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    POVERINO CHI FINISCE NEL TRITACARNE DELLA GIUSTIZIA - DOPO OLTRE QUATTRO ANNI DI INCHIESTA E LO SCONTRO CONSUMATO IN PROCURA, ANCHE I MAGISTRATI MILANESI HANNO CONFERMATO CHE L'EX LEGALE ESTERNO DI ENI, PIERO AMARA, È UN “CALUNNIATORE” - MENTENDO AVREBBE CONDIZIONATO INDAGINI E PROCESSI AI DANNI DELL’AD DI ENI, CLAUDIO DESCALZI. TANT'È CHE LA POSIZIONE DI DESCALZI, INIZIALMENTE TRA GLI INDAGATI, È STATA STRALCIATA DAI PM E SEMBREREBBE DESTINATA ALL'ARCHIVIAZIONE.


     
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    Monica Serra per “la Stampa”

    PIERO AMARA PIERO AMARA

     

    Dopo oltre quattro anni di inchiesta e il durissimo scontro che si è consumato in procura, anche i magistrati milanesi lo hanno confermato: l'ex legale esterno di Eni Piero Amara è un «calunniatore». Mentendo avrebbe condizionato indagini e processi non per conto, ma ai danni dell'amministratore delegato del Cane a sei zampe Claudio Descalzi. Tant' è che la posizione di Descalzi, che inizialmente figurava tra gli indagati, è stata stralciata dai pm e sembrerebbe destinata all'archiviazione.

     

    PAOLO STORARI PAOLO STORARI

    È tutto messo nero su bianco nell'avviso di conclusione delle indagini sul cosiddetto falso complotto Eni. Un'inchiesta lunga e intricata nel corso della quale Amara ha parlato della presunta «Loggia Ungheria», dando il via ai contrasti sfociati nelle indagini su quattro magistrati milanesi a Brescia (mentre per il procuratore in pensione Francesco Greco è stata chiesta l'archiviazione). Tra loro il pm Paolo Storari, inizialmente titolare delle indagini sul complotto con l'aggiunta Laura Pedio e convinto, già un anno e mezzo fa, della necessità di arrestare Amara e l'ex dirigente Eni Vincenzo Armanna per calunnia.

    LAURA PEDIO LAURA PEDIO

     

    La sua linea, che all'epoca non persuase i vertici della procura, è stata di fatto adottata dai nuovi titolari dell'inchiesta: i pm Stefano Civardi e Monia Di Marco, che ieri hanno firmato il provvedimento con Pedio. Sono diciassette in tutto gli indagati. Tra loro figurano, oltre ad Amara e Armanna, l'ex presidente di Eni Trading e Shipping (Ets) ed ex capo dell'ufficio legale, Massimo Mantovani e il dirigente del Cane sei zampe, Antonio Vella. Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla calunnia, diffamazione, intralcio alla giustizia, induzione a non rendere dichiarazioni o a mentire all'autorità giudiziaria, false dichiarazioni al pm, favoreggiamento e corruzione tra privati.

     

    vincenzo armanna vincenzo armanna

    Il loro obiettivo, secondo le indagini condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, era quello di «inquinare lo svolgimento dei procedimenti in corso contro Eni a Milano»; screditare attraverso «esposti anonimi» anche davanti alle procure di Trani e Siracusa, i consiglieri indipendenti Luigi Zingales e Karina Litvack facendoli estromettere dal cda della società e dando il via alle indagini sul finto complotto; «strumentalizzare» gli organi di stampa.

     

    Vella e Mantovani, per l'accusa, «finanziavano» Amara e Armanna tramite le società del gruppo Napag (indagate e in cui Amara aveva forti interessi) e tramite la Fenog Nigeria Ltd. Nelle tasche del primo sarebbero finiti almeno due milioni di euro, più di sei milioni e mezzo al secondo.

     

    claudio descalzi claudio descalzi

    I due, in cambio, avrebbero detto il falso raccontando «che Granata, su incarico di Descalzi, avrebbe promesso ad Armanna la riassunzione in Eni e 1,5 milioni di euro all'anno affinché» l'ex manager «attenuasse le dichiarazioni accusatorie rese nei confronti dell'ad Descalzi». Dall'atto spunta anche un'altra presunta calunnia di Armanna nei confronti di Descalzi e altri basata su una denuncia che l'ex manager depositò a Roma nel 2020, inventando interventi «sulla mia persona» e presunte false minacce per «farmi desistere dal deporre».

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