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    "I RUSSI CI PROVANO SEMPRE. UNA VOLTA VOLEVANO RUBARE ANCHE I MANUALI DEI SONAR" - PARLA L'AMMIRAGLIO BIRAGHI, EX CONSIGLIERE MILITARE DI CIAMPI: "DAL DOSSIER MITROKHIN, SCOPRIMMO CHE UN NOSTRO AMMIRAGLIO, NON PER SOLDI QUANTO PER SIMPATIE IDEOLOGICHE, AVEVA DATO DOCUMENTI SEGRETI A MOSCA. IN QUEL CASO IL RAPPORTO PASSAVA PER ROMA, TRA UN ADDETTO DELL'AMBASCIATA E IL NOSTRO AMMIRAGLIO CHE AVEVA AVUTO PURE UN INCARICO IMPORTANTE E CHE IO STESSO AVEVO CONOSCIUTO…"


     
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    Francesco Grignetti per "la Stampa"

     

    AMMIRAGLIO SERGIO BIRAGHI AMMIRAGLIO SERGIO BIRAGHI

    Il gioco delle spie, l'ammiraglio Sergio Biraghi lo conosce bene. Ha trascorso quasi tutta la sua vita nei servizi segreti della Marina, prima di andare al Quirinale come consigliere militare di Carlo Azeglio Ciampi e terminare la carriera come Capo di stato maggiore. «Le regole del gioco - sorride - sono sempre le stesse. Loro ci provano, noi dobbiamo impedirlo. Ma vale anche all'inverso. Pure noi ci proviamo».

     

    Una continua partita a scacchi.

    «E ci fu una volta che ai russi diedi io personalmente scacco matto».

     

    Come andò, ammiraglio?

    «Erano i primi anni Novanta e io comandavo il Sios-Marina. Mi chiama un nostro sottufficiale che era appena andato in pensione e lavorava per una ditta privata in Lombardia. Tramite un amico, l'addetto commerciale del Consolato di Milano voleva conoscerlo. Aveva saputo che era un esperto di sonar e di caccia ai sommergibili».

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    E lei?

    «Dissi subito: vai avanti, fingi interesse. E infatti ci furono incontri. Il nostro, ben istruito da me, disse di avere ottimi rapporti con i colleghi e di essere offeso per come l'aveva trattato la Marina. Ci fu un primo abboccamento, poi un secondo. Il russo faceva molte domande. Il nostro sottufficiale lasciò intendere che aveva alcuni documenti interessanti, e che poteva contattare chi lo aveva sostituito a bordo della fregata Maestrale.

     

    A quel punto l'uomo del consolato si mostrò molto interessato in particolare a un manuale tecnico sulle caratteristiche dei sonar che noi usavamo per monitorare i loro sottomarini nucleari. Un manuale ovviamente classificato. Uscì fuori, come ci aspettavamo, anche il discorso dei soldi. Si misero d'accordo per una quindicina di milioni in cambio della prima consegna. Ovviamente c'erano ancora le lire. A prova di affidabilità, diede al russo la prima pagina del manuale».

     

    Come finì?

    AMMIRAGLIO SERGIO BIRAGHI AMMIRAGLIO SERGIO BIRAGHI

    «Il russo a quel punto aveva una fretta indiavolata. Voleva tutto il manuale. E noi lo preparammo nella tipografia della Marina: tra la notte del sabato e la domenica, stampammo un manuale con le vere pagine quando inoffensive, e inventate quando segrete. Naturalmente ogni passo era stato concordato con il Sismi e poi con i carabinieri. Al momento dello scambio, il lunedì mattina, appena il russo aprì la valigetta con i soldi, intervennero i nostri. L'uomo fu impacchettato e portato all'aeroporto; i soldi e il manuale farlocco furono sequestrati. Non era stato consumato alcun reato, e perciò non era necessario informare la magistratura. La Farnesina chiamò l'ambasciata a Roma, quelli fecero la scena di chi cade dalle nuvole, diedero la colpa a un eccesso di zelo del loro addetto, ci fecero anzi tante scuse e via. L'uomo fu messo direttamente sul primo aereo per Mosca».

     

    Sembra che ci risiamo, ammiraglio.

    «Pare di sì. E mi dispiace molto perché un ufficiale di Marina dovrebbe difendere la patria, non tradirla. Ma si sa, queste sono le regole del gioco. Lo spionaggio è così. E infatti il Sios che comandavo aveva tra i suoi compiti il contro-spionaggio».

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    E non è la prima volta neppure che i russi infilzano la nostra Marina.

    «Vero. Lo scoprimmo dal dossier Mitrokhin. Era una storia di qualche decennio prima, ma mi bruciò moltissimo anche quella. Venne fuori che un nostro ammiraglio, non per soldi quanto per simpatie ideologiche, gli aveva dato documenti segreti. In quel caso il rapporto passava per Roma, tra un addetto dell'ambasciata e il nostro ammiraglio che aveva avuto pure un incarico importante e che io stesso avevo conosciuto alla lontana. Ma c'era poco da fare, era passato così tanto tempo...».

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