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    “ALESSIA PIFFERI HA VISSUTO LA MATERNITÀ COME UN OBBLIGO E NON COME GRATIFICAZIONE” - LO PSICHIATRA FORENSE, ELVEZIO PIRFO, PARLA IN AULA DELLA MADRE CHE LASCIATO MORIRE DI STENTI LA FIGLIA DIANA DI 18 MESI IN UNA CASA DI MILANO: “ERA CAPACE DI INTENDERE E DI VOLERE. ESSERE MADRE PER LEI ERA UNA DIMENSIONE SECONDARIA NELLA COSTRUZIONE IDENTITARIA. IL LAVORO DELLE PSICOLOGHE NON ERA APPROPRIATO E…”


     
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    Estratto dell'articolo di www.leggo.it

     

    alessia pifferi in tribunale alessia pifferi in tribunale

    Alessia Pifferi era capace di intendere e di volere quando, nell'estate del 2022, ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, 18 mesi, abbandonata da sola in casa mentre la mamma era insieme al compagno. A stabilirlo è stata la perizia firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, che oggi torna in aula per discutere le sue conclusioni. Presente anche l'imputata, accusata di omicidio aggravato.

     

    […] «L’intervento delle due psicologhe a mio avviso non era appropriato» e anche il test di Wais «va letto in questa prospettiva» spiega lo psichiatra che ha firmato la relazione richiesta dai giudici della corte d’Assise.

     

    diana pifferi diana pifferi

    Per l’esperto, che sta testimoniando in aula, non è possibile stabilire se Diana Pifferi sia stata «influenzata» da un intervento, non consueto, delle due psicologhe: i colloqui non sono stati video registrati, «quindi non è possibile ricostruire il clima», né le risposte sarebbero state riportate in modo completo. «Non sono in grado di dire se c’è stato condizionamento, ma sì di apprendimento: certe risposte della Pifferi restituiscono la capacità di comprendere e riutilizzare le parole delle psicologhe».

     

    Il ritratto che lo psichiatra fa è quello di una persona che si sente «perennemente inadeguata» che restituisce «una confusione identitaria, una persona incompiuta» dove la dimensione di madre «è una dimensione secondaria nella costruzione identitaria della Pifferi. Mi è parso che la sua dimensione sia quello di una maternità vissuta come obbligo o fatica, non che gratifica o rende compiuta una persona».

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