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    1. AL PROCESSO STEFANO SAVI, COL VOLTO SFREGIATO AFFRONTA IL MOSTRO A TESTA ALTA 2. IL SADICO ALEXANDER BOETTCHER MANDA BACI DALLA GABBIA A UN'AMICA, MENTRE LA MADRE, INVECE DI TACERE, LO DIFENDE E PARLA DI ''GRAVISSIME NEGLIGENZE INVESTIGATIVE


     
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    1. “VOGLIO VEDERLI IN FACCIA” - LA VITTIMA DELL’ACIDO SFIDA LA COPPIA DIABOLICA

    Paolo Colonnello per “la Stampa

     

    stefano savi sfigurato dalla coppia dell acido boettcher e levato 3 stefano savi sfigurato dalla coppia dell acido boettcher e levato 3

    Forse per un istante i loro sguardi si saranno anche incrociati, reciprocamente sgomenti. Ma per la mezz’ora abbondante che rimangono insieme nell’aula del processo agli acidificatori, vittima e carnefice evitano accuratamente ogni tipo di contatto visivo, ogni scambio possibile, anche se stanno a non più di due metri l’uno dall’altro, condividono la stessa aria, gli stessi rumori, la stessa curiosità morbosa dei giornalisti. Lui, Stefano Savi, venticinque anni, studente alla Bicocca, prima vittima incolpevole della furia «purificatrice» di Alex e Martina, il viso devastato dall’acido e da decine di interventi chirurgici, lo aveva promesso e lo ha fatto: «Verrò in aula senza vergognarmi».

     

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    E infatti si siede tra i suoi avvocati di parte civile, si toglie il cappello da baseball che usa per mitigare l’effetto spaventevole del suo volto, e scambia qualche parola, risponde persino alle domande dei giornalisti: «Va bene, va bene..». L’orecchio destro ridotto a una fessura, l’occhio sinistro completamente accecato, le labbra piegate in una smorfia dolorosa, la pelle piagata delle guance, «il ragazzo senza ombre», come lo definisce nella sua testimonianza la dirigente della Questura, Maria José Falcicchia, in realtà è l’ombra di sé stesso.

     

    SFIDA A DISTANZA

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    Ma c’è qualcosa di più del coraggio da mostrare, c’è una sfida a distanza con Alex, il tentativo di rendere palpabile il Male che ha subito. Il padre lo protegge quando qualcuno esprime ammirazione per aver deciso di comparire in pubblico: «Non è lui che si deve nascondere...». E si capisce, sarebbe l’altro a doversi seppellire per la vergogna: Alexander Boettcher, il broker, il piccolo sultano di ragazze labili, il neo padre del piccolo Achille conteso.

     

    Ma Alex il bello, non cede, non si nasconde, manda baci a una ragazza venuta a salutarlo dall’altra parte della gabbia, si aggira tra le sbarre con una tuta in acetato e la scritta «Leone». Che metafora... Ci pensa sua madre, fuori dall’aula, a difenderlo in un processo dove i genitori di questi giovani rampanti, sono convitati di pietra, giocano un ruolo, se non altro nell’educazione contorta dei figli, che forse andrebbe indagato meglio.

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    LA DIFESA DELLA MADRE

    «Stanno cercando di usare mio figlio come capro espiatorio per coprire gravissime negligenze investigative», dice Patrizia Ravase. E si scaglia contro il terzo imputato dell’inchiesta, Andrea Magnani, l’impiegato di banca che aveva giurato fedeltà a Boettcher dopo essere dimagrito grazie ai suoi consigli. «Mio figlio - conclude - non ha le responsabilità degli altri due».

     

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    Chissà come si spiega che suo figlio cercò e comprò in Internet fucili per sparare vernice che dovevano servire per rendere più efficace il getto dell’acido solforico. Come se in questa storia di acidi, purificazioni e sesso, ci fossero davvero pesi diversi nelle responsabilità. Persino tra le vittime c’è chi dovrebbe un po’ vergognarsi. Boettcher scriveva a Pietro Barbini, l’ultima vittima dell’acido il 28 dicembre scorso, che lei, Martina, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. «Ho un video dove lei beve il mio p..., mangia la mia m...».
     

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    UOMO DIAVOLO

    E seguivano particolari scabrosi, che poi Barbini riportava a Martina minacciandola di divulgare il tutto ai vecchi compagni di scuola del Parini e lei impazziva di rabbia anche se non lesinava di mandargli poi delle sue foto a seno nudo, ritrovate nelle chat di Barbini. Un bel giro di «bravi ragazzi», non c’è che dire.

     

    Alex il tedesco si premurava invece di mandare alle amiche foto della futura madre del suo bambino con il viso scarnificato dalla «A» di Alexander. «Ciao - scriveva - sono l’uomo Diavolo, deve ancora nascere la ragazzina che mi prende in giro; occhio per occhio, dente per dente, non contrastare il malvagio». «L’uomo Diavolo», che sembra uscito da una canzone di Paolo Conte, alza le spalle e finge freddezza. 

     

     

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    2. “MI HA ACCUSATO DI VOLERLA STUPRARE MA È STATA LEI A CERCARE DI EVIRARMI”

    Da “la Stampa

     

    E’ ancora un incubo quello che ricorda: «Martina dopo avermi ferito una mano e colpito nelle parti intime, mi inseguiva urlando “vieni qui”, ancora con il coltello in mano». La scena di un film del terrore accaduta davvero una mattina del maggio 2014, nel parcheggio di un hotel della zona sud di Milano. «Per un sacco di tempo ho avuto paura ad uscire di casa, perchè avevo timore di poter essere ancora ferito».

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    Antonio Margarito, 23enne studente della Cattolica di Milano, sembra ancora più giovane della sua età. Accompagnato dalla fidanzata come da una mamma il primo giorno di scuola, ha l’aria del sopravvissuto mentre siede sul pretorio dei testimoni nell’aula gremita all’inverosimile per il secondo processo agli acidificatori.

     

    Margarito ha riportato soprattutto ferite nell’anima e può dirsi fortunato, mentre il venticinquenne Stefano Savi, studente all’Università Bicocca, la furia devastatrice di Martina Levato e di Alexander Boettcher, la porterà pr sempre in volto e se ne va quasi subito dopo aver sfuggito lo sguardo di Boettcher, unico imputato presente.

     

    stefano savi al processo coppia dell acido boettcher e levato stefano savi al processo coppia dell acido boettcher e levato

    E’ a Margarito che tocca raccontare quella che fu un’aggressione diversa dal solito - non acido ma un coltello - e che si trasformò per qualche anno in un’accusa di aggressione sessuale da cui è stato scagionato definitivamente soltanto nei giorni scorsi. Ancora non si sapeva chi fosse davvero Martina Levato e di quale delirio «purificatore» si era fatta strumento: quando la polizia arrivò sul posto lei raccontò che aveva tentato di difendersi con un coltello dalla violenza di Margarito.

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    Che ora, con il suo racconto, ricostruisce un pezzetto di verità di questa storia dove fugaci rapporti s’intrecciano a sensibilità profonde e contorte, nate sui banchi di scuola, approfondite nei bagni delle discoteche, «purificate» nell’acido devastatore e nella sopraffazione reciproca.
     

    Martina aggiunge comunque un altro chiodo alle sue responsabilità anche se non è presente in questo processo perché ha scelto il rito abbreviato in un’udienza che la vedrà protagonista senza pubblico domani, davanti a un gup. Margarito, tormentandosi la mano su cui è ancora visibile una cicatrice profonda, racconta con precisione, incalzato dal pm Marcello Musso.

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    «Dopo avermi sbottonato i pantaloni mi disse: “chiudi gli occhi che ti faccio una sorpresa”…Dopo qualche secondo ho sentito una fitta alla coscia sinistra, ho messo la mano per proteggere le parti intime e lei mi ha colpito ancora». Lui uscì di corsa dalla macchina, con la mano sanguinante e i pantaloni abbassati, chiedendo aiuto; lei si mise a urlare dicendo di essere stata aggredita: «Mi aveva già violentato un anno fa, e adesso ci ha riprovato».

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    Ma un anno prima era stata solo una storia estiva, in vacanza in Puglia. «Un rapporto veloce e soddisfacente», raccontò Martina alle amiche. Poi, l’innamoramento con Alexander Boettcher, l’esigenza di resettare il passato. Lei richiamò Margarito e lo invitò per un rendez vous.

     

    l acido sequestrato a casa di alexander boettcher l acido sequestrato a casa di alexander boettcher acido e martello le armi di alexander boettcher e martina levato acido e martello le armi di alexander boettcher e martina levato

    Scatenandosi in una violenza bestiale, decisa ad evirarlo, forse a ucciderlo. «Lei, con la coltellata, mi ha aperto la mano in due e mi ha ferito nelle parti intime, ho avuto una prognosi di 90 giorni». Il processo è stato aggiornato al 23 settembre, tra i testimoni anche Stefano Savi, prima vittima dell’acido. 

     

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