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    “'MALEDETTI AMICI MIEI', RAPPORTATO ALLA SUA PRETENZIOSITÀ, È UNO DEI PIÙ BRUTTI PROGRAMMI CHE MI SIA CAPITATO DI VEDERE” - ALDO GRASSO SDERENA LA TRASMISSIONE DI RAIDUE: “NON HA NIENTE DI TELEVISIVO, NEMMENO LE SCENOGRAFIE. SONO TRE ATTORI (HABER, PAPALEO, RUBINI), INDECISI SE ESSERE A TEATRO O IN UN BAR - MI HANNO ANCHE AVVERTITO CHE GIOVANNI VERONESI È PERMALOSO, GUAI A NON LODARLO! E TUTTAVIA IL GIUDIZIO NON CAMBIA…”


     
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    Aldo Grasso per il “Corriere della sera"

     

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    Ho seguito con attenzione le prime puntate di «Maledetti amici miei», prima di scriverne. Gli attori, si sa, sono suscettibili, bisogna motivare bene le critiche. Mi hanno anche avvertito che Giovanni Veronesi è permaloso, guai a non lodarlo! Quindi cautela. E tuttavia il giudizio non cambia: «Maledetti amici miei», se rapportato alla sua pretenziosità, è uno dei più brutti programmi che mi sia capitato di vedere. Uno come Carlo Freccero non l'avrebbe mai mandato in onda (Rai2, giovedì, ore 21.20).

     

    Non ha niente di televisivo, tanto per cominciare. Ma proprio niente, nemmeno le scenografie. Sono tre attori (Alessandro Haber, Rocco Papaleo, Sergio Rubini), indecisi se essere a teatro o in un bar, luogo dove ogni battuta anche greve è permessa, affezionati ai loro numeri o monologhi, guidati da un regista-conduttore dalla voce non proprio gradevole e incapace di «sentimenti di contrabbando», cioè di dare un senso al tutto.

     

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    Bisognava aspettare l'arrivo di Alessandro Pieraccioni e soprattutto di Massimo Ceccherini perché lo show si animasse un poco e ricevesse, neanche tanto indirettamente, una piccola lezione di tv. Un conto è essere in un salotto di casa fra amici che si raccontano del loro mestiere, un conto è essere in uno studio televisivo.

     

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    Lasciamo perdere il ruolo di Margherita Buy che si presenta con una pizza di cui non è difficile indovinare il nome (una gentile concessione alle quote rosa?), lasciamo perdere le accuse di maschilismo, ma quei racconti tristi sul cinema, quelle battute su come alzare l'audience o invocare il pop, quella fiction finale di rara modestia, quel parlarsi addosso è solo cattiva tv. Personalmente trovo inelegante il ruolo di vittima sacrificale assegnato ad Alessandro Haber, il compagno di classe vittima degli scherzi (chiamiamoli così) dei colleghi. Poi c'è sempre una canzone di Paolo Conte, e lì siamo in paradiso.

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