Marta Ottaviani per “la Stampa”
SAN SALVATORE IN CHORA A ISTANBUL
Un altro pezzo dell'antica Costantinopoli torna luogo di culto islamico. Da ieri, l'ex chiesa bizantina di San Salvatore in Chora a Istanbul, meglio nota ai turchi come Kariye Muzesi, è moschea, destinazione che le era stata imposta dalla seconda metà del XV secolo fino al 1945, quando, sull'esempio di Santa Sofia, anche questo capolavoro dell'Impero romano d'Oriente era stata sottratta al culto religioso perché tutti potessero goderne in libertà. A volte la Storia sa essere beffarda e, a circa un mese di distanza, San Salvatore ha seguito il destino della sua sorella maggiore.
SAN SALVATORE IN CHORA A ISTANBUL
La decisione, pubblicata sulla Resmi Gazete, la Gazzetta Ufficiale turca, porta la firma del Capo di Stato, Recep Tayyip Erdogan. Ma la Danistay, il tribunale amministrativo turco, aveva già deciso nel novembre scorso. Il destino dell'edificio, insomma, era segnato. Sono tanti i punti che accomunano la nuova moschea al Tempio per la Divina Sapienza, tornata luogo di culto islamico lo scorso 24 luglio nel clamore internazionale e la preoccupazione per la corretta preservazione delle opere d'arte al suo interno. San Salvatore in Chora ha una portata simbolica minore, ma il timore per il patrimonio di affreschi e musivo al suo interno è elevato.
All'interno dell'edificio, infatti, si trovano fra le pareti e le volte più belle dell'arte bizantina e fino a questo momento, la chiesetta, che si trova a Fatih, uno dei distretti più conservatori e politicizzati di Istanbul, sembrava quasi essere stata in parte risparmiata da un destino crudele che invece ha accomunato decine di luoghi di culto, trasformati in moschea nei secoli scorsi e che si sono visti sottrarre totalmente la loro componente cristiano-bizantina, a causa soprattutto della scomparsa delle decorazioni interne.
SAN SALVATORE IN CHORA A ISTANBUL
Invece questa chiesetta, il cui nome significa San Salvatore in campagna e che si trova poco lontano dal punto in cui, la notte del 1453, gli Ottomani fecero il loro ingresso nella città dopo averla conquistata, aveva mantenuto in parte l'antica bellezza, con le pareti scrostate solo nel corpo centrale dell'edificio, ma con l'esonartece, il nartece e la galleria laterale ancora intatti.
Qui riposano alcuni degli imperatori della dinastia Paleologa, che ebbe in sorte l'assistere al declino e alla fine dell'Impero romano d'Oriente e che, quasi per lasciare un ultimo, sofferto, dono all'umanità, fu protagonista di uno dei periodi di vigore artistico più intensi di tutta la millenaria storia dell'Impero, denominata appunto «rinascenza paleologa» e di cui San Salvatore in Chora ci è giunta come unica testimonianza.
ERDOGAN A SANTA SOFIA
Il Cristo nella mandorla nel giorno del giudizio universale e la Theotokos sono riprodotti su tutti i libri di storia dell'arte. Adesso rischiano di venire coperti con teli, con inevitabili danni a una struttura che ha oltre mille anni per quella che, più che un'opportunità per consolidare il consenso interno, sembra sempre di più uno schiaffo all'Occidente. Del resto, non meno di due giorni fa, in occasione dell'anniversario della battaglia di Manzikert, che ricorda la prima sconfitta dell'esercito bizantino in territorio anatolico, il presidente turco, nel suo discorso ha detto di voler ripercorrere la strada tracciata dal sultano Arp Aslan. Un sultano bellicoso, che voleva espandere il dominio ottomano nella regione mediterranea e asiatica.
SAN SALVATORE IN CHORA A ISTANBUL