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    AIUTO, LA PANDEMIA HA CONSUMATO I CONSUMI - NEL 2020 LA SPESA IN TERMINI REALI È CROLLATA DEL 12,3%, TORNANDO AI LIVELLI DEL 1997 - PIÙ COLPITI I SERVIZI CON PUNTE DEL -40%, MENO L’ACQUISTO DI BENI. RESISTE SOLO L’ALIMENTARE - IL POTERE D’ACQUISTO DELLE FAMIGLIE E' CALATO (-2,6%) MA È LIEVITATA, IN QUESTI MESI, LA QUOTA DI REDDITO DESTINATA AL RISPARMIO…


     
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    Michela Finizio per https://www.ilsole24ore.com

     

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    I consumi delle famiglie italiane sono tornati ai livelli del 1997. In base agli ultimi conti nazionali Istat, attualizzati ai prezzi del 2020, la spesa finale interna è crollata del 12,3% l’anno scorso. Un duro colpo che riporta il dato a prezzi costanti indietro di 24 anni. In attesa dell’effetto delle prime riaperture annunciate, a partire da fine aprile, finora l’impatto delle restrizioni e i cambiamenti imposti dalla pandemia si sono abbattuti in modo differente nei diversi settori economici. L’unico a chiudere il 2020 con una variazione positiva sull’anno precedente è stato l’alimentare.

     

    Come è cambiata la spesa

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    Si tratta del calo più marcato registrato nei consumi finali delle famiglie (residenti e non residenti) all’interno del territorio italiano, mai registrato dall’inizio della serie storica rilevata dall’indagine Istat. Più colpiti i consumi turistici, in alberghi e ristoranti: qui il calo in termini reali è stato superiore al 40% e per trovare un valore di spesa paragonabile a prezzi costanti bisognerebbe andare indietro nel tempo ancor prima del 1995, quando è iniziata la rilevazione dell’istituto.

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    Diminuiscono drasticamente tutti i servizi, inclusi quelli legati alla cultura e al tempo libero oppure i trasporti. Cedono meno, invece, i beni (durevoli, semidurevoli e non durevoli) e i mobili, in calo rispettivamente del 7,5% e del 6,9 per cento. Nell’industria a soffrire è soprattutto l’abbigliamento, per cui non si rilevano valori simili nella serie storica: il livello di spesa più vicino risale alla crisi del 2013, anche se rispetto ai dati di oggi il gap resta del 18 per cento.

     

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    Le famiglie, inoltre, per la prima volta dal 2015 hanno ridotto gli investimenti in abitazioni per circa 5,5 miliardi (-8,4%), ma le spese per la casa rimangono sostanzialmente stabili (incluse bollette e manutenzione).

     

    La stima sulla spesa mensile

    A confermare i trend è la stima preliminare Istat sulla spesa media delle famiglie, pari a 2.328 euro al mese nel 2020 (che va da 2.500 nel centro nord a 1.900 nel Mezzogiorno), di cui 468 euro nell’alimentare e 893 euro per l’abitazione. La pandemia ha cambiato la composizione dei consumi: quelli per alimentari e abitazione sono passati dal rappresentare il 53,1% nel 2019 al 58,4% del totale.

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    Finora il periodo di maggiore contenimento nei consumi era stato il biennio 2012-2013, a seguito della crisi del debito sovrano, ma in quella occasione il calo osservato era stato più contenuto. Nel 2020 la spesa è stata condizionata dalle restrizioni via via imposte per limitare i contagi da Covid-19: la frenata più brusca è stata nel secondo trimestre, poi migliorata in estate, ma alla fine si è riproposta, anche se non ai livelli di aprile-giugno, negli ultimi tre mesi dell’anno.

     

    Le aspettative di ripresa

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    In questo contesto a mantenere accese le speranze di chi attende un rimbalzo, con la riapertura delle attività, sono i dati sul reddito disponibile delle famiglie: il potere d’acquisto registra il segno negativo ma la flessione, in questo caso, si è fermata al 2,6% ed è lievitata, in questi mesi, la quota di reddito destinata al risparmio (+7,6%, portando la propensione al 15,8% dall’8,2% del 2019). Guardando al presente, secondo l’ultimo bollettino della Banca d’Italia, solo un terzo però del risparmio accumulato nel 2020 verrebbe consumato nel 2021.

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    «La situazione patrimoniale delle famiglie, pur confermandosi solida, si è deteriorata», si legge a commento dei conti nazionali sul 2020 nel Documento di Economia e Finanza approvato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri. La crisi delle attività produttive, infatti, ha contratto i redditi da lavoro dipendente (-6,9%) e quelli da attività imprenditoriale (-12,2%), anche se finora il reddito disponibile è stato sostenuto dalla riduzione del prelievo (-2,2% sulle imposte correnti e -5,4% nei contributi sociali) e dall’aumento senza precedenti delle prestazioni sociali (+9,6%), tra ammortizzatori sociali e sostegni a fondo perduto.

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