cesare battisti
1 - ALBERTO TORREGIANI: «ADESSO PERÒ DICA LA VERITÀ SU CHI LO AIUTÒ»
Gp. R. per il “Corriere della Sera”
LULA
«Le scuse sono ovviamente ben accette, ma mi piacerebbe sapere come mai ha deciso di dire questa cosa proprio adesso e se oltre alle parole ha intenzione di compiere anche qualche gesto, di aiutarci a conoscere chi ha offerto appoggi e coperture a Cesare Battisti per tanti anni». Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso nel 1979 dai Proletari armati per il comunismo, ha saputo da poco delle parole dell'ex presidente brasiliano Lula a proposito dell'atteggiamento del suo governo durante la lunga latitanza dell'uomo che l'Italia aveva condannato anche per quel delitto.
«Le scuse sono benvenute, meglio tardi che mai - dice Alberto Torregiani (foto), rimasto paralizzato per le ferite subite durante quell'agguato - ma non credo che Lula si sia svegliato al mattino e gli sia venuto in mente di dire queste cose: quindi ora mi aspetto che ci dia una mano a scoprire almeno gli italiani che stavano dietro quella latitanza. Quelli di altri Paesi ci interessano molto di meno, ma gli italiani sì. Sarebbe un bel contributo alla ricostruzione della verità su questa vicenda».
berlusconi santanche torregiani
2 - LULA, IL PENTIMENTO SU CESARE BATTISTI «SBAGLIAI A DARGLI ASILO, CHIEDO SCUSA»
Alessandra Muglia per il “Corriere della Sera”
«Ho sbagliato a concedere l'asilo a Cesare Battisti, perché ha commesso dei crimini e ingannato molta gente, chiedo scusa alle famiglie delle vittime». L'ex presidente brasiliano Lula per la prima volta definisce un «errore» la decisione presa nel dicembre 2010 di «ospitare» l'ex terrorista rosso. Una protezione che ha permesso all'ex ricercato speciale dei «Proletari armati per il comunismo» di rimanere lontano dalla giustizia italiana per dieci anni. Fino al 14 gennaio del 2019, quando è stato rinchiuso nel carcere di Oristano, dove tuttora sta scontando l'ergastolo per gli omicidi di Pierluigi Torregiani, Lino Sabbadin, Andrea Campagna e Antonio Santoro, commessi tra il 1978 e il 1979.
cesare battisti firma libri
L'ex leader brasiliano, in un'intervista al canale YouTube TV Democracia , ha raccontato i retroscena della sua decisione. Ha detto che non conosceva personalmente Battisti, ma di avergli dato asilo perché il suo ministro della Giustizia, Tarso Genro, diceva che era «innocente». «Tutta la sinistra brasiliana, i compagni e molti partiti e personalità di sinistra chiedevano che Battisti rimanesse qui», ha ricordato. In effetti fu l'ala militante del Pt, il Partito dei lavoratori da lui fondato, a mettere in difficoltà l'allora presidente spingendolo a dare protezione all'ex terrorista.
LULA E ROSANGELA SILVA DETTA JINJA
Quella su Battisti, «non fu una decisione facile - ha raccontato - l'ex presidente Giorgio Napolitano e la sinistra italiana facevano pressioni perché il Brasile lo consegnasse». Lula ha parlato pubblicamente per la prima volta anche del rammarico provato quando scoprì di essere stato ingannato: «Ho sentito una grande frustrazione quando ho saputo che aveva confessato». Era il marzo 2019 quando Battisti, per la prima volta, ammise le sue responsabilità davanti al procuratore aggiunto di Milano, Alberto Nobili: «Fu una guerra giusta - disse - ma ora chiedo scusa alle vittime».
cesare battisti
Rispetto alle scuse tempestive di suoi ex sostenitori, tra cui Daniel Pennac, il mea culpa di Lula, a un anno e mezzo dal momento della verità, appare tardivo. «Poteva farla prima quest' ammissione di colpa, sono scuse superficiali, non le accetto», ha reagito Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso nel 1979 a Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia. Il rimpatrio di Battisti non è stata soltanto una questione di politica internazionale ma una carta che si è giocata l'attuale presidente di estrema destra Jair Bolsonaro fin dalla campagna elettorale, per distinguersi dai suoi rivali politici, definiti dalla propaganda «amici dei terroristi comunisti».
lula
Ora, secondo alcuni osservatori locali sentiti dal Corriere , Lula starebbe cercando di dare un segnale di moderazione in vista delle elezioni municipali di novembre, che nel Paese sudamericano sono un po' come le Midterm americane, cascano a metà del mandato presidenziale. Certo resta non candidabile Lula, travolto dallo scandalo Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, condannato per corruzione e riciclaggio e uscito di prigione a novembre dopo la sentenza della Corte Suprema che stabilisce indispensabili i tre gradi di giudizio per il carcere. Ma resta un'icona della sinistra e forse ancora l'uomo più temuto da Bolsonaro.
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