Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
PANAMA MOSSACK FONSECA 1
«Salve. Qui John Doe. Le interessano informazioni? Vorrei condividerle». Tutto è cominciato con questo messaggio spedito nella notte da un indirizzo sconosciuto. Nel mondo anglosassone John Doe ha lo stesso significato di Mario Rossi: è l’uomo qualunque o la fonte anonima che compare negli atti dei processi più delicati. Ma è in questo modo che sono nati i Panama Papers, la più importante operazione giornalistica del nuovo millennio, che segna l’ultima frontiera della libertà di stampa.
PANAMA MOSSACK FONSECA 2
Quel misterioso informatore ha fornito una mole colossale di documenti su figure di governo, monarchi, politici, imprenditori, criminali con conti e società a Panama. Fondi per miliardi di euro nelle mani dei collaboratori di Putin, delle aziende del padre di David Cameron, del tesoriere del dittatore siriano Bashar Assad, di una dozzina di capi di Stato — in carica o ex — dall’Argentina all’Arabia Saudita e di quasi 128 tra politici e alti funzionari: ben 214 mila sigle offshore utilizzate per mettere al sicuro capitali in nero. Un’idea della forza di queste rivelazioni si può ricavare dai danni provocati alle 1100 società quotate d’ogni tipo e d’ogni paese coinvolte nello scandalo: una perdita di capitalizzazione in Borsa che secondo gli esperti dell’Università Bocconi è pari a 230 miliardi di dollari.
ian cameron
Per due secoli si è parlato della stampa come del “quarto potere”, poi la televisione è stata spesso definita “quinto potere”, ma se esiste un “sesto potere” dell’era digitale allora si incarna nel modello che ha reso possibili i Panama Papers: the International consortium of investigative journalists, un consorzio internazionale di giornalisti, con una struttura al vertice che valuta i documenti, analizzandone veridicità e rilevanza. E una rete mondiale di testate si divide i materiali, a seconda dei paesi o degli argomenti, trasformandoli in tante inchieste, che vengono messe in comune e confrontate.
Poi all’ora X, contemporaneamente le rivelazioni inondano il web, in decine di lingue e centinaia di nazioni. Un’ondata irresistibile, più forte di ogni censura e di ogni altro potere. Perché unisce all’autorevolezza del giornalismo d’inchiesta la rapidità della diffusione online e la possibilità di mostrare i documenti originali, travolgendo qualsiasi smentita: è il circuito mediatico più virtuoso e incisivo che si sia mai visto, una sorta di spotlight globale.
LA PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA CON VERDONE CHE 'SPUNTA' A PANAMA
Adesso questa incredibile epopea viene raccontata in prima persona dai due cronisti tedeschi che hanno ricevuto i file top secret del misterioso John Doe, Bastian Obermayer e Frederik Obermaier: sono loro gli autori di “Panama Papers”, il volume di 412 pagine in vendita con Repubblica e l’Espresso, le due testate che hanno pubblicato in esclusiva i documenti nel nostro paese.
La prefazione è stata curata da Leo Sisti, il primo e unico giornalista italiano a entrare nel Consorzio internazionale sin dalla fondazione. Da quel 1997 l’organizzazione è cresciuta strada facendo, mettendo a punto progetti sempre più ambiziosi. Non si tratta di diffondere documenti nudi e crudi, secondo la linea delle clamorose fughe di notizie rese possibili da WikiLeaks, ma gestire giornalisticamente masse enormi di informazioni riservate.
PICASSO MODIGLIANI PANAMA PAPERS
Sono stati concepiti così Offshore Leaks, la denuncia degli affari colossali della finanza offshore nascosti al fisco e ai magistrati grazie a banche e società domiciliate in atolli caraibici; la lista Falciani, con l’analisi di decine di migliaia di persone con fondi neri nelle filiali svizzere della banca Hbsc; LuxLeaks, la ricostruzione dei patti riservati firmati dal governo lussemburghese di Jean-Claude Juncker e centinaia di aziende multinazionali per ottenere una tassazione più leggera ai danni delle altre nazioni europee.
i documenti della societa offshore a panama intestata a carlo verdone 1
Il racconto di Obermayer e Obermaier può assomigliare al romanzo su un complotto planetario, una sorta di Spectre che fa capo allo studio Mossack-Fonseca, fondato dal figlio di un reduce delle Waffen-SS hitleriane e poi diventato il porto franco per ogni genere di capitali, dalla mafia italiana a quella russa, dagli apparati spionistici ai narcos sudamericani, dai politici corrotti agli imprenditori corruttori. Invece è tutto vero: il ritratto del volto più sconvolgente del potere economico. Che adesso nessuno può ignorare: «Il dibattito che i Panama Papers hanno scatenato — concludono gli autori — dimostra un altro mondo è possibile. Basta volerlo».
PANAMA PAPERS - PROTESTE A LONDRA CONTRO CAMERON PANAMA PAPERS - PROTESTE A LONDRA CONTRO CAMERON