1. TEMPI IMPOSTI DALLA CRISI SIRIANA
Ugo Magri per La Stampa
Sergio Mattarella prende atto che la trattativa si complica, e non poco. Con il gravissimo rischio di trovarci senza governo nel caso in cui dovesse degenerare l' escalation militare in Siria. Ecco perché ieri sera, sul Colle, si percepiva un mix di delusione e frustrazione per il secondo giro di colloqui andato a vuoto dopo sei settimane trascorse inutilmente.
MATTARELLA
Ma quali decisioni prenderà a breve Mattarella (ed è intenzionato a prenderle) dipenderà moltissimo dal contesto internazionale. Nel caso estremo in cui dovesse deflagrare lo scontro tra americani e russi, l'uscita di emergenza potrebbe essere rappresentata da un mandato alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, o a quello della Camera, Roberto Fico, cioè due figure istituzionali elette con una larghissima maggioranza, in modo che mettano in piedi un esecutivo di responsabilità nazionale.
Escluso che, in una situazione talmente drammatica, qualcuno possa negare un sostegno. Se invece, per fortuna, in Siria prevarrà il buon senso, è molto probabile che all' inizio della settimana prossima il Presidente tenti la strada del pre-incarico o, se nessuno fosse disposto a tentare, quella dell'esploratore. Tra i nomi che circolano in queste ore (ma al Quirinale non risultano affatto), il più gettonato è quello del numero due leghista Giancarlo Giorgetti, figura considerata di equilibrio anche in virtù delle sue relazioni politiche a 360 gradi, Pd compreso.
luigi di maio sergio mattarella
Il Presidente avrebbe di gran lunga preferito che i partiti fossero andati ieri da lui a dirgli: abbiamo raggiunto l' accordo, ci regoleremo così e così. Fino all' altra sera, le notizie che rimbalzavano ai piani alti della Repubblica narravano appunto di un' intesa praticamente fatta tra Di Maio e Salvini. Il quale, stando a queste stesse voci, aveva garantito ai Cinquestelle che Berlusconi si sarebbe fatto da parte spianando la strada a un governo grillo-leghista. Che cosa sia successo durante la notte, nessuno esattamente lo sa.
Di sicuro Gianni Letta è corso dal Cav a informarlo della trattativa ai suoi danni; Silvio si è dunque irrigidito e Salvini non è riuscito a scrollarselo di dosso. Il risultato finale è che ieri pomeriggio, accomodati tutti quanti nello Studio alla Vetrata, i nove esponenti del centrodestra hanno alzato un muro contro i grillini. E quando Mattarella si è informato se fossero disponibili a un tavolo programmatico con Di Maio, Salvini ha messo come condizione che fossero tolti i veti su Forza Italia.
Dire che i grillini siano stati presi in contropiede, è il minimo. Davanti al Presidente non hanno mascherato lo stupore e si sono chiesti ad alta voce quali motivazioni avesse il voltafaccia leghista (perché tale ai loro occhi appare). La prima spiegazione che si sono dati dopo, mentre preparavano di corsa nella Sala del Bronzino una nuova dichiarazione ai media, è che Salvini ha voluto mostrarsi leale fino in fondo con Berlusconi come estremo atto di pazienza, ma pronto a mollarlo nei prossimi giorni una volta per sempre.
MATTEO SALVINI E MATTEO RENZI
Oppure, ecco l' altra possibilità presa in esame nella breve permanenza sul Colle, è che Matteo stia lui stesso trescando con l' altro Matteo, di cognome Renzi, rimasto in questi giorni stranamente silenzioso. Giorgetti sarebbe il nome più credibile per un tentativo leghista di agganciare il Pd (sebbene il Pd non abbia la minima intenzione di farsi adescare).
L' aspetto positivo della giornata, con gli occhi di Mattarella, è che sul rischio di escalation militare le distanze tra i partiti si sono accorciate. In particolare dà conforto al Presidente la scelta di campo occidentale chiara e netta dei Cinquestelle che si propongono come forza affidabile sul terreno internazionale. Lo stesso centrodestra, in fondo, corregge gli eccessi «putiniani» di Salvini, e adotta una linea alla tedesca che garantisce margini di manovra a Gentiloni, Sempre che tutto non precipiti.
2. QUIRINALE: TEMPO FINITO
Alberto Gentili per il Messaggero
SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI
Passi avanti non se ne sono fatti e non c' è più tempo, anzi il tempo è finito. In Siria siamo sull' orlo della guerra e se nei prossimi giorni non mi verrà prospettata una soluzione, mercoledì decido io. A sera Sergio Mattarella, parlando con i suoi, scandisce la strategia. C' è determinazione, ma anche sorpresa nelle parole del capo dello Stato. Soprattutto dopo che gli ambasciatori 5Stelle, nelle ore precedenti, avevano dato per fatta l' intesa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con tanto di «passo di lato» di Silvio Berlusconi. Invece, a conclusione del secondo giro di consultazioni, Mattarella si ritrova davanti lo stallo della settimana prima. Immutato. Quasi granitico.
Adesso però il Presidente pretende «una soluzione rapida». Ritiene si debba fare in fretta e intende superare la paralisi entro metà della prossima settimana. Perché c' è alle porte un nuovo conflitto in Siria, appunto. E serve al più presto un governo con pieni poteri. Perché a giugno in Europa si decidono le strategie dei prossimi anni su migranti, moneta unica e bilancio comunitario e l' Italia non può non rispondere all' appello.
BAMBINI DOPO L ATTACCO CON ARMI CHIMICHE IN SIRIA
Così non è previsto un terzo giro di consultazioni che, davanti a un Paese attonito, potrebbe apparire come un' ulteriore inutile teatrino. «Non ci rivedremo presto», ha detto Mattarella ai suoi ospiti. E mercoledì, se nessuna buona novella dovesse arrivare da Salvini e da Di Maio, sarà il Presidente a rompere l' impasse.
Tre le opzioni sul tavolo. La prima: un incarico esplorativo alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, o al suo omologo della Camera Roberto Fico (oggi saranno ricevuti al Quirinale). Al momento prevale la soluzione-Casellati in quanto, espressione del centrodestra che sul Colle si è presentato unito (venerdì scorso le delegazioni erano tre), la presidente del Senato potrebbe avere più possibilità di successo. Ma dopo che in serata il leghista Giancarlo Giorgetti ha sponsorizzato questa ipotesi, l' esplorazione della Casellati potrebbe essere foriera di un' ulteriore perdita di tempo.
murale salvini di maio
La seconda opzione: un pre-incarico, con l' obbligo di tornare a riferire al Quirinale prima di qualsiasi prova parlamentare, a un esponente indicato dal centrodestra (difficilmente un 5Stelle). Il nome che gira forte è proprio quello di Giorgetti. Salvini ha paura di bruciarsi senza avere in tasca l' accordo con Di Maio e quasi certamente preferirà passare la mano, in attesa di un possibile secondo giro. Forse dopo aver scaricato Berlusconi.
Infine la terza opzione, valida solo se dovesse davvero esplodere la guerra in Siria: il conferimento di un mandato pieno, con tanto di voto in Parlamento. Si vedrà se a un politico o a una figura istituzionale.
Sul Colle la situazione è ormai chiara. Il nodo per Di Maio - ancora determinato a fare il premier - resta il Cavaliere. E per Salvini il problema è decidere se, come ha fatto ieri non senza riluttanza, confermare il patto di centrodestra. Non per generosità o lealtà, ma perché se si lascia alle spalle l' alleanza con Berlusconi rischia di andare a fare il secondo a Di Maio. Il Pd, invece, come si sa ormai da tempo, è congelato in... minoranza (archiviata la parola opposizione) e vi resterà almeno fino all' assemblea del 21 aprile.
elisabetta alberti casellati
LA PREOCCUPAZIONE
Tattiche, strategie, veti, che Mattarella ormai osserva (a 40 giorni dalle elezioni) con impazienza. Nelle consultazioni il Presidente è apparso «molto preoccupato» per l' escalation militare in Siria. E dunque sollecita un patto di governo. A ogni delegazione il capo dello Stato ha chiesto una professione di fede euroatlantica.
Non a caso, uscendo dal colloquio, Salvini ha accantonato i toni filo-russi e ha ribadito «l' obbligo di lealtà all' Alleanza atlantica». Di Maio ha fatto altrettanto. Come non è casuale che il leader 5Stelle e quello leghista abbiano rinunciato a parlare delle elezioni in Molise e Friuli del 22 e del 29 aprile: Mattarella scoprirà le sue carte mercoledì, appunto. «Purtroppo», ha osservato in serata chi aveva parlato con il Presidente, «nessun passo avanti è stato fatto. Anzi, il quadro è più confuso di quando si è partiti».