TWEET DI MATTEO SALVINI SULLA MORTE DI MICHELA MURGIA
MURGIA: L'ADDIO SUI SOCIAL, DA SAVIANO A SALVINI
(ANSA) - L'affetto per Michela Murgia, la scrittrice, drammaturga e attivista morta questa sera all'età di 51 anni, rimbalza sui social dove si moltiplicano i messaggi di cordoglio. "Ma l'amor mio non muore", scrive Roberto Saviano.
"Michela, amore. Grazie per tutto", è il messaggio di Loredana Lipperini. "Non so come faremo a stare senza di te. Ci hai insegnato come vivere e anche come morire", le parole di Luciana Littizzetto. "Nella notte delle stelle, va via una stella. Libera fino all'ultimo: addio Michela #Murgia", è il post di Paolo Borrometi.
TWEET DI ROBERTO SAVIANO SULLA MORTE DI MICHELA MURGIA
"Quel tuo ultimo sorriso, donna luminosa, lo porterò sempre con me. #michelamurgia", dice Geppi Cucciari. "Lotteremo insieme sempre, perché ci sarai sempre e vinceremo noi", commenta il deputato Pd Alessandro Zan. "Buon viaggio Michela, la pensavamo in modo diverso, ma spero tu possa ora trovare la pace", scrive la ministra del Turismo Daniela Santanchè, mentre il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini pubblica una foto della scrittrice con la scritta "Una preghiera".
MICHELA MURGIA E ROBERTO SAVIANO
IL RICORDO DI CAZZULLO: «QUANDO MURGIA MI DISSE CHE STAVA MORENDO. UN DIALOGO DURO, CI SIAMO COMMOSSI»
Estratto dell’articoilo di Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
Qualcuno sostenne che non era poi così grave e si poteva salvare. Qualcuno le augurò di morire presto. Lei si arrabbiò di più con i primi che con i secondi. Preferiva essere odiata che compatita.
Non che l’odio non le pesasse: raccontò di aver vomitato per mesi, non per le cure ma come reazione appunto all’odio che avvertiva su di sé. Però non si sarebbe perdonata il silenzio, il restare zitta e indifferente davanti a quelle che considerava ingiustizie.
aldo cazzullo foto di bacco (1)
Molti, dopo aver letto la sua intervista, piansero, le scrissero, cercarono di contattarla sui social. […] chi racconta la propria malattia di solito confida: sono malato, e sto lottando. Oppure rivela: ero malato, e sono guarito. Nessuno dice: sono malato, e sto morendo.
Quando lessi le bozze dell’ultimo libro di Michela Murgia, Tre ciotole, vidi che parlava di un male all’ultimo stadio. Inevitabilmente cominciai l’intervista chiedendole se ci fosse qualcosa di autobiografico. Rispose asciutta: «È pedissequo. È il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa». Fu una conversazione molto dura, in cui accadde a entrambi di commuoversi. Eppure nel sorriso di Michela Murgia sul dolore prevalevano la gioia e la rabbia.
MICHELA MURGIA IN OSPEDALE
Gioia per il legame fortissimo con le persone care: la sua famiglia, che definiva «queer», unita da legami non predefiniti; e poi i vari anelli, i cerchi man mano più grandi che la circondavano, e non l’hanno abbandonata sino alla fine. Rabbia perché quella di Michela Murgia fu un’intervista politica, per almeno tre motivi.
Il primo motivo era la Sardegna. La scrittrice era convinta che la sua fosse una terra colonizzata dagli italiani. Si era anche candidata alla presidenza della Regione: il programma era l’indipendenza, e aveva preso il 10% contro tutti i partiti. La ribellione contro le servitù militari imposte ai sardi era una delle cause della sua celebre polemica contro il generale Figliuolo, l’idea che affidare la campagna di vaccinazione a un militare rappresentasse una violazione delle libertà.
Il secondo motivo era Giorgia Meloni. «Spero solo di morire quando non sarà più presidente del Consiglio», disse. Meloni rispose: «Spero davvero che lei riesca a vedere il giorno in cui non sarò più presidente del Consiglio, perché io punto a rimanere a fare il mio lavoro ancora per molto tempo. Forza Michela».
TWEET DI DANIELA SANTANCHE SULLA MORTE DI MICHELA MURGIA
Il terzo motivo erano i diritti. Michela Murgia detestava l’espressione «utero in affitto», mentre rivendicava l’espressione «utero in affido». La maternità per lei non era un fatto biologico ma affettivo. Chiedeva più diritti per l’amore, e più diritti per la morte. Disse che aveva deciso di sposarsi, e solo per caso la scelta era caduta su un uomo anziché su una donna […] Detestava la retorica della lotta contro il male, della guerriera, della battaglia: «Il cancro fa parte di me; non è qualcosa che ho, è qualcosa che sono».
matrimonio di michela murgia
È stata di parola. È accaduto tutto quello che Michela Murgia aveva detto che sarebbe accaduto. Si è sposata. Ed è morta, sempre con un sorriso di sfida sulle labbra: «Si è creata una certa aspettativa, se non schiatto in breve tempo sembra maleducazione…».
Ha avuto il tempo per fare quello che desiderava, abituare se stessa e le persone a lei vicine al transito; «un tempo per pensare come salutare chi ami, e come vorresti che ti salutasse».
matrimonio di michela murgia e lorenzo terenzi 3
Diceva di non avere rimpianti, di aver vissuto una vita non lunga ma intensa. Aveva lavorato in un call-center, ispirando il film di Virzì con Sabrina Ferilli, Tutta la vita davanti. Aveva consegnato cartelle esattoriali, insegnato religione – era molto credente —, diretto il reparto amministrativo di una centrale termoelettrica, portato piatti in tavola, venduto multiproprietà, fatto la portiera notturna all’hotel Perego, agli antipodi dalla sua Cabras: in cima allo Stelvio, l’unico ghiacciaio dove si scia pure d’estate. Ora quelli che sostenevano che non fosse poi così grave si guarderanno bene dal chiedere scusa.
Qualcuno di quelli che le auguravano la morte diranno che la sfida l’ha vinta la Meloni.
Coloro che le volevano bene avranno apprezzato il suo coraggio di morire in pubblico, esercitando sino all’ultimo la sua forma di potere, quello sulle anime, senza rinunciare alle sue asperità, sempre preferendo essere odiata che compatita.
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