MARCO IMARISIO per il Corriere della Sera
confine italia francia frejus
A mezzogiorno è l'ora di punta. Ma oggi non c'è traffico, perché anche la logistica risente della cappa di pessimismo che è tornata a gravare su tutti noi. Anzi, quando le cose vanno male è la prima a fermarsi. Il Tir che ci ha preceduto all'uscita del traforo del Frejus ha sulla targa il numero 93, che sta per Senna-Saint-Denis e rivela la provenienza dall'Ile-de-France.
A farla breve, Parigi e dintorni, che oggi sono considerati una delle aree più infettate d'Europa. L'autoarticolato rallenta solo per via del limite di velocità nella piazzola, al centro della quale c'è una Volante della polizia. Poi dà una sgasata e accelera verso la discesa che porta a Bardonecchia e al resto d'Italia.
confine italia francia ventimiglia
Mezz' ora prima, al casello sul versante francese dove si pagano i 41 euro per il passaggio in auto, nessuno ha chiesto nulla al conducente. Bon voyage , e via. I tempi di attesa sono in media di tre minuti, e siamo stati abbondantemente nei tempi. Una volta in Italia, non ci sono neppure gli auguri di buon proseguimento, si fila dritti.
Da una parte all'altra, come se nulla fosse. Avanti e indietro tra Francia e Italia. Alla fine di settembre un'ordinanza del ministero della Salute imponeva l'obbligo di sottoporsi al tampone entro 48 ore a chi proveniva dalle zone rosse degli altri Paesi. Sbucarono i banchetti per i test rapidi nei principali aeroporti.
Ma per gli ingressi in strada non è stato previsto alcun controllo. Non esistono disposizioni pratiche sulle zone di confine. L'onere del test e dell'autodenuncia all'autorità sanitaria sono affidati al senso civico del viaggiatore. Naturalmente, si è creato un vuoto. Una terra di nessuno, che autorizza alcuni esperti delle unità di crisi liguri e piemontesi a denunciare gli «ingressi incontrollati» come una ulteriore minaccia alla salute pubblica.
alberto cirio
A Ventimiglia, il vulcanico sindaco Gaetano Scullino annunciò con enfasi l'apertura di una unità mobile. Ma solo per fronteggiare eventuali orde di turisti nostrani di ritorno dalla Costa Azzurra, così disse. Il presidio durò qualche giorno, una manciata di tamponi e qualche titolo di giornale.
Poi, tutto come prima. Ma dai valichi liguri di Ponte San Ludovico e Ponte San Luigi passano ogni giorno settemila frontalieri italiani e 4.000 francesi. Il vero fiume di auto che collega i due Paesi scorre lungo il corridoio alpino, che è fatto da due tunnel, Frejus e Monte Bianco, a settembre una media di 125.000 transiti quotidiani a testa, leggera prevalenza del traffico pesante nel primo caso (52%), di quello leggero (54%) nel secondo, con il Piemonte come primo punto di passaggio per entrambi.
Anche per questo, Alberto Cirio, presidente della Regione, si è molto agitato nei giorni scorsi, chiedendo una santa alleanza al collega ligure Giovanni Toti, per sollecitare provvedimenti al governo nazionale, auspicando una improbabile chiusura dei confini.
confine italia francia monte bianco
Ieri mattina, sempre «per garantire la protezione massima e assoluta del territorio», ha annunciato che farà da solo, chiedendo alla Protezione civile locale di allestire punti di accesso e controlli rapidi «a tutti i valichi con la Francia, dove i contagi sono altissimi». Ieri sera, in Piemonte è stato registrato il record assoluto di contagi: 1.033, più del doppio di quelli del giorno prima (499).
Tra poco forse non ci sarà più l'urgenza di difendere il confine nazionale, purtroppo. Ma se dovesse rimanere una priorità, un giro sulla piazzola italiana del Frejus, a 1.400 metri di altitudine e tre gradi di temperatura nel primo pomeriggio, aiuterebbe a capire la difficoltà dell'impresa.
«Chi ha pensato di fare qui i controlli non è mai passato in vita sua dal tunnel». Il traffico attuale del Frejus è quasi tornato ai livelli di prima del lockdown. Nel settembre del 2019 c'erano stati 142.000 transiti verso l'Italia. Oggi siamo a 121.000, un dato importante dopo il crollo dell'aprile 2020, quando si passò dai 157.000 veicoli dell'anno precedente a 41.560. Sono numeri che vanno stimati su un arco di 12 ore. Durante la notte, passa il sei per cento del totale.
Gli operai che in pausa pranzo affollano la caffetteria all'interno dell'area di servizio fanno di conto, come i loro dirigenti. Gli studi preliminari di Sitaf, la società italiana che gestisce il traforo, dimostrano che per fare fronte al fabbisogno di tamponi servirebbero otto unità mobili disposte sulla piazzola all'uscita del tunnel. Dove non è che lo spazio abbondi.
toti
La Polizia stradale stima una tolleranza massima di dieci autotreni in sosta. Anche così, i tempi di attesa per ogni veicolo arriverebbero a 15-20 minuti, nella più ottimistica delle ipotesi, con una reazione a catena che darebbe vita a una coda destinata a intasare l'altro versante del tunnel. «Insomma, la paralisi». La difesa dei confini di terra è un argomento suggestivo, ma solo a parole. E tra qualche giorno nevica .