Aldo Forbice per “la Verità”
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Dopo il latte di pecora, le arance, i mandarini e le olive, sta per scoppiare ora anche la guerra delle nocciole? È curioso, perché questo frutto è molto richiesto, in Italia e all' estero, e ha fatto la fortuna dei coltivatori, soprattutto di tre regioni italiane (Lazio, Toscana, Umbria), ma anche di quelli della Campania, del Piemonte e della Sicilia. Pensate che, oltre alla vendita a buon prezzo del prodotto sgusciato alla Ferrero e ad altre aziende dolciarie, gli agricoltori, che prima regalavano i gusci, oggi li commercializzano a 12-15 euro a quintale perché vengono utilizzati nelle caldaie, come combustibile, per riscaldare esercizi pubblici e abitazioni. Insomma, del nocciolo non si butta nulla, come i maiali.
E allora perché lamentarsi se la natura - meglio, la nostra agricoltura - riesce ad essere così generosa per chi ci lavora? Come spiegheremo, però non tutto è oro quel che luccica. Sono infatti molte le associazioni ambientaliste, ma anche quelle parapolitiche (quasi tutte di sinistra che strumentalizzano questo problema), uscite allo scoperto, coinvolgendo Comuni, Province, associazioni nella lotta alla monocultura, che provocherebbe gravi danni all' ambiente e alle altre colture.
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Infatti, l' abnorme crescita dei noccioleti (un' eccellenza mondiale del nostro Paese), che comporta anche una forte intensificazione di pesticidi per incrementare la produzione, comporta il diradamento e la morte di tutte le altre storiche colture. Nel nostro paese sono coltivati a nocciolo (dati Istat 2015) 72.000 ettari, con una produzione di 46.000 tonnellate annue (di cui 45.000 concentrate nella provincia di Viterbo). Segue la Campania, con 40.000 tonnellate (di cui più di 15.000 nella provincia di Avellino) e il Piemonte, con circa 20.000 tonnellate (concentrate nella nocciola tonda gentile delle Langhe). Tra le regioni in forte crescita ricordiamo la Sicilia, con 12.000 tonnellate (provincia di Messina).
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Il nocciolo (dal greco còrys, che significa «elmo») negli ultimi anni ha conosciuto un boom di produzione perché è fortemente richiesto dall' industria dolciaria e, in particolare, dalla multinazionale Ferrero per la Nutella e gli altri prodotti dolciari. Al punto che è costretta ad importarla dalla Turchia (che detiene il primato della produzione nel mondo, col 70 %).
L' Italia è al secondo posto (con il 13%) e al primo in Europa, seguita da Stati Uniti (4%), Spagna, Azerbajian, Georgia (ciascuno con il 3%).
La domanda mondiale è talmente in crescita che la nostra produzione è insufficiente, nonostante che dal 2000 sia stata incrementata di ben il 35 %. Ma la Ferrero è stata costretta a ricorrere alle importazioni di nocciole anche da Paesi con scarsi quantitativi produttivi, come il Cile, il Sudafrica, l' Australia. Il prodotto made in Italy è però riconosciuto come il migliore in assoluto ed è il più richiesto dalle aziende di trasformazione. I coltivatori investono largamente perché il prodotto (soprattutto nei terreni con molta acqua) rende bene.
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A Orvieto, dove si è svolto pochi giorni fa un convegno di coltivatori e ambientalisti, un tecnico agricolo ci ha detto che un ettaro di terreno che si comprava due-tre anni fa a 10-12.000 euro, oggi - se coltivato a noccioleto - vale non meno di 80.000 euro. Si spiega così la corsa alla produzione di «elmi» che, tra l' altro, a sentire i medici fanno bene alla salute (riducono il rischio di malattie cardiovascolari, aiutano le donne in gravidanza, contengono vitamina E che protegge le cellule dallo stress ossidativo, come integratore naturale porta giovamento alle ossa, contro lo stress e la stanchezza, e il cui olio viene utilizzato nella cosmetica).
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Ma vediamo l' altra faccia della medaglia: la «corilicoltura» (questo il nome tecnico della coltura del nocciolo) danneggia fortemente l' ambiente. Con l' uso incontrollato e irresponsabile dei pesticidi si sta avvelenando l' agricoltura, quella spontanea e quella coltivata. Insomma, l' impatto nei territori dove viene coltivato il nocciolo è stato «pesante», «deleterio», «infernale», «distruttivo», «dannoso» per le piante e la salute umana. Tutti questi aggettivi (ma ve ne erano altri ancora peggiori) li abbiamo annotati assistendo al convegno di Orvieto (Sala del Governatore, palazzo dei Sette), patrocinato dal sindaco, Giuseppe Germani, e promosso da quattordici associazioni con numerosi giovani, ma con la scarsissima presenza di coltivatori.
E sapete chi guidava l' armata antinocciolo? Una giovane donna, che vive tra i set cinematografici e i festival: Alice Rohrwacher, regista e sceneggiatrice. È stata la star dell' affollatissima sala, interpretando la Giovanna d' Arco della guerra al «pericoloso» nocciolo. Che cosa c' entra Alice con l' elmo? Nulla, tranne il fatto che ha il babbo apicoltore, che vive vicino Orvieto.
SALVINI MANGIA LA NUTELLA
Ha capito però che quei pesticidi possono distruggere molte piante e uccidere (come hanno già fatto) anche le api E, infatti, per convincere i dubbiosi, la regista Giovanna d' Arco ha fatto trasmettere anche una testimonianza filmata del neurobiologo Stefano Mancuso (Università di Firenze). Lo scienziato ha ribadito che «le piante sono un esempio di convivenza, a differenza degli uomini», aggiungendo che il nocciolo è un intruso che va combattuto, ma forse ci penseranno le stesse piante, «che hanno una testa pensante, con la quale comunicano, prendono decisioni e ricordano persino». Queste le riflessioni serie di un uomo di scienza, ma i «pasdaran» di Orvieto non sono convinti che siano le stesse piante a «mettere ordine» nell' ambiente o che siano le istituzioni o gli stessi agricoltori a risanare. Forse ci vuole ben altro.
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E a quel punto, nella sala medievale, l' ascia di guerra è stata impugnata dal comandante Famiano Crucianelli, presidente del biodistretto della Via Amerina e delle Forre. Crucianelli è una vecchia conoscenza della sinistra storica (è stato parlamentare di Rifondazione comunista e poi del Pds, Ds, sottosegretario nel governo Prodi e quindi è approdato nel Pd). L' ex dirigente politico ha scaldato la sala con una dichiarazione di guerra alla Ferrero. Ha proclamato di essere assolutamente contrario al progetto della multinazionale che si propone di piantare in tutta Italia 20.000 nuovi ettari di nocciole nei prossimi cinque anni (fino a 1.500 solo nella Tuscia viterbese). «Noi siamo contro il progetto, che rischia di trasformare la ricchezza in una maledizione per tutto il territorio. Chiediamo l' intervento delle istituzioni, Regioni e Province, per una valutazione di impatto ambientale e poi bisogna fare i conti con la Ferrero».
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Che cosa chiede Crucianelli ai dirigenti della multinazionale? «Che si rispetti la biodiversità e che una parte del territorio della Tuscia previsto dal progetto produca nocciole con metodo biologico. La Ferrero deve occuparsi anche delle ricadute economiche per il nostro territorio senza rischiare di trasformarlo in una colonia.
Chiediamo ancora alla Ferrero di investire in ricerca per migliorare la qualità dell' ambiente e della vita delle persone. In sintesi, coltivare senza inquinare». In altre parole, si pongono richieste a una multinazionale, che dovrebbero essere presentate (quasi tutte) alle istituzioni (ministero dell' Agricoltura, Regioni, Province e Comuni) e non certo a un' azienda privata, che si propone soprattutto di incrementare fatturato, occupazione e profitti. Ricordiamoci, infatti, che il gruppo Ferrero comprende 94 società in tutto il mondo, con 25 stabilimenti di produzione, fra cui quello cinese aperto nel 2015.Nel bilancio 2017-2018 si legge che il fatturato è stato di 10,7 miliardi di euro, con un incremento del 2, 1 per cento.
famiano crucianelli
Le vendite di prodotti sono aumentate del 3,5 % (6,8% a cambi costanti) trainate prevalentemente da Germania, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti. L' occupazione è in costante crescita (circa 36.000 dipendenti nel 2018). Si tratta dunque della seconda più grande azienda produttiva di cioccolato e confetteria al mondo, creata nel 1946 da Pietro Ferrero, pasticciere di Alba (Piemonte), noto anche per essere stato l' inventore della Nutella.
premiata alice rohrwacher per la sceneggiatura
Contro questo colosso sono scesi in guerra ora associazioni ambientaliste e altre parapolitiche, oltre all' Università della Tuscia, come si è visto al convegno di Orvieto (fra cui il biodistretto di Crucianelli, i Medici per l' ambiente, la Schola campesina, il Lago di Bolsena e tante altre). Ci sembra però che, questa volta, Davide rischi di soccombere davanti al gigante Golia perché gli agricoltori, nella grande maggioranza, non rinunceranno mai a colture, come le nocciole, ad alto reddito. La difesa dell' ambiente va comunque sostenuta, sensibilizzando le istituzioni. E il fatto che le giovani generazioni siano in prima linea in questa battaglia ci sembra comunque positivo, al di là della demagogia, sempre diffusa, e le strumentalizzazioni politiche.
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