Aldo Grasso per il Corriere della Sera
Padre Georg Ganswein bacia la bara di ratzinger
Il monsignore dimezzato. Il papa emerito Benedetto XVI era appena morto e già mons. Georg Gaenswein, il suo segretario, traboccava di lagnanze. Prima ha ricordato come il «motu proprio», con cui papa Francesco nel 2021 ha posto un veto sulla messa in latino, abbia «spezzato il cuore» di Ratzinger. Poi ha accennato al dissidio fra i due papi sulla «propaganda gender», infine ha parlato del suo defenestramento da prefetto della Casa Pontificia: «Lei rimane prefetto ma da domani non torna al lavoro». «Rimasi scioccato e senza parole», scrive Gaenswein nell’autobiografia «Nient’altro che la Verità» (in uscita da Piemme).
benedetto xvi padre georg gaenswein
Lontani i giorni in cui padre Georg godeva della confidenza di principesse romane, giocava a tennis, era imitato da Fiorello, veniva elevato dai rotocalchi a «George Clooney della Curia», il simbolo della Grande Bellezza ratzingeriana. Adesso sembra un loquace personaggio di Italo Calvino, quello del «Visconte dimezzato»: il nobiluomo Medardo di Terralba durante la guerra contro i Turchi venne tagliato a metà da una cannonata. Si divise in due personaggi, il Gramo e il Buono.
Il Buono è il fedelissimo e affranto segretario, usque ad mortem, l’esecutore testamentario dell’emerito; il Gramo è quello che ha un libro in uscita e si abbandona alle anticipazioni il giorno del solenne funerale.
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