Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
lopez obrador
«Il trattato commerciale Nafta è morto. Se non lo ucciderà Trump, ci penserà Lopez Obrador a finirlo». Questa certezza di Gabriel Guerra Mondragon, ex ambasciatore americano in Cile che oggi consiglia dietro le quinte il candidato favorito nelle presidenziali messicane di domani, la dice lunga sulla sfida a chi è più populista in corso tra le due rive del Rio Bravo.
«Se Obrador vincerà - continua Guerra - le opzioni prevalenti sembrano due: uno scontro frontale con gli Usa, oppure la scelta cosciente di ignorarsi. La verità, però, è che nessuno sa davvero come si comporterà Obrador. Farà l' estremista, come temono allarmati l' establishment messicano e Washington, oppure il pragmatico? Io penso che forse esiste la possibilità di una linea intermedia, capace di produrre i cambiamenti voluti dal popolo, senza però precipitare il Paese verso un chavismo venezuelano».
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Cosa ha portato il Messico sull'orlo della sua rivoluzione populista? In teoria l' economia cresce. Secondo i dati dell' Ocse, il Pil pro capite è 19.093 dollari all' anno e la disoccupazione è al 3,4%. L' America Latina però aveva inventato la disuguaglianza cronica molto prima che diventasse un fenomeno globale, e nelle regioni più dimenticate di questo Paese la povertà estrema arriva ad affliggere il 90% della popolazione. Il sottoprodotto è la violenza, del narcotraffico ma non solo, che ha raggiunto livelli storici. Basti pensare che nel solo mese di maggio sono state ammazzate 2890 persone, ossia un omicidio ogni 15 minuti. Non a caso, dall' inizio della campagna elettorale hanno perso la vita 133 politici, di cui 48 candidati.
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Nel paese di Ocampo l'intero corpo di polizia è stato arrestato, con l' accusa di aver pianificato l' omicidio di un aspirante sindaco. Gli studiosi della sicurezza stimano che in Messico mancano 116.000 poliziotti, e quelli occupati guadagnano in media circa 400 dollari al mese. A narcos e delinquenti vari basta poco per corromperli. Così solo il 7% dei reati viene investigato, e solo il 2% riceve una condanna.
«La mafia del potere» La corruzione è rampante anche in politica, al punto che secondo Obrador la «mafia del potere» costa ogni anno il 10% del bilancio nazionale. Perciò quando gli chiedono dove troverà i soldi per i programmi sociali, lui ride: «Basterà toglierli alla corruzione».
Andres Manuel Lopez Obrador, detto Amlo, è nato nel 1953 nello stato di Tabasco, quello del prete al whiskey che Graham Greene aveva reso protagonista del «Potere e la Gloria». «La politica - dice lui - è un' affascinante miscela di passione e razionalità. Io però vengo da Tabasco, e quindi sono passione al 100%».
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La carriera l' aveva cominciata nel Pri, il Partito rivoluzionario istituzionale - se una simile contraddizione in termini può reggere al confronto con la storia - che ha governato il Messico dal 1929 al 2000, e poi ancora negli ultimi sei anni disastrosi di Enrique Peña Nieto. Nel 2000 Obrador era diventato sindaco di Città del Messico. Poi per due volte si è candidato alla presidenza, nel 2006 e nel 2012, sempre perdendo per una manciata di voti, dopo aver dominato i sondaggi. Pochi dubitano che sia stato sconfitto dai brogli, che potrebbero ripetersi domani, anche se il suo vantaggio sembra insormontabile: 23% su Ricardo Anaya, giovane leader del partito di centrodestra Pan, e oltre 30% su José Antonio Meade, erede del Pri.
«Il sistema elettorale - spiega Guerra - è stato cambiato, e adesso i brogli sono più difficili. Poi stavolta si rischia sul serio la rivolta popolare, se gli ruberanno ancora la vittoria».
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La ricetta che ha portato Obrador a un passo dalla presidenza è singolare. Ha accusato Trump di comportarsi con i messicani come Hitler faceva con gli ebrei, ma questo non è un fattore chiave, perché tutti i candidati disprezzano il capo della Casa Bianca allo stesso modo.
Amlo si è alleato con chiunque fosse disposto a sostenerlo. Così la coalizione guidata dal suo movimento Morena ha messo insieme i laburisti del Pt, e i conservatori antiabortisti del Pes. Per sanare le disuguaglianze economiche promette di raddoppiare le pensioni e i salari minimi, lanciando un programma di opere pubbliche come la ferrovia dal Pacifico all' Atlantico, che costerà il 2,5% del pil. Rivedrà la riforma di Nieto che ha tolto alla Pemex il monopolio del petrolio aprendo ai privati, ma per le Finanze ha scelto un potenziale ministro liberista.
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Per contrastare il narcotraffico propone la formula «abrazos, no balazos»; abbracci, non proiettili. Significa che oltre alle misure militari, favorisce amnistia per i reati minori, legalizzazione, e programmi di studio e lavoro, per recuperare i giovani e allontanarli dalla criminalità: «Becarios sì, sicarios no», borsisti sì, sicari no. Sull' immigrazione ha avvertito Trump che «non farò per te il lavoro sporco» di fermare il flusso dal Centramerica, e se costruirà il muro gli farà causa all' Onu. I suoi uomini in realtà sono in contatto con Washington, per evitare lo scontro frontale. Altrimenti, da domani in poi sarà Obrador a sorprendere Trump.