DAGOREPORT
Estratto dell'articolo di Claudio Tito per la Repubblica
sergio mattarella giorgia meloni centenario aeronautica militare
«Nessuno è contro Giorgia Meloni, ma deve capire che se perderà i miliardi del Pnrr sarà lei a doverne rispondere. E dovrà farlo davanti agli italiani, non a Bruxelles». Nelle ultime 48 ore si è dipanato un filo rosso: da Bruxelles ha raggiunto il forum di Cernobbio, poi ha attraversato Firenze e infine ha raggiunto Roma. È il filo dell’allarme. Sul Pnrr. E sulla capacità del governo italiano di realizzare gli impegni assunti o di modificarli nei tempi adeguati.
Un pressing concentrico che vede in azione la Commissione europea, la Bce (la presidente Christine Lagarde era venerdì a Firenze per partecipare all’incontro organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani Editori) e anche il Quirinale. Perché non sfruttare l’occasione fornita dal NextGenerationEu rappresenta una doppia sconfitta: l’Italia rinuncia alle riforme, l’Europa ammette che dovrà rinviare il percorso di ulteriore integrazione attraverso, ad esempio, l’emissione di altro debito comune.
sergio mattarella giorgia meloni centenario aeronautica militare
Le principali istituzioni italiane e comunitarie, allora, stanno provando a distendere la loro rete di protezione. Perché lo “stallo” in cui versa il gabinetto Meloni non sembra essere compreso fino in fondo da Palazzo Chigi e dai ministri direttamente coinvolti. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel colloquio avuto con la premier venerdì scorso ha insistito sulla necessità di non trascurare i rischi connessi ai ritardi nell’attuazione del Piano. Il Quirinale lo ha fatto con convinzione e nettezza. Ribadendo anche che la collaborazione con il governo sarà sempre leale e che l’interesse del Paese è l’unica bussola da seguire.
ignazio la russa sergio mattarella giorgia meloni
Resta il fatto che stanno sempre più emergendo dei buchi neri nell’organizzazione e nella gestione del Pnrr. Non si tratta solo della tranche di finanziamenti da emettere ormai a fine aprile. Proprio ieri il Commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, da Cernobbio ha cercato di tranquillizzare: «Non sono preoccupato affatto». Eppure nel suo ragionamento esiste un “ma” grande come una casa: «Man mano che il piano va avanti la strada diventa più impegnativa». Ed è esattamente il punto su cui il pressing delle “Grandi Istituzioni” insiste maggiormente. Il cuore del problema sono le tranche da erogare in base agli obiettivi conseguiti a giugno e a dicembre prossimi: 16 e 18 miliardi di euro.
Perché? Primo, l’Italia non è mai stata un esempio virtuoso nel realizzare le opere nei tempi previsti. Ma ancor più devastante è il ritardo nel formulare le modifiche al Piano.
(…) Roma aveva allora dato appuntamento a febbraio. Ma nulla è arrivato a Bruxelles. Quindi l’attesa è stata spostata su marzo, ma ancora niente da fare. Ora il mese-clou dovrebbe essere aprile.
GIORGIA MELONI SERGIO MATTARELLA
Le interlocuzioni tra Palazzo Chigi e gli uffici dell’esecutivo europeo vengono però descritte meno intense che in passato. I rapporti con il governo Draghi erano costanti, quotidiani. Quelli con la “squadra” meloniana sono più rarefatti. La mossa di sottrarre al ministero dell’Economia la governance di fatto del Pnrr sembra aver rallentato le procedure. Nonostante l’impegno del ministro per le Politiche Ue, Raffaele Fitto, la “macchina” viene giudicata lenta dai tecnici brussellesi.
pnrr
La procedura per modificare il Pnrr, infatti, non è semplice. Serve l’approvazione della Commissione e poi del Consiglio europeo. Se non si accelera, il “Desk Italia” sarà costretto a valutare i prossimi obiettivi, quelli appunto di giugno e dicembre, sulla base del “vecchio” Piano. E l’esito appare segnato. La Commissione, in quel caso, non potrebbe dare il via libera a quei 34 miliardi. Un colpo terribile per l’Italia. Che rischierebbe, inoltre, di essere messa nel mirino dai mercati finanziari (i soldi concessi in prestito dal NextGenerationEu hanno un tasso di interesse decisamente inferiore rispetto a quello ottenuto con i titoli di Stato).
paolo gentiloni otto e mezzo
Non è un caso che ieri, sempre da Cernobbio, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, abbia concordato «sulla necessità di effettuare un’analisi che consenta di avere un quadro preciso sulla realizzabilità complessiva degli interventi». E ammette che «la struttura burocratica della pubblica amministrazione probabilmente non era e non è all’altezza di sostenere questo tipo di choc di domanda». Infatti il governo italiano è orientato a rivedere il Pnrr con una operazione di semplice “maquillage riduttivo”: tagliare almeno il 30 per cento delle opere previste. Ma per procedere serve il via libera dei vertici europei. E prima ancora che l’Italia presenti la sua proposta.
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CHRISTINE LAGARDE GIANCARLO GIORGETTI