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    AMERICA FATTA A MAGLIE - TRUMP È PAZZO O C’È UN PAZZO CHE VA IN GIRO FINGENDO DI ESSERE TRUMP? A LEGGERE GIORNALI E TV IL DILEMMA È QUESTO, E TERTIUM NON DATUR. INVECE SU COREA, FOOTBALL AMERICANO, BANDO AI PAESI MUSULMANI, ACCORDO SUL CLIMA, C’È UN ALTRO PUNTO DI VISTA, E LO TROVATE (SOLO?) QUI


     
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    Maria Giovanna Maglie per Dagospia

     

    stadio nfl stadio nfl

    Trump è un pazzo o c'è un pazzo che va in giro fingendo di essere Trump? A leggere giornali e tv di tutto il mondo il dilemma è questo, e una terza possibilità non viene fornita, che si tratti di bando a Paesi pieni di terroristi, che si tratti di abbandonare un accordo sul clima già morto, che si tratti di Corea del Nord del dittatore Kim Jong-un, o che, come nell'ultima cocente polemica di inizio autunno, si tratti delle star del football americano, in schiacciante maggioranza neri, che rifiutano di comparire o di stare in piedi per l'esecuzione dell'inno e l'esibizione della bandiera a stelle e strisce, che dal 1942 obbligatoriamente precede qualsiasi partita.

     

    Eppure la terza ipotesi c'è, è sempre la stessa che accompagna l'avventura politica, e prima quella umana e nel mondo degli affari di Donald Trump, ovvero l'uomo calcola tutto che si tratti di provocare o che si tratti di negoziare, e quando ha indicato nelle suddette star, che protestano contro il razzismo seduti su milioni di dollari, dei figli di puttana da far licenziare smettendo di seguire lo sport e spaventando i club, sapeva quello che faceva.

     

    donald trump donald trump

    A torto o a ragione, è riuscito a fare uscire dal silenzio e dalla accettazione del politically correct senza nessuno spirito critico certi comportamenti ormai diffusi da anni e che tendono a diventare ideologici ed egemoni, dominanti e pericolosi.

     

     Insomma, in soldoni, è possibile che in un Paese nel quale per 8 anni ha governato un presidente nero si continui a parlare di razzismo nei termini  nei quali se ne parlava 30 o 40 anni fa? È possibile che facciano la parte delle vittime personaggi che dalla nazione che contestano sono foraggiate di denaro? Gli americani sono disponibili a tacere e subire il ricatto di una minoranza, o vogliono reagire, a costo di rivelare le divisioni profonde del Paese? Questo presidente così è stato eletto e così si comporta.

     

    Dagospia ve l'aveva detto  con lodevoli 24 ore almeno di anticipo che ci sarebbe stato un casino dopo le dichiarazioni di venerdì in Alabama di Donald Trump. Domenica c'è stata la grande reazione e più di 100 giocatori, spesso accompagnati dai loro allenatori e in un paio di occasioni anche dai proprietari del club, hanno ripetuto il gesto di protesta o non uscendo dallo spogliatoio finché hanno ripetuto il gesto di protesta o non uscendo dallo spogliatoio fino all'ultimo, o piegandosi su un ginocchio durante l'esecuzione dell'inno. Sembrerebbe la debacle del presidente e delle sue intemerate, questo avrete sicuramente letto ovunque e sentito nei tg.

    proteste vs trump 2 proteste vs trump 2

     

    In realtà gli ascolti televisivi domenica sono andati pesantemente giù, le mail del club sono invase di protesta di fan, le dichiarazioni della Lega si arrampicano sugli specchi ribadendo difesa della libertà di espressione ma attaccamento all'inno e alla bandiera. Così gli sponsor. Se la Nike e’ totalmente dalla parte dei giocatori, Ford e United Armour si arrampicano sugli specchi, cercando di non dare torto a nessuno.

     

     Per il New York Times la ragione è molto radicale: i proprietari del club e sponsor  sono maschi bianchi miliardari, in buona parte finanziatori e amici del presidente Trump,  timorosi di perdere pubblicità,e alla fine faranno come dice lui. Cita, opportunamente, il caso di Kaepernick, il quarterback di San Francisco che un anno fa fu il primo a cominciare questa protesta, ben prima dell'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, ebbe molti applausi e incoraggiamenti, quest'anno è senza ingaggio.

     

     Per il New York Post di Murdoch sono altre le ragioni che spingono i proprietari del club alla prudenza, hanno capito che rischiano grosso se seguono le loro capricciose star col pallino dell'antirazzismo perché gli americani all'inno e alla bandiera ci tengono, è proprio come fa Trump  separano qualsiasi discorso sul razzismo da quello sul rispetto per i valori nazionali.

    protesta vs trump protesta vs trump

     

    Considerazione questa di mero buon senso, chiunque si sia trovato a visitare gli Stati Uniti un po' di cerimonie di alza e abbassa bandiera anche in case di democratici e liberal se le è viste. Rispetto a noi è un altro mondo, la bandiera avvolge le bare dei caduti, ripiegata come in un rito maniacale viene consegnata ai familiari,  la bandiera è tutt'uno con l'inno. Non è un'eredità’ dei confederati, ha sbagliato chi si è messo a fare casino nelle ultime settimane su questo punto.

     

     

    In conclusione, a questo punto della tenzone, la maggioranza schiacciante dei 37 sponsor di NFL la lega nazionale del football sono stati zitti. La Lega ricava un miliardo 25 milioni dai suoi partners corporate vogliono essere collegati con gli sport più popolari d'America e con indici d'ascolto alti in Tv che quegli sport danno la certezza di attirare. Domenica Fox and NBC sono andati pesantemente giù solo CBS è rimasta agli stessi livelli dell'anno scorso.

    Furoreggiano su Twitter e Facebook gli hashtag pro e contro la protesta, ma da un primo calcolo al primo posto con grande distacco c'è #standforouranthem, in piedi per il nostro inno.

     

    trump trump

    “La libertà di parola è sotto attacco negli Università americane, soffocata dal potere della correttezza politica”. Proprio così. Potrebbe far parte della stessa strategia il discorso pesante e contestato che l ‘Attorney General Jeff Sessions sta tenendo a Georgetown University di Washington, alla facoltà di Legge. L'ultimo episodio ancora una volta riguarda l'università di Berkeley in California dove è stato impedito di parlare a un gruppo di studiosi conservatori.

     

    Dice Sessions: “Una volta l’università americana era il centro della libertà accademica, un luogo di dibattito robusto, un forum per la competizione di idee; ora si è trasformata in un ripetitore di correttezza politica e pensiero omogeneo, un rifugio per ego fragili. L'università invece deve essere un luogo di ricerca della verità, non di imposizione di una verità rivelata o di una censura di governo”.

     

    Jeff Sessions Jeff Sessions

    Il ministro ha criticato duramente i responsabili accademici e gli insegnanti che consentono questo andazzo,  che ha faborito la crescita di manifestanti come polli di batteria, i quali capiscono bene che gli amministratori della scuola sono pronti a capitolare di fronte alle loro richieste, e ormai abitualmente impediscono discorsi e dibattiti in tutto il Paese, perché vogliono silenziare le voci non abbastanza ortodosse.

     

    “Il diritto alla libertà di parola non esiste per proteggere il discorso su quale tutti siano d'accordo. Esiste per proteggere proprio quello che non ti va di sentire”.

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    E’ l'inizio di una crociata? Vedremo.

     

      Di sicuro ci vorrebbe una crociata o una benedizione speciale per l'intero Congresso sulla vicenda della riforma dell'Obamacare, che da cavallo di battaglia dei repubblicani per tutti gli anni in cui sono stati all'opposizione di Obama e poi per tutta la campagna elettorale dei candidati e di Trump, è diventata una imbarazzante telenovela, ed è inutile dare responsabilità ai democratici, che fanno il loro gioco di opposizione totale, gli incapaci sono i repubblicani.

     

    Sembrava non solo una priorità ma, con la maggioranza acquisita  dei repubblicani, anche una misura semplice da fare. Bastava decidere se buttarla nel cestino o cambiarne alcune parti. Trump chi è stato ingenuo,  si è fatto abbindolare dai capigruppo del partito i quali non hanno valutato appieno alcune piccole sacche interne di protesta tra fondamentalisti e super moderati.

     

    pollice verso di mccain pollice verso di mccain

    Quello che fallisce in queste ore è l'ennesimo tentativo di riforma, piuttosto buono, che si limitava a spostare agli Stati le decisioni sulla spesa, ma si prende il no del talebano, il no della super moderata, il no di John McCain, che ormai parla come un morituro, e siamo punto e daccapo. Non solo, tra un po' non basterà più la maggioranza semplice che è detenuta dai repubblicani.

     

     Intanto però in tutti i sondaggi la stragrande maggioranza degli americani, che evidentemente non è solo quella che staziona protestando con i ragazzini in sedia a rotelle fuori dal Congresso, dichiara che non ha nessuna intenzione di pagare un cent di tasse per mantenere una riforma che ritiene inutile, faraonica, illiberale, perché obbliga tutti allo stesso tipo di assicurazione e di costi.

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