Stefano Boldrini per “il Messaggero”
ZAZZARONI ANCELOTTI
Che notte. Carlo Ancelotti stavolta suggerisce il titolo rubando le parole a una famosa canzone di Fred Buscaglione. Che notte davvero quella di Madrid, dopo il 3-1 del Real sul Manchester City, la conquista della diciottesima finale dei Blancos, la quinta personale dell'allenatore italiano, la terza contro il Liverpool dopo quella persa nel 1981 e vinta nel 2018. All'una di ieri mattina l'area del Bernabeu era ancora un delirio. Una noche de fiesta, come se il Real avesse portato a casa la 14° Coppa dei Campioni/Champions, con gli under 30 a tirare tardi tra selfie, video e birra.
Una notte di emozioni incredibili, di commozione senza freni come l'abbraccio di Ancelotti con il figlio Davide, i calciatori del Real in delirio e Karim Benzema che sente profumo di Pallone d'Oro: un trionfo nella finale di Parigi il 28 maggio, e sarà suo.
ancelotti e il figlio davide
Che notte, dice Ancelotti. Ma anche che day after. Il Liverpool è forse la squadra più in forma d'Europa. Ha un parco giocatori da paura. Ha voglia di prendersi una colossale rivincita dopo il ko di Kiev del 2018, provocato in parte dalle papere del portiere Karius. Ma se c'è un gruppo al mondo che può battere questo Liverpool, è il Real. E se esiste un allenatore capace di creare problemi a Jurgen Klopp, questo fenomeno è Carlo Ancelotti. Il quale, non a caso, viene celebrato in lungo e largo da stampa spagnola, britannica e italiana.
IL MIGLIORE DI SEMPRE
Qualcuno piazza il domandone: è il miglior tecnico italiano di tutti i tempi? Difficile dare risposte sicure a quesiti di questo genere, ma affermare che Ancelotti è un fuoriclasse della panchina non è figlio dell'ubriacatura del momento. Ha vinto i cinque campionati europei più importanti. Ha sollevato tre volte la Champions insieme a Zinedine Zidane e Bob Paisley: se calerà il poker a Parigi, nessuno come lui. Ha raggiunto la quinta finale Champions: altro record. Surrealiste titola L'Equipe, come sempre geniale.
ancelotti
Ancelotti ha dato scacco a Guardiola con i cambi, con la gestione del match e, soprattutto, con quella dell'approccio alla partita: «Ho mostrato alla squadra i video delle nostre otto rimonte stagionali. Contro il City siamo saliti a quota nove e l'ultima è sicuramente la più importante. Arrivare in finale è un enorme successo.
Abbiamo eliminato dagli ottavi in poi PSG, Chelsea e Manchester City. Club ricchi, forti, con grandi manager. Ma noi siamo il Real». L'altra faccia di questa notte è lo stravolgimento di Guardiola. Ha incassato la peggior sconfitta di sempre, quella che ribadisce il senso di una maledizione: dal 2011 Pep non solleva più la coppa, pur avendo avuto tutto, tra Bayern e Manchester City, per vincerla. Questo ko segna una linea. Portare a casa un'altra Premier stavolta non potrà consolare Guardiola e tutto il mondo City. Porsi qualche domanda, a cominciare dal diretto interessato, a questo punto è legittimo.
2 - CERTEZZA REAL MADRID QUANDO I MIRACOLI DIVENTANO ABITUDINE
Giulia Zonca per “La Stampa”
FESTA REAL ANCELOTTI VINICIUS
«Madre mia», è la frase più pronunciata al Bernabeu e anche la prova che stavolta l'impensabile, per quanto assurdo, era prevedibile. Il Real Madrid ha segnato i due gol necessari per restare in partita al minuto 90 e 91, doppietta di un singolo giocatore, Rodrygo: in questa estrema sintesi il risultato sembra folle solo che qui si parla di una squadra abituata a piegare il destino ai propri desideri.
Esiste una teoria filosofica per cui se la tua mente è allenata a pensare a quello che vuole e le azioni seguono di conseguenza, ciò che si spera succede. Già vivere così è molto più complicato di quanto sembri, giocare secondo questo credo è possibile solo per il Real. Solo per chi ha vinto 13 volte la Champions, più di chiunque altro club e lo ha fatto pure 3 anni di fila.
Loro, i protagonisti, dicono sia «inspiegabile» e da fuori siamo portati a credere che sia merito della storia, ma c'è altro. Una concretezza spietata, una sicurezza che nutre senza portare fuori giri, un'abitudine alimentata costantemente.
FESTA REAL ANCELOTTI
Prima prova di autoderminismo spinto. Quando manca un'ora alla partita Ancelotti mostra ai suoi il video con le otto rimonte della stagione, comprese quelle contro Psg e Chelsea.
Alla fine dice semplicemente: «Ne manca una». Quello che si è già fatto si può ripetere, si può addirittura migliorare e se non era poi così sorprendente recuperare il gol di svantaggio rimediato all'andata contro il Manchester City (in una partita spettacolare, già carica di recuperi) sarebbe stato incredibile dopo la rete incassata a 17 minuti dalla fine.
E invece no. Indizio numero due, quando Mahrez segna, lo stadio canta. Come niente fosse, come se si trattasse di una sfida, persino di un segnale. Non smettono più e il Real consuma il tempo senza perderlo, lo vede passare e non lo sente fuggire via. Una calma che Ancelotti rispecchia e impone.
Ha l'aria di uno che ha visto e sperimentato troppo per lasciarsi sconvolgere. Però l'ha sempre avuta, anche quando era molto più giovane e meno titolato. L'ha avuta da subito, quando era contestato, quando si è messo a vincere e se la è portata dietro anche quando ha vinto la Decima, la Coppa più attesa, se la è tenuta quando è stato accantonato pochi mesi dopo. È parte del suo modi di guidare il gruppo, è incontestabile e contagiosa.
FESTA REAL ANCELOTTI
Dopo il delirio di quei due minuti, persino meno, si scatena il controllo assoluto, una prova di forza più che una botta di fortuna. Ai supplementari il City accusa il ribaltone e il Real osa, spinge sul rischio. Terzo indizio. È il momento del calcio di rigore: Benzema tira su i calzettoni, guarda Rodrygo e gli chiede: «Lo vuoi? Lo vuoi? ».
Il giocatore più determinante dell'anno, 10 gol nelle partite a eliminazione diretta della Champions, record che ora Ronaldo deve condividere, si offre di cedere il tiro più importante a chi ha 13 anni meno di lui e si è già preso la serata con una doppietta pesantissima.
Rodrygo non gli risponde neanche, probabile che non lo prenda sul serio, ma che fosse una battuta, un colpo ai dadi o un azzardo è comunque l'ennesimo segno di confidenza con il pericolo. La quarta prova è nella festa, con la maglia «Por la 14» e vale doppio: l'hanno fatta prima, certi del loro futuro (va bene prepararla per una finale dove tutto può succedere, ma per una semifinale in salita? ) e se la sono messa in faccia alla scaramanzia. L'hanno sfoggiata agitando il Liverpool.
CARLO ANCELOTTI VINCE LA LIGA 2022
Salah ha subito postato: «Conti in sospeso». Il Real non vivrà l'annuncio come una minaccia. Credono solo in loro, non certo alla superstizione e nemmeno nei miracoli. Rimontare quando tutto sta per cedere, a Madrid è quotidianità.
3 - IN TRE PAROLE IL SEGRETO DI ANCELOTTI
Estratto dell’articolo di G.Dec. per “Libero quotidiano”
[…] Ancelotti ha anche una altra qualità: sa farsi volere bene dai suoi giocatori. E quando questi sono anche dei super -campioni allora si capisce perché Carletto è uno degli allenatori più titolati al mondi. «Ha chiesto a noi giocatori veterani la nostra opinione su quali modifiche apportare alla squadra nei tempi supplementari. Questo descrive perfettamente l'allenatore che è e perché lavora così bene con questa squadra». Parola di Toni Kroos, uno dei maggiori talenti del calcio tedesco dopo i supplementari contro il City. […]
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