lavoratori amazon
1 - AUTISTI E LOGISTICA IL PRIMO SCIOPERO CONTRO AMAZON
Maurizio Tropeano per “La Stampa”
«Noi vogliamo fare gli accordi definendo con la controparte regole, diritti, compensi. Per questo abbiamo cercato di sederci al tavolo con Amazon che, però, è rimasta assente e non ha dato risposte.
Siamo costretti a proclamare lo sciopero per iniziare la trattativa ma intanto abbiamo coinvolto anche gli altri sindacati europei: se il comportamento della multinazionale è lo stesso anche negli altri Paesi, allora, porteremo la vertenza a Bruxelles chiedendo l' intervento della Commissione Ue».
dipendenti amazon
Salvatore Pellecchia, segretario nazionale della Cisl per i trasporti, inquadra così il primo sciopero che coinvolge tutto il personale della filiera che lavora per Amazon, dai 9500 addetti ai magazzini (dipendenti diretti) fino ai circa 15 mila driver alle dipendenze di centinaia di piccole imprese di trasporto, che consegnano materialmente i pacchi.
Salvatore Pellecchia
I sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di dare una cornice nazionale ad una protesta che finora si è svolta soprattutto a livello locale anche se nell' ultimo mese c' è stato un crescendo di proteste che hanno interessato i magazzini padovani, poi i corrieri del Piemonte fino alle ditte di consegna di Pisa.
Il 22 marzo, dunque, l' astensione sarà corale con una piattaforma di richieste che va dalla verifica dei turni, dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, alla riduzione dell' orario di lavoro dei driver, dalla clausola sociale, alla stabilizzazione dei tempi determinati, fino all' indennità Covid.
i lavoratori di amazon
Il colosso Usa, però, respinge al mittente le accuse di latitanza dai tavoli sindacali - «si sono svolti due incontri nel mese di gennaio» - e, soprattutto, dopo aver ribadito che «per le consegne ai clienti, Amazon Logistics si avvale di fornitori terzi» sottolinea «i corretti interlocutori» dei sindacati «siano i fornitori di servizi di consegna e le associazioni di categoria che li rappresentano».
jeff bezos nel suo ufficio nel 1999
Il sindacato, però, non ci sta: «E' vero che per le consegne Amazon ai avvale di fornitori terzi ma gli appalti rispondono ad un committente che per quanto riguarda le leggi di questo paese risponde in solido. Per noi la tecnica di frazionare e di sottrarsi alle responsabilità portata avanti da Amazon non può più funzionare».
I sindacati, dunque, hanno deciso di fare un salto di qualità alla protesta con un' impostazione che potrebbe essere condivisa anche a livello europeo - a Bruxelles tra le altre cose si sta cercando una posizione unica sulla webtax - con l' obiettivo di chiudere un contratto.
centro distribuzione amazon in california 3
Nelle settimane scorse il tribunale di Milano ha imposto alle multinazionali delle consegne a domicilio di assumere i rider. «Per noi il ricorso alla magistratura è davvero l' ultima spiaggia», spiega Pellecchia. Il sindacato, però, cerca alleati. A novembre il mondo del commercio al dettaglio era insorto contro Amazon accusandola di fare profitti miliardari - il 2020 per Amazon si è chiuso a livello globale con vendite nette per 386,1 miliardi di dollari (+ 38% sul 2019) e con utile netto di 21,3 miliardi di dollari (9,7 miliardi in più del 2019) - e di mettere in ginocchio i piccoli negozi.
lavoratori amazon centro torrazza piemonte
Ma Michele De Rose, segretario nazionale della Cgil Trasporti, invece, pur condividendo la richiesta dell' introduzione di una webtax, è convinto che sia necessario trovare l' appoggio dei consumatori: «Sono loro che devono sostenere in questa battaglia le persone che hanno assicurato, e assicurano, la consegna delle merci nelle loro case. Devono sapere che a fronte di profitti miliardari gli addetti alla logistica guadagnano 1000/1220 euro al mese e i driver possono arrivare a 1500/1700 con una media di consegne giornaliere comprese tra i 70 e i 100 stop».
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Si vedrà. Intanto, però, la protesta ha trovato una prima sponda a livello politico. Fabio Rampelli, deputato di Fdi, vicepresidente della Camera, assicura il pieno sostegno alla sciopero «del resto le condizioni nelle quali i dipendenti sono costretti a lavorare destano sconcerto».
2 - "SIAMO SCHIAVI DI UN ALGORITMO VIETATO ANCHE ANDARE IN BAGNO"
Lodovico Poletto per “La Stampa”
amazon 2
«Pensateci quando suoniamo il campanello di casa e fate storie per scendere a ritirare il pacco. Noi siamo gli schiavi del terzo millennio. Se parcheggiamo male mentre vi portiamo l' acquisto e un vigile ci fa una multa, la paghiamo noi. Se urtiamo lo specchietto del furgone perché dobbiamo correre come dannati e lo rompiamo, paghiamo anche 500 euro di franchigia. Se poi non riusciamo a consegnare tutti i pacchi che ci hanno dato al mattino riceviamo lettere di richiamo».
pacchi amazon
Alla guida del furgone, diretto verso Torino, Giorgio si sfoga al cellulare. «Allora io stamattina mi sono alzato alle 6,30 per andare a caricare al centro Amazon di Brandizzo.
Adesso sono quasi le 17 e non sono ancora in deposito. Se ho mangiato? Un panino mentre ero alla guida: la frittata di mia mamma. In bagno? Ma anche no: chi ha tempo per andarci». Straordinari? «Ma in che mondo vivete lì fuori? Mi pagano otto ore e ne lavoro quasi 9 nove».
Benvenuti nel mondo del 14 mila driver che lavorano per l' universo Amazon. A breve avranno anche le divise arancioni e saranno iper-riconoscibili. Ma, a breve, non cambierà l' algoritmo che scandisce la loro vita ogni sacrosanto giorno di lavoro. Algoritmo che segna tutto: numero di pacchi da consegnare, numero di fermate da fare. Percorso da seguire. Tempi. E per ogni consegna ci sono al massimo 3 minuti Se sgarri son guai.
PACCHI DI NATALE A AMAZON
«È un universo di gente sfruttata» tuona Gerardo Migliacco segretario di Uil trasporti del Piemonte. Lui ha preso carta e penna e ha preparato un esposto. Motivo?
«Amazon detta le regole alle aziende appaltatrici. Decide tutto. Non può chiamarsi fuori da questa storia. L' algoritmo è roba sua. I pacchi suoi. Le regole anche. Dai, che modo di fare è?».
La questione è così delicata che a qualunque porta bussi, salta fuori una storia. Una lettera di rischiamo a un driver, un addebito. Scusi, quanti pacchi dovete consegnare al giorno?La storia dell' ultimo driver a cui una grande società di logistica ha inviato una lettera di richiamo è emblematica.
jeff bezos
Giorno 5 marzo. Il trentenne, con lavoro part-time a 1200 euro al mese, deve consegnare 177 pacchi e fare 117 fermate. In città e nella prima cintura. Non ce l' ha fatta a fare tutto. La sera ne ha riportati indietro 12. «In ufficio mi hanno sgridato. Ma che colpa ne avevo io? Il device con l' elenco consegne è andato in tilt e ho dovuto usare il mio telefono per trovare le strade» racconta il driver. Gli hanno inviato la lettera di richiamo. Rischia il posto. Perché nelle 8 ore e 30 di lavoro non ha fatto tutto. Non poteva correre di più? «Guardi qualche settimana fa ho preso 130 euro di multa per eccesso di velocità, in zona Vercelli. Andavo veloce perché ci sono i tempi da rispettare. Chi paga la multa? Io ovviamente».
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Luca Iacomino, responsabile del dipartimento Trasporti e logistica della Cigl non ha dubbi: «Amazon non può tirarsi fuori da questa storia. Il rispetto delle regole è anche affar suo: troppo comodo dire che i guai riguardano le aziende che si occupano dell' ultimo miglio.
lavoratori amazon centro torrazza piemonte
Chi è che decide i carichi? Amazon. Chi è che decide i percorsi? L' algoritmo di Amazon.
Chi stabilisce i tempi di consegna? Ancora Amazon». E allora che si deve fare? «L' algoritmo non è un totem, deve cambiare. E i lavoratori dell' ultimo miglio non sono schiavi».
Iacomino, ma in epoca di lockdown c' era meno traffico, meno gente per strada, non è andata meglio? «Come no! Anche i bar erano chiusi. Pensi alle driver donne: non avevano neanche un posto dove andare a fare pipì. Parlando con rispetto».