Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera”
giancarlo giorgetti mario draghi luigi di maio
La Lega è inquieta e sempre più agitata. Cerca di darlo a vedere il meno possibile, ma le distanze tra l'ala governista (rappresentata da ministri e governatori) e i parlamentari e gli esponenti di partito si stanno allargando.
Anche se la versione ufficiale parla di un confronto pacato e costruttivo su temi concreti, all'insegna della compattezza e dell'unità di intenti, il vertice convocato ieri pomeriggio in via Bellerio da Matteo Salvini con tutto lo stato maggiore del partito (dai vicesegretari ai ministri ai capigruppo parlamentari) ha reso ancora più plastica la faglia che attraversa il Carroccio.
mario draghi giancarlo giorgetti
I leghisti di Camera e Senato sono sempre più insofferenti verso la maggioranza (specie dopo che Pd e M5S hanno rilanciato su ius scholae e cannabis) e lo stesso governo. Chiedono uno smarcamento, risposte ferme alle fughe in avanti altrui. Sono disposti a concedere ancora un po' di tempo a Draghi, ma non troppo.
Salvini, che si è complimentato con i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga risultati in vetta al gradimento degli italiani per Il Sole 24 ore , lo traduce così: «Mi avete chiesto di entrare al governo, lo abbiamo sostenuto finora e dobbiamo continuare a farlo per portare a casa le nostre battaglie su pensioni, taglio delle tasse, pace fiscale e autonomia differenziata. Se entro la fine dell'estate non avremo le risposte che aspettiamo decideremo». Un impegno con l'occhio rivolto al raduno di Pontida, previsto per il 18 settembre.
giancarlo giorgetti e matteo salvini 2
Per contro, i ministri non vedono ragioni per abbandonare l'esecutivo al suo destino. Giancarlo Giorgetti lo pensa da sempre. L'ingresso nel governo è stata una scelta senza ritorno. Il ministro lo ripete e di fronte alle contestazioni dell'altra ala sbotta: «Se il problema sono io mi tolgo subito di mezzo». E che il clima interno nei confronti di chi lavora per Palazzo Chigi non sia dei migliori lo conferma una frase pronunciata all'uscita dalla ministra Erika Stefani: «Il mandato dei ministri della Lega è in mano a Salvini, non ad altri. È lui che deciderà che cosa fare».
E Giorgetti ha aggiunto, riferito ai capigruppo di Camera e Senato: «Io faccio parte del governo ma sono loro che decidono se io resto». Gli «insoddisfatti» lamentano che la Lega ha pagato un prezzo troppo alto per il suo sostegno al governo. «Abbiamo dato, adesso basta» è stato l'altolà del fronte della protesta. Ai quali Giorgetti ha replicato: «Non tutto quello che abbiamo in mente di fare possiamo farlo. Poi ci saranno le elezioni, la Lega le vincerà e farà tutto quello che vorrà».
GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI LEGGONO DAGOSPIA
Salvini ha ascoltato e promesso che rifletterà, anche dopo aver ascoltato, cosa che farà oggi, le valutazioni dei senatori. Intanto, ieri mattina ha incontrato il governatore lombardo Attilio Fontana per riconfermargli che sarà lui il candidato del centrodestra la prossima primavera (ma Letizia Moratti resta in pista). L'agitazione della Lega, che si aggiunge a quella del M5S, impensierisce anche Silvio Berlusconi. «Siamo fortemente preoccupati per le fibrillazioni che vengono scaricate sul governo, in un momento nel quale sono invece necessarie stabilità e dialogo» ha spiegato il leader di Forza Italia al termine di un vertice in Sardegna con Antonio Tajani e i capigruppo al Senato Annamaria Bernini e alla Camera Paolo Barelli.
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