Mattia Chiusano per repubblica.it - Estratti
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Il giorno dopo la sconfitta con la Polonia, di fronte a 11 mila spettatori e al presidente Mattarella, Fefé De Giorgi è già nella sua Squinzano a ricaricarsi, “sono legato al Salento per i colori, gli odori, i sapori, la famiglia, tutto quel che ti fa riprendere contatto con le cose profonde e affrontare le sfide. Anche quando allenavo all’estero non ho mai cambiato residenza”. La notte è stata complicata, “quasi in bianco”, il viaggio da Roma lungo ma utile, “mi piace guidare perché penso”.
De Giorgi, Giannelli ha detto che l’argento va festeggiato, e che in Italia c’è il rischio di svalutarlo: ha questa sensazione anche lei?
“La sento eccome, tutte le medaglie costano fatica. Il problema è che la sensazione del bronzo è diversa, perché hai vinto, mentre l’argento arriva quando perdi, lasciandoti un’amarezza, una sensazione immediata dolorosa. L’argento va valorizzato perché è l’unica medaglia assegnata perdendo”.
Guidando verso la Puglia come ha rivisto la finale?
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“La Polonia ha fatto una gran partita, se uno vorrà vincere in futuro dovrà fare i conti con loro. Ma anche con noi. La Polonia ha dato un riferimento a tutti: loro possono giocare così. Noi invece dovremo creare gli anticorpi mentali per essere più efficienti. Dire che loro hanno avuto una giornata grandiosa è un alibi, dobbiamo pensare che lavorando con consapevolezza e umiltà potremo metterli in difficoltà. In fondo, siamo quelli che hanno giocato tre finali in tre anni”.
In due Europei e un Mondiale avete vinto 24 partite e persa una.
“Purtroppo in una finale in casa, ma questo dato fa capire quanto sia stato eccezionale il ricambio avviato due anni fa, con le difficoltà incontrate all’inizio di questo percorso. Ho fatto parte della Generazione dei Fenomeni, e anche noi in ogni torneo perdevamo una-due partite”.
È in uscita “Egoisti di squadra” (edizioni Mondadori), il suo libro in cui spiega come “esaltare il gruppo senza sacrificare il talento”.
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(...) Nel mio libro parlo della necessità di inserire la parte egoista in una squadra senza perdere il talento. È evidente che ci sono giocatori che hanno una parte non di egoismo, che è sano, ma di egocentrismo, sembra che tutto debba ruotare intorno a loro. Nasciamo egoisti, non altruisti, gli egoismi individuali si realizzano tramite gli altri ed ecco perché servono i valori. Quello che noi riassumiamo nel termine “Noi Italia”, che non è slogan, ma una filosofia per stare all’interno del gruppo”.
Vigono ancora le regole su orari, telefonini, alimentazione, ciabatte vietate a cena?
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“Il rispetto è l’ancora dei rapporti umani. Io posso inventare l’esercizio più figo del mondo, ma non ha nessun senso se all’interno della mia organizzazione non c’è il rispetto. La somma non supera più il valore dei singoli, la magia di una squadra. Dal rispetto delle regole si può trarre la forza che ci permette di migliorare”.
L’Italia sarà in gara per la medaglia d’oro a Parigi?
“Non sappiamo di essere i migliori, ma questo lo sanno anche gli altri: a livello mondiale non c’è una squadra che domina. Se lavori bene e cresci, ti giochi le tue chance per vincere, se scendi sotto il tuo livello arrivi quinto. Noi siamo competitivi: prendiamo questa finale come uno stimolo, non come un rimorso”.
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