Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
La Direzione del Pd ha dimostrato ancora una volta che è lui a dare le carte. Ma Matteo Renzi non si crogiola nel successo. Sa che da lunedì si apre un' altra difficile partita. E questa volta non dovrà affrontare Maurizio Martina, che in mattinata, dopo i buoni uffici di Lorenzo Guerini e qualche telefonata diretta, è addivenuto a più miti consigli.
RENZI MARTINA
Che cosa farà il capo dello Stato dopo il breve giro di consultazioni già annunciato? L' ex segretario non sembra avere troppi dubbi: «Non si voterà prima del 2020, statene certi». Renzi infatti è convinto che «un governo di tregua sia ancora possibile»: ritiene che alla fine della festa Matteo Salvini non punti alle elezioni ma proprio a un esecutivo siffatto. Quindi non esclude la possibilità di un governo «per le riforme e la legge elettorale» votato dal centrodestra e con l'astensione di Pd e Cinque Stelle, oppure di un'intesa tra centrodestra e grillini con il Partito democratico all'opposizione.
RENZI MARTINA GENTILONI LINGOTTO
Sono due le ipotesi che Renzi esclude categoricamente: l'avvio di un governo di Salvini e Forza Italia con l'astensione del suo partito o la nascita di un esecutivo Di Maio, supportato anche questo dai dem. L'ex presidente del Consiglio sa bene quali sono i nomi (Cassese, Pajno, Lattanzi) che girano per la guida di un governo che, qualsiasi sarà la formula adottata, prenderà necessariamente le sembianze di un esecutivo del Presidente.
E, quindi, la responsabilità non sarà del Pd. Che, in realtà, al di là dei dinieghi del suo ex segretario, sarebbe pronto (anche nella versione renziana) a un governo con i grillini senza un Cinque stelle premier. «Comunque sono problemi di Mattarella», dice il segretario ai suoi. Convinto come è che il capo dello Stato voglia evitare le elezioni a tutti i costi.
RENZI E GENTILONI
Ma non è affatto detto che si riuscirà a non andare al voto. Al Nazareno circolano già due date per le elezioni anticipate: 23 e 30 settembre. Date non lontanissime. E infatti al Pd ci si sta attrezzando per l'evenienza. Con un candidato premier, l'attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, e uno schieramento più ampio di quello con cui il Partito democratico è andato al voto il 4 marzo.
Un simile scenario, che tutti, al Nazareno, ufficialmente negano, non è affatto dato per improbabile, nonostante l'insistenza con cui Renzi continui a dire a tutti i suoi interlocutori di questi ultimi giorni che «non ci saranno elezioni». Il voto, in realtà, è tra le ipotesi sul tappeto. Vicino come non mai. E il Pd non vuole farsi trovare impreparato.
orlando como marcia antifascista
Un candidato premier, dunque, che sarebbe Gentiloni, ma anche un'alleanza che comprenda Liberi e uguali e non solo loro. Ci vuole pure una formazione di centro, una «versione 2018» di Scelta civica, spiegano al Nazareno. Con questo schieramento il Pd è convinto di arginare i danni di un eventuale voto subito.
Ma chi farebbe le liste elettorali? È questo il vero problema che si è aperto in seno al Pd. Franceschini, Orlando e Martina temono che sia Renzi, ancora una volta, ad aprire e chiudere i giochi. Per questa ragione l'altro ieri hanno cercato di cambiare verso alla Direzione. Non ci sono riusciti. Anzi hanno dovuto pagare dazio all'ex segretario.
DELRIO
Martina non scenderà più in campo all'Assemblea nazionale per proporsi segretario ma si andrà dritti al congresso con Delrio candidato di Matteo Renzi. Sempre che non si precipiti rapidamente verso le elezioni. Allora rimarrebbe Martina, ma controllato dai renziani, oppure a guidare il Pd, dopo una veloce Assemblea, sarebbe come da statuto Orfini. In entrambi i casi sarebbe ancora l'ex premier a fare le liste elettorali. E, magari, a tornare alla guida del Pd, come gli chiedono in molti.