Francesco Pacifico per ''Il Messaggero''
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Lo stipendio da commissario e da vicecommissario dell'Inps - 103.000 euro all' anno - non è certamente allettante. Dal governo raccontano che hanno incassato molti rifiuti da manager privati e grand commis pubblici, abituati a guadagnare anche il doppio, per queste due poltrone.
Eppure proprio questa cifra avrebbe spinto la Ragioneria dello Stato a congelare il decreto che deve nominare Pasquale Tridico come commissario e Mauro Nori come suo vice: secondo la struttura del ministero dell'Economia questo emolumento potrebbe risultare troppo alto rispetto a quanto stanziato dal decretone (mezzo milione di euro) per remunerare tutto il consiglio d'amministrazione, reintrodotto dopo essere stato cancellato sotto la gestione di Antonio Mastrapasqua.
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Senza contare che il provvedimento che regola il reddito di cittadinanza e l' anticipo pensionistico di Quota 100 - per come è scritto - destina quella cifra ai futuri amministratori e non ai commissari. Tra Palazzo Chigi e il ministero del Lavoro hanno lavorato tutto il weekend per scrivere l' atto di nomina. La speranza è che possa essere pronto già oggi, anche perché l' Inps - dove Tridico si è di fatto già insediato - è chiamato a prendere decisione importanti proprio nella gestione dei due provvedimenti welferistici e a firmare importanti convezioni come quella stretta venerdì scorso con i Caf, che devono calcolare gli Isee e accettare le domande di iscrizione al programma di ricollocamento.
Come detto il primo nodo è quello degli emolumenti. Quando fu scritto il decreto per nominare Tridico e Francesco Verbano - il vicecommissario che ha poi rinunciato all' incarico - la Ragioneria fece notare che le risorse previste per i loro stipendi, stando a quanto previsto al decretone, erano destinate ai membri del Cda.
MAURO NORI
Tanto da suggerire un emendamento correttivo al testo, dove non è neppure prevista la figura del vicecommissario o quella di un vicepresidente, quando in futuro si dovrà insediare il consiglio d'amministrazione. Dal ministero del Lavoro avrebbero replicato che, per deduzione, quanto previsto per il presidente debba andare al commissario. Ma questa conclusione non sarebbe stata sufficiente per via XX settembre.
Sempre la Ragioneria avrebbe segnalato che le risorse totali messe a disposizione per la governance, 500 milioni di euro all' anno da trovare nel bilancio della stessa Inps, potrebbero non essere sufficienti per pagare gli emolumenti di tutti gli amministratori. Per la cronaca, poi, Nori, giudice della Corte dei Conti, si vedrebbe pagato parte dello stipendio proprio da questo organismo in quanto distaccato presso l' ente previdenziale.
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Questo è il principale nodo tecnico, ma poi ce ne sono una serie politici che i tanti contatti tra il leader della maggioranza non hanno ancora sciolto. Lega e Cinquestelle sono sostanzialmente concordi nell' affidarsi a Tridico e Nori, anche se tra i grillini non tutti sarebbero d' accordo sul nome di quest' ultimo, difeso a spada tratta invece dai vertici del Carroccio.
C'è intesa anche sulla spartizione dei futuri posti del Cda: due andranno ai partiti di governo, uno all' opposizione. La distanza invece riguarda le deleghe da dare a Mauro Nori, che ha accettato l' incarico soltanto dietro la garanzia di avere poteri operativi veri.
La Lega ha avallato il nome del professor Tridico, il padre del reddito di cittadinanza, ma nutre seri dubbi sulle sue capacità gestionali, visto che l'economista non ha mai ricoperto incarichi pubblici di questa portata.
Nori, invece, ha scalato tutti gli scalini dirigenziali all' Inps fino a diventare direttore generale. Per lui il partito di Salvini avrebbe chiesto anche le competenze sulle istruttorie degli atti da portare in Cda, ma a quanto pare il vicecommissario avrà poteri soprattutto organizzativi, cioè sul personale e sulle attività informatiche. A Tridico invece saranno affidati pieni poteri d' indirizzo sulla gestione dell' organizzazione e sulle prestazioni (cioè il pagamento delle pensioni come il reddito di cittadinanza).