Simona Antonucci per “il Messaggero”
AI WEIWEI
«Esplosioni, rifugiati, rovine. Ospedali. Bomba atomica. In questi due anni, da quando il Covid ha fermato il debutto di Turandot fino a oggi, ho girato video, recuperato filmati d'archivio, scattato foto che andranno in scena insieme con il capolavoro di Puccini. Questa produzione nasce tra una pandemia e una guerra. E non parlare di tutto questo sarebbe un crimine».
Ai Weiwei presenta la sua Turandot, in scena al Teatro dell'Opera di Roma dal 22 al 31 marzo. Cantano, su un mappamondo ispirato alla Capitale e alle sue rovine imponenti e fragili «come l'Unione Europea in questo momento», Oksana Dyka nel ruolo del titolo, Rodrigo Ortiz (l'imperatore Altoum), Antonio Di Matteo (Timur), Michael Fabiano (Calaf) Francesca Dotto (Liù).
AI WEIWEI 11
Sul podio la direttrice d'orchestra ucraina Oksana Lyniv che lavora con l'artista cinese nella più profonda sintonia culturale e spirituale. «A tenere insieme eventi come la pandemia e Puccini è una riflessione sulla manipolazione del pensiero. Nella Turandot il popolo è impaurito, nell'impossibilità di esprimere un'opinione.
Durante il lockdown mi sono interrogato su come venga controllata una crisi che non si può predire, sul rapporto che s' instaura tra civili e potere e in particolare su quali siano gli esercizi di potere sulle masse. Gli effetti si vedranno negli anni».
La pandemia è ancora in corso ed è scoppiata la guerra.
«In confronto a due anni fa, quando mi ritrovai a dirigere un'opera per la prima volta nella mia vita, oggi ho avuto più tempo per approfondire i temi pucciniani. Turandot è crudele perché ha subito delle crudeltà, violenze del passato che alimentano violenze del presente: esattamente quello che succede oggi. I conflitti si formano ancora su base territoriale, nascono da diverse interpretazioni di una carta geografica».
AI WEIWEI 11
LA MAPPA DEL MONDO Il palco è dominato da una mappa del mondo, «dove l'umanità combatte per la dignità. E la scelta di mettere in scena la versione di Turandot senza l'happy end è sicuramente più in linea con la regia». Ai Weiwei torna a incontrare Turandot, dopo 35 anni.
«Ero anche io un migrante, a New York. Mi guadagnavo da vivere al Met tagliando le teste per una produzione di Turandot di Zeffirelli. Incredibile, ero l'aiutante del boia che si chiama Pu-Tin-Pao. E oggi c'è un Putin che sta massacrando un Paese».
ai weiwei comparsa nella turandot di zeffirelli
L'artista, arrestato per i suoi contrasti con Pechino, riferendosi a colleghi che oggi non prendono posizione, spiega: «Non parlare contro la Russia è assurdo, ma il diritto al silenzio è fondamentale quanto quello di parola. Io non sostengo Putin. Sostengo la libertà di poter parlare e di poter tacere».
Dai diritti umani ai musei, l'artista per creare le sue opere che valgono fortune ha utilizzato materiali come semi di girasole, biciclette e ora anche vetro di Murano, per un'enorme installazione, dal titolo La Commedia Umana che sarà esposta, per la prima volta, dal 25 marzo alle Terme di Diocleziano.
«Un grande lampadario, perché è qualcosa cui tutti rivolgono la sguardo, fatto con frammenti a forma di ossa umane. È un inno all'umanità che stiamo perdendo. Quando ho cominciato a lavorarci tre anni fa, non immaginavo che cosa si sarebbe scatenato a breve. E ora diventa il simbolo della fragilità di questi momenti».
ai weiwei foto di bacco (3)
Ci sarà una nuova opera lirica?
«È la stata la prima e l'ultima. Puccini sarebbe contento. Sono soddisfatto del risultato, ma anche del rapporto che si è instaurato con Roma. Una città complessa, ci vuole tempo, poi però è una meraviglia scoprire quante radici nasconda».
ai weiwei turandot AI WEIWEI
TURANDOT 33 ai weiwei turandot ai weiwei turandot
AI WEIWEI 11 AI WEIWEI AI WEI WEI 1 AI WEI WEI ai weiwei turandot ai weiwei CARLO FUORTES AI WEIWEI AI WEIWEI comparsa per zeffirelli