LUIGI FERRARELLA per il Corriere della Sera
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Che fosse stato ideato come un sequestro di persona vero, quello della 20enne modella inglese Chloe Ayling, sebbene a opera di una bislacca coppia di fratelli polacchi-inglesi (il 30enne Pawel Lukasz Herba, che aveva infine lasciato andare la ragazza quasi accompagnandola vicino al Consolato, e il 37enne Michal Konrad Herba), non ci voleva molto a capirlo già mettendo in fila gli elementi che la Squadra mobile di Milano aveva raccolto nei giorni tra l' 11 e il 17 luglio 2017.
herba il sequestratoe
I segni delle manette ai polsi e il foro di una siringa nel braccio della modella; in corpo le tracce della droga (ketamina, quella data talvolta ai cavalli per doparli, pericolosissima se la ragazza vi fosse stata allergica) iniettatale al momento del rapimento nel finto set fotografico allestito in via Bianconi 7 a Milano; un capello di lei e un capello di uno dei rapitori nel bagagliaio della Volvo dei fratelli; il Dna sulle manette e in casa; il tracciamento degli acquisti online di un documento falso, di due passamontagna, e della enorme borsa da viaggio (per trasportare la ragazza) evocata in precedenza in una mail tra i due fratelli, «sai per cosa serve, quindi sai che dovrà essere molto grande».
E i tabulati delle telefonate tra i due, a smentita di Michal che diceva di non sentire Lukasz da tempo.
Perfino una quasi «confessione» nel carcere di Opera quando il primo fratello arrestato, non immaginando di essere intercettato mentre istruiva la madre su cosa far fare al fratello complice ancora libero a Birmingham, si era lasciato andare: «Mamma, è venuta la polizia? Deve cancellare tutti i messaggi, ti detto la password... Deve andare via subito... far sparire la macchina in garage». E infine le mail ripescate con le quali Michal, nel corso del sequestro, raccomandava al fratello carceriere di atteggiarsi a rapitori «buoni» per rafforzare la richiesta di 300.000 euro di riscatto, pena la mitomane messa all' asta online della ragazza sul «deep web»: «Prendile una pizza e mangiala assieme, così sarai un mega grande amico», e poi «le hai detto?» come funziona nella Gran Bretagna dei tabloid, e cioè «che, se pagano i soldi, al suo ritorno riguadagnerà rapidamente i soldi facendo le interviste?».
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Ecco, su questo i fratelli Herba non avevano torto.
Tanto che, tornata in patria, la ragazza non aveva mancato di ricavare qualcosa dal picco di notorietà mediatica (copertine, servizi tv, fotografi scatenati) che, senza il sequestro, mai le sarebbe capitato.
E un qualche rigurgito maschilista non aveva mancato di fargliela pagare, arrivando a scambiare questa sua oggettiva propensione postuma con invece addirittura una messa in scena, combinata sin dall' inizio con i suoi (quindi finti) rapitori. Un film che ieri si è dissolto nell' aula della prima Corte d' assise di Milano, dove la giuria popolare (presidente Ilio Mannucci Pacini) ha tirato le somme, con una condanna in primo grado a 16 anni e 9 mesi, delle prove del pm Paolo Storari (che guidò l' inchiesta con Ilda Boccassini) e della difesa di Herba: non brillantissimo prima nell' inventare di aver agito sotto minaccia di imprecisati romeni, poi nell' accreditare la combine con la ragazza, e ieri infine nel dire di essere innamorato di lei e nel confusamente «scusarmi se lei si è sentita costretta a parole».
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«Voglio ringraziare l' Italia, la polizia, il pm, la Corte e tutti quanti hanno creduto a ciò che dicevo, ora voglio stare con la mia famiglia», commenta Chloe al telefono con il suo legale di parte civile Francesco Pesce. Katia Kolakowska, avvocato dell' imputato il cui fratello sarà estradato da Londra, annuncia appello, nel quale forse punterà sul tema evocato ieri in arringa quando ha accennato che il regista del film By Any Means, uscito poco prima del sequestro, in febbraio le ha segnalato come raccontasse «proprio di una modella rapita per renderla famosa».
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