CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Enrico Currò per “la Repubblica” - Estratti
Com'è il "Fútbol", Carlo?
«Complicadoy sencillo. Il calcio è complicato e semplice, però più semplice. Basta avere pasióne non complicarlo, appunto, con l'obsesión».
Quella, se la trasmetti ai calciatori, è un guaio.
«L'ossessione è una malattia e io per fortuna non sono ossessionato: ho ancora tanta passione».
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L'importante è?
«L'actitud, l'atteggiamento giusto. L'ho appena spiegato in conferenza stampa. Secondo me bisogna innanzitutto disfrutar, sapersi godere il privilegio di un lavoro che è anche un gioco. E rimuovere lo stress».
Così parlò in castigliano e in italiano Carlo Ancelotti, 65 anni tra due settimane, figlio dell'Emilia contadina («si aspettano le vittorie e le sconfitte come il bel clima o la poggia sul raccolto») e poi calciatore di successo e allenatore vincente e cosmopolita. Non c'è da stupirsi che lo volesse come ct la Nazionale più vincente della storia, la Seleçao brasiliana.
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Però Florentino Perez — il presidente del Real Madrid — se lo è tenuto stretto: a novembre gli ha fatto firmare il rinnovo del contratto fino a giugno 2026. Adesso i tifosi madridisti — 500 milioni censiti — e la società si aspettano da lei la quindicesima coppa dei Campioni.
«Sono madridista anch'io, mi identifico con questa maglia e voglio fare felice la gente, il club. Siamo in finale di Champions col Borussia Dortmund, sabato a Wembley. Mica facile. Loro sono forti, passano in un attimo dalla difesa all'attacco. Hanno eliminato il Psg in semifinale e l'Atletico nei quarti».
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«Però l'Italia, a livello di risultati, sta tornando in alto nelle coppe. Tre finaliste l'anno scorso, con l'Inter a un passo dalla Champions. Quest'anno l'Atalanta ha vinto l'Europa League e la Fiorentina può provarci in Conference».
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Primi nel ranking Uefa, però l'ultima Champions vinta è del 2010 con l'Inter e la penultima del 2007 col suo Milan.
«Quello che manca, per me, è negli stadi. E nell'ambiente. Insomma, c'è abbastanza da svecchiare».
E a livello tecnico?
«Non vedo fuoriclasse, a parte Donnarumma in porta. Sto parlando di una generazione simile a quella di Pirlo, Totti, Del Piero. Serve ancora un po' di tempo».
Un problema per Spalletti all'Europeo?
«Questo no. La media comunque è buona, il gruppo c'è. La squadra può fare bene».
Quali sono i difetti del calcio italiano, visti da Madrid?
«I soliti. Davide, che lavora con me da quando aveva 23 anni e adesso ne ha 34, per potere prendere il patentino Uefa ha dovuto frequentare il corso in Galles, non aveva i requisiti in Italia».
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Che cosa pensa del nuovo Milan, che ha lasciato andare via Maldini dirigente?
«Seguo da lontano la squadra, con affetto. Da lì è tornato qui un Brahim Diaz straordinario. Il Milan ha un grande talento come Leao».
Croce e delizia.
«Da picchiare, a volte. Se fosse con me, lo picchierei tutti i giorni».
I suoi giocatori la dipingono come un padre.
«Mi comporto semplicemente con naturalezza. E con rispetto verso tutti. I rapporti interpersonali per me vengono prima di quelli lavorativi: questo evidentemente paga. Se uno spogliatoio non funziona, significa che hai sbagliato qualcosa».
Ma davvero lei è lo stesso della sua prima finale di Champions?
«Sì, mi sento come allora. Magari delego un po' di più negli allenamenti a Davide e a Francesco. Ma giocando ogni tre giorni, non è che ci si possa allenare molto».
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Si gioca troppo?
«Siccome non si giocava abbastanza, nel 2025 hanno deciso di aggiungere un po' di partite».
Suo figlio Davide farà l'allenatore?
«Sicuramente. Ma fino a quando io resto qui, lui starà con me».
E lei, fino a quando allenerà?
«Fino a quando rimarrò al Real».
La aspetta un bel rebus tattico, con Mbappé insieme a Vinicius, Bellingham, Rodrygo e magari Arda Güler.
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«Parlo di quelli che alleno ora e che sono molto forti. Vinicius migliora ogni giorno, Bellingham ha capito subito che cosa vuol dire il Real. È un gruppo unitissimo, lo dimostra come ha reagito agli infortuni gravi di Courtois e Militao in pochi giorni e ai tanti altri contrattempi. Saprà assorbire l'addio di un fenomeno del calcio come Kroos».
Ok, ma pensa che Mbappé farà le Olimpiadi con la Francia?
«Penso solo che chi va all'Europeo, Camavinga ad esempio, poi non va ai Giochi».
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Rüdiger ha detto alla tv tedesca che dopo Wembley sogna gli spaghetti alla bolognese: lei conferma il menu pre-finale?
«Broccoli, salmone, pasta. E un'ora di siesta, se ci riesco. Tanto il pomeriggio della partita il cuore batterà a 120, come sempre. Ma poi sul campo il ritmo torna normale».
Come il fùtbol di Ancelotti. Sencillo, con pasión.
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