Luca De Carolis per il Fatto Quotidiano - Estratti
GIUSEPPE CONTE E ELLY SCHLEIN
Quando l’arrivo della marcia sotto un sole estivo è lì a pochi passi, dopo le splendide e crudeli salite di Assisi, l’avvocato si volta: “Lo scriverà che sono l’unico leader arrivato fino a qui?”. Giuseppe Conte sorride, dopo un’altra giornata in cui per il presunto campo largo c’è stato poco da sorridere.
Perché anche la Marcia della Pace di Assisi di ieri, o meglio il suo prologo mattutino alla Domus Pacis a Santa Maria degli Angeli, con un rosario di dibattiti sul tema, ha confermato che su armi e guerra la sinistra non sa ritrovarsi. Il sabato umbro sembra l’onda lunga delle votazioni di pochi giorni fa al Parlamento europeo sulla risoluzione sull’Ucraina, con il Pd spaccatosi in vari tronconi, ma che alla fine ha detto sì al testo che insiste sull’invio di armi a Kiev.
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Mentre M5S, Verdi e Sinistra Italiana hanno votato no. A confermarlo è la vivace discussione proprio tra parlamentari europei dentro la sala, dove un Cristo ligneo e senza volto osserva le bandiere della pace e gli stendardi della Palestina in platea. Il segno delle scorie europee si intuisce anche da un’assenza, quella della segretaria del Pd Elly Schlein. Anche se i dem giurano che non è una scelta tattica: “Inizialmente non era prevista la presenza dei leader di partito, così nel frattempo lei aveva preso impegni”.
Ci sono invece Conte e il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.
In prima fila, Michele Santoro. Ma prima dal palco parla Stefania Proietti, sindaca di Assisi, candidata per il centrosinistra alle Regionali umbre di novembre.
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(...) Quindi, Conte. Non dice una sillaba sul Pd, parla d’altro: “Dietro a tutte queste guerre c’è un deficit di politica e di diritto”. Cita il rapporto sull’Unione di Mario Draghi: “Afferma che dobbiamo diventare un’economia di guerra, parla di corsa al riarmo”. Chiosa: “Il mondo non si distingue tra i buoni che stanno con la Nato e tutti gli altri che sono cattivi”.
Il Fatto gli chiede se ha voluto essere morbido con i dem, e lui fa una smorfia: “Non mi scambiate per moderato, sono stato radicalissimo, bisogna esserlo sulla guerra”. E l’assenza di Schlein? L’ex premier allarga le braccia. Resta il fatto che il campo largo sulla guerra è spaccato... “La politica estera deve essere al centro del progetto alternativo alla destra meloniana. Ci lavoreremo con grande intensità, e le forze che ora presentano un ventaglio di soluzioni dovranno fare sintesi al loro interno”. Ergo, il Pd dovrà decidere una linea. Magari prima della prossima marcia.
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