1 - BUSTA AL LEGALE DI PRIEBKE
Michela Allegri per “il Messaggero”
PRIEBKE
I sospetti degli investigatori sono stati confermati: ci sono altri pacchi bomba in circolazione, buste gialle, regolarmente affrancate, che contengono un ordigno esplosivo. L'ultimo in ordine di tempo, il quarto in tutto, è stato recapitato due giorni fa ad un avvocato romano, Paolo Giachini, nella stessa abitazione in via Baldo degli Ubaldi in cui il legale ospitò Erich Priebke, l'ufficiale delle Ss, ai domiciliari dopo la condanna all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine e deceduto nell'ottobre 2013.
Un dettaglio che porta gli investigatori ad approfondire una pista su tutte: quella della galassia anarchica. Questa volta la busta incendiaria non è esplosa: il destinatario, che aveva sentito dei pacchi bomba recapitati pochi giorni fa a Fiumicino, a Fidene e alla Balduina, si è insospettito e ha chiamato i carabinieri della stazione Madonna del Riposo.
GLI ARTIFICIERI
BUSTA INCENDIARIA
Sul posto sono arrivati gli artificieri: si trattava, effettivamente, di un'altra busta incendiaria. I carabinieri del Ros e gli agenti della Digos, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale e dal pm Francesco Dall'Olio, non hanno dubbi: la mano che ha confezionato i plichi incendiari è sempre la stessa: una busta commerciale comunissima, dimensioni A4, affrancata. E, di nuovo, sull'involucro era indicato un mittente che la vittima conosceva. All'interno c'era una scatoletta di legno che conteneva l'innesco e l'esplosivo, in un quantitativo sufficiente a ferire, ma non ad uccidere. Un avvertimento, insomma. Anche se per ora non ci sono collegamenti tra l'uomo che ha ricevuto il pacco e le tre donne rimaste ferite dalle prime buste.
Il congegno è identico a quello utilizzato per confezionare gli altri tre pacchi. E anche il copione è quello seguito tra domenica e lunedì, quando, invece, le buste sono esplose, ferendo altrettante persone. In un caso, la vittima non era quella designata dall'attentatore: la missiva era indirizzata a una ex dipendente amministrativa dell'Università di Tor Vergata, ora in pensione, ma ad aprire l'involucro è stata un'impiegata del centro di smistamento posta di Fiumicino.
priebke all aeroporto di bariloche
La donna è rimasta ferita, dieci giorni di prognosi. Il mittente indicato sul plico e scritto a computer era l'Ateneo. Le altre due vittime, pure loro pensionate, erano un'ex professoressa dell'università Cattolica e una dipendente dell'Inail. Avevano ricevuto le buste a casa, una a Fidene e l'altra in zona Balduina. Entrambe avevano aperto l'involucro senza particolare attenzione, perché il mittente - falso - sembrava essere una persona conosciuta: un nome scelto, forse, guardando tra le amicizie di Facebook. Secondo gli investigatori, le lettere incendiarie sarebbero state spedite tutte lo stesso giorno. La pista anarchica resta la più probabile, anche se non è escluso che si tratti del gesto di un folle.
LA PISTA
Per il momento non sono emersi contatti tra le vittime. Ma le azioni potrebbero avere avuto un carattere dimostrativo più ampio, forse da parte di una frangia anarchica antimilitarista. L'ateneo di Tor Vergata, infatti, nell'ottobre scorso ha siglato un accordo con l'Aeronautica Militare, mentre la Cattolica, nel dicembre 2017, aveva stretto un'intesa di cooperazione con una struttura della Nato. I reati ipotizzati per il momento, sono atto con finalità di terrorismo e lesioni. Ora, con il plico integro ci potrebbe essere una svolta: il Ris di Roma ha già iniziato gli accertamenti e cerca eventuali impronte.
2 - «DOPO LA BUSTA ESPLOSIVA VIVIAMO NEL TERRORE»
Simona Pletto per “Libero quotidiano”
ROSA QUATTRONE E LA FIGLIA ALESSIA
«Quando abbiamo saputo che era stato recapitato il quarto plico esplosivo che per fortuna non è stato aperto, ci siamo sentite sollevate: prima di tutto perché ora abbiamo la certezza che non c' è nulla di personale contro di noi e contro le altre donne colpite da questo pazzo che si diverte a spedire pacchi bomba a persone scelte forse a caso; in secondo luogo siamo contente perché nel nostro piccolo, esponendoci per mettere in allarme la gente, forse abbiamo contribuito ad evitare una quarta vittima».
Alessia S., 19 anni, sorriso contagioso e una forte passione per la farmaceutica, è la figlia di Rosa Quattrone, la 57enne romana impiegata dell' Inail che lunedì scorso ha ricevuto nella sua abitazione del quartiere Nuovo Salario una busta apparentemente normale, di carta gialla, di quelle usate per documenti che però all' interno conteneva un ordigno rudimentale che gli è esploso tra le mani.
«Mia madre sta male», confida Alessia, «ha riportato ustioni al volto, alla mano, al seno, sul ventre. Ha bisogno di medicazioni, anche di assistenza psicologica. Io le sto vicino, ho lasciato l' università e l' avrei fatto anche se non avesse chiuso per il corona virus. La nostra vita è cambiata da lunedì scorso, dopo l' esplosione: con mamma e papà siamo andati a vivere a casa di mio fratello. Non dormiamo più, personalmente vivo nella paura. Anche se non vediamo l' ora di tornare a casa e riprenderci la nostra vita di sempre, anche se sappiamo che non sarà facile».
BUSTA INCENDIARIA
PENSAVO FOSSE UN LIBRO
Il giorno prima una simile busta era finita tra le mani di una dipendente delle poste, a Fiumicino. Era destinata a una epidemiologa ex dipendente dell' Università di Tor Vergata, e solo per un caso è esplosa invece tra le mani dell' addetta postale. La terza busta gialla è arrivata successivamente alla Balduina, colpendo un' altra donna: una 68enne biologa ed ex dipendente dell' Università del Sacro Cuore, ustionata alle mani e al volto.
A Roma si continua quindi a indagare sui misteriosi plichi bomba che hanno già ferito le tre donne. L' ultimo, il quarto, è stato recapitato ieri in un appartamento in zona Baldo degli Ubaldi, nel quartiere Boccea. La persona a cui era destinata non l' ha aperto e ha subito contattato i carabinieri. I destinatari non si conoscono tra loro: il loro indirizzo privato, estratto probabilmente attraverso i post pubblicati sui social, era evidentemente noto a chi ha spedito i pacchi, probabilmente sempre lo stesso.
«Quel giorno ero a casa», racconta a fatica Rosa, «e ha suonato al citofono la mia vicina.
Non aveva le chiavi, mi ha chiesto di aprire. Poi ha suonato di nuovo alla mia porta, spiegandomi che sopra alle cassette della posta aveva trovato il plico che teneva tra le mani. Per me? Le ho chiesto stupita. Credevo fosse un libro di mia figlia. Ho notato invece che il mittente riportava l' indirizzo di una mia ex compagna delle elementari, contattato un paio di anni fa attraverso Facebook.
Così ho scartato il primo involucro di carta gialla e dentro ho notato un cofanetto rigido, chiuso da un gancio di latta. Il mio istinto mi ha detto di andare in terrazzo ad aprirlo, così ho fatto. Mi sentivo qualcosa di strano, era troppo rigido quel cofanetto, non poteva essere un libro. Così ho sollevato quel gancio ed è esploso tutto.
Sono stati secondi di buio, di dolore, c' era fumo ovunque, ho chiesto aiuto a mio marito che era coricato sul divano». Le indagini non escludono nessuna pista, nemmeno quella anarchica. Al termine di un vertice in Procura fra pm e gli investigatori del Ros e della Digos è emerso che dietro questi gesti potrebbero esserci frange antimilitariste che vogliono protestare contro gli accordi siglati dalle università di Tor Vergata e della Cattolica del Sacro Cuore con l' Aeronautica e con il Corpo d' Armata di Reazione Rapida della Nato. Al momento però non sono arrivate rivendicazioni. In Procura intanto è stato aperto un fascicolo d' indagine per attentato con finalità terroristiche e lesioni.
SERVONO TELECAMERE
«Non so, nessuna delle donne colpite ricopre o ricopriva ruoli importanti nei singoli lavori», continua la giovane figlia. «Quel pacco, secondo i miei vicini che hanno maneggiato la busta per vedere a chi era indirizzata, era lì dalla mattina. Mia madre, rientrando, non l' ha visto. Del resto è sempre papà quello che ritira la posta». E chiosa Alessia: «Noi non conosciamo le altre donne colpite, non abbiamo mai parlato con loro e non abbiamo nessun elemento che ci riconduca a loro. Io so solo che mamma è una persona buona, amata da tutti. Speriamo solo che gli inquirenti lo prendano, chiunque egli sia.
Purtroppo davanti al nostro portone non ci sono telecamere. La coincidenza buffa, è che quella stessa sera di lunedì avremmo dovuto partecipare ad una riunione di condominio per mettere delle telecamere all' interno del palazzo. Cosa voglio dire a chi ha compiuto questi crimini? Noi non siamo persone che augurano del male agli altri, però penso che quell' uomo debba farsi qualche domanda su quello che sta facendo. Gli direi semplicemente di fermarsi».