grazie a Limiti: «Il mio aggettivo preferito è carnale», confessava l'eterna ragazza di Marechiaro ai suoi biografi Pietro Gargano e Gioconda Marinelli, definendo da sola la propria arte, la propria intonazione ora languida ora dolente, ma comunque sempre sull'orlo di una crisi d'amore, di vita, di gioia, di disperazione.
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Confessava di aver vissuto, amato, sofferto, sbagliato, cantato. Negli ultimi tempi invitava gli amici a cena, periodicamente, al Leon d'Oro, storico ristorante napoletano di piazza Dante: chiacchiere, ricordi, alla fine due canzoni ci scappavano sempre, e tornava l'in/canto della ragazza di Marechiaro.
Ciao Mirna, ciao.