Farò qualunque azione per impedire che venga rappresentata una Bohème in cui la scenografia rappresenta il Sessantotto. Lo faccio non contro il Sessantotto, ma a difesa di Puccini.https://t.co/u1mnti064F @stampasgarbi
— Vittorio Sgarbi (@VittorioSgarbi) July 9, 2023
alberto mattioli
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
che Dio ci conservi Vittorio Sgarbi: la risata quotidiana è assicurata. L’ultima crociata dell’Indiana Jones dell’invettiva è contro una “Bohème” a Torre del Lago, che il regista, Christophe Gayral, annuncia di voler ambientare nel Sessantotto parigino.
Sulla sua pagina Facebook, il sottosegretario alla Cultura strilla di voler “fare qualunque azione per impedire che venga rappresentata”. Gli argomenti sono una serie di frasi esclamative e ultimative modello Melomane Medio o povera zia o ascoltatore della “Barcaccia”, anche se Sgarbi ci ha almeno risparmiato il “povero Puccini” che “si rivolta nella tomba”, del resto lì vicina.
VITTORIO SGARBI
Naturalmente, secondo una tipica caratteristica dell’attuale governo, Sgarbi parla di cose che non sa. Quello di cambiare l’ambientazione delle opere (l’ambientazione, attenzione, non la drammaturgia, che è un’altra cosa) è un espediente abituale che serve, semplicemente, a fornire al pubblico dei riferimenti spazio-temporali che gli siano più familiari e gli permettano quindi di capire meglio quel che vede. Si tratta di roba vecchia come il cucù, e dimostra, se non altro, che Sgarbi di teatro d’opera parla ma non ci va.
Altrimenti saprebbe che già nel più importante spettacolo del Dopoguerra, il “Ring” di Chéreau a Bayreuth del 1976, fu fatta piazza pulita di tutta la paccottiglia nibelungica con le corna in testa per far vedere ciò di cui Wagner parla davvero, famiglie disfunzionali e misfatti sociali.
LA BOHEME DI CHRISTOPHE GAYRAL A TORRE DEL LAGO
Scendendo, artisticamente, un’infinità di gradini, quando mise in scena a Novara “Il matrimonio segreto” (uno spettacolo orrendo, ma si sa che in Italia le regie d’opera sono come un posto da sottosegretario: non si negano a nessuno), l’intellettuale di riferimento di Sgarbi, Morgan, scelse dei costumi vagamente punk, che in un’opera del 1792 un po’ distopici lo erano.
“La Bohème” è ambientata durante il regno di Luigi Filippo, dunque fra il 1830 e il 1848 (ma in realtà dopo il ‘40, perché fu in quell’anno che aprì il “Bal Mabille” dove Benoît va cercare compagnia): i suoi protagonisti, nel Quarantotto, sarebbero andati sulle barricate come i loro fratelli maggiori avevano fatto nelle “trois glorieuses” del Trenta.
Scegliere il maggio 1968 vuol comunicare al pubblico, che magari della storia costituzionale francese dell’Ottocento non sa proprio tutto, che parliamo di una generazione ribelle e anche un po’ velleitaria come, alla fine, fu quella delle due rivoluzioni, che in comune non ebbero solo il pavé. Poi lo spettacolo risulterà bello o brutto, che è l’unica cosa che conta: ma prima bisogna vederlo.
Sgarbi, che prima di fare il tuttologo era uno storico dell’arte, dovrebbe sapere che i grandi artisti questi cambi d’ambientazione li hanno sempre fatti: altrimenti dovrebbe impedire anche la visione, che so?, della “Vocazione di San Matteo” di Caravaggio perché i personaggi non sono affatto vestiti da ebrei dell’antichità ma da contemporanei del pittore. Vergogna, povero San Matteo che si rivolta nella tomba, sentenzierebbe il MM.
la vocazione di san matteo
Insomma, per chiunque sappia di cosa si sta parlando, a seppellire le intemerate di Sgarbi basta e avanza una risata e non varrebbe davvero la pena di occupare il prezioso spazio di Dagospia.
Quel che è gravissimo è che sia un esponente del governo a dire quel che si può o non si può rappresentare. Peraltro, Sgarbi è recidivo perché le stesse sciocchezze le aveva già dette in un’esilarante intervista alla “Gazzetta di Parma”. La censura è sempre intollerabile; ancora di più a teatro, che per sua stessa natura è il luogo della discussione, della provocazione, del dibattito: della libertà. E poi il ministro che vota i libri che non legge, insomma Gennaro Sangiuliano, la delega sui teatri d’opera l’ha data a un altro sottosegretario, Gianmarco Mazzi, che come Sgarbi ne sa nulla ma a differenza di lui lo dice quindi sta ad ascoltare chi invece l’opera la fa, ci va e la sa. Risparmiando al sottoscritto di dover commentare delle sciocchezze.
VITTORIO SGARBI E MORGAN AL MAXXI LA BOHEME DI CHRISTOPHE GAYRAL A TORRE DEL LAGO vittorio sgarbi sindaco di arpino VITTORIO SGARBI AD ARPINO
Alberto Mattioli