Estratto dell'articolo di Guido Olimpio per www.corriere.it
PATEK PHILIPPE
Allarme a Ginevra per i pacchi bomba. Due sono esplosi, a distanza di mesi, ferendo un adulto e una bambina di 12 anni. Attacchi accomunati dall’obiettivo: famiglie che lavorano per la Patek Philippe. E questo fa pensare che l’Unabomber – sempre che agisca da solo – stia attuando una vendetta oppure un ricatto.
Il primo attentato risale alla fine di agosto nella zona di Saint Jean. Sono circa le 7.15 quando il proprietario di un appartamento esce e trova vicino alla porta un sacco dell’immondizia dal quale esce del liquido. Lo solleva e a quel punto l’involucro deflagra ferendo leggermente l’uomo alle gambe. La polizia, dopo i primi rilievi, segue due piste. Una riguarda questioni personali, la seconda si concentra sulla professione della vittima.
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È un ingegnere, esperto di meccanica, dipendente da molti anni della famosa «marca». Ed allora gli investigatori guardano all’interno di questo ambiente, cercano motivi, analizzano situazioni che possano aver innescato una ritorsione violenta. Ci si chiede anche se la società abbia ricevuto delle minacce seguite dall’atto violento per esercitare maggiore pressione.
Questo filone investigativo ha trovato conferme con il secondo evento, ancora più drammatico, verificatosi lunedì a Grange-Canal, attorno alle 16. Il presunto «plico» è stato infilato in una cassetta delle lettere di un palazzo e il «botto» ha investito la bimba provocandole lesioni serie. Infatti, è stata sottoposta ad un intervento chirurgico. Il target, precisano gli inquirenti, era uno specialista di meccanismi, anche lui entrato nell’azienda da molto tempo. [...]
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