Angelo Carotenuto per www.gazzetta.it
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Nove sconfitte in dodici partite pesano più di una rivoluzione durata quattro anni. Non è una scoperta. Funziona così. La vittima dei meccanismi immutabili del calcio è stamattina Marcelo Bielsa, un maestro che è più facile chiamare matto, licenziato dal Leeds nella speranza che arrivi un altro allenatore al posto suo per evitare la retrocessione. Jesse Marsch, probabilmente.
L’EROE DEGLI EROI
Quello che cambia le prospettive
Eppure, in Premier il Leeds ce l’aveva riportato lui, nell’estate del 2020, dopo 16 anni di altalene frustranti tra la B e la C. Lui che viene citato come il più bravo di tutti da Guardiola, ogni volta che può. Il suo totem.
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Pep sfruttò la comune conoscenza del regista spagnolo Fernando Trueba per andare a conoscerlo. La leggenda vuole che passarono la giornata insieme guardando film, parlando di calcio e disegnando schemi di gioco spostando i mobili in giardino.
Per Jorge Valdano è finanche di più, un eroe lo definisce nei suoi libri, “perché costa fatica essere un tipo onesto”. Bielsa arriva in un luogo e ne cambia il panorama. Ridisegna cultura e prospettive. Eppure, ingombra. Eppure, spacca.
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Della sua conoscenza del gioco non dubitano nemmeno quelli che lo avversano, e non mancano. C’è chi lo giudica solo un teorico, chi si spinge a crederlo qualcosa nei paraggi della figura dello scienziato matto, uno di quei tipi disegnati in camice bianco mentre nel laboratorio maneggiano provette in modo assai pericoloso.
L’aneddotica è sconfinata, l’ideologia di chi lo critica pari e opposta alla sua, un uomo che viene da una prestigiosa famiglia borghese di Rosario, nella quale suo fratello è stato Ministro degli Affari Esteri, sua sorella vicegovernatrice della provincia di Santa Fe, lui un intellettuale prestato al calcio.
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TI LASCIO PERCHÉ TI AMO
Scelte e addii mai banali
Era improbabile che l’anno prossimo si sarebbe trattenuto ancora a Leeds, si diceva nelle scorse settimane. Il club deve avere avuto la percezione di una distanza emotiva, accelerando i tempi del distacco, se non altro – dovesse andar male – per trovarsi in casa il prossimo architetto della ricostruzione.
Se in Bielsa cala l’energia sentimentale, viene meno una buona quota del suo calcio. Non c’è mai stata nel suo percorso una scelta banale. Non lo sarà la prossima. Quando accettò di sedere sulla panchina del Marsiglia – anche se sedeva più spesso sulla borsa frigo che in panchina – lo fece perché trovava che la città facesse andare “le sue differenze tutte nella stessa direzione, come la mia idea di calcio”.
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Si specchiava in quei giorni in modo esatto nelle parole del cantore di Marsiglia, Jean-Claude Izzo, lo scrittore che uno volta ha detto: “Anche per perdere bisogna sapersi battere”.
Quando finisce un amore, si dimentica dov’è che avevi visto la prima scintilla. Al povero Bielsa capitano quasi sempre rotture uguali. I presidenti che lo mandano via, usano quasi tutti formule equivalenti alla più famosa: “Ti lascio perché ti amo troppo”.
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Bielsa arriva sempre come la promessa di una rivoluzione e viene congedato come accade a chi le realizza, con la consapevolezza cioè che non possa trattarsi di uno stato permanente.
Già nelle prime ore dopo di lui, a Leeds circola la solita ricostruzione sentita altrove, di uno spogliatoio stremato dalla sua ossessione per il lavoro, e circola il racconto di un club andato nel panico, per il timore di avergli visto sfuggire di mano il controllo della squadra.
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UNA SFIDA CHE GLI SOMIGLI
Dove va ora El Loco?
Quando a Marcelo hanno domandato nei giorni scorsi se credesse di poter raddrizzare la stagione, gli è bastata una parola sola, perché mai ne spende più del dovuto. “Certo”, ha detto. Uomini di poca fede.
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Il Leeds era indeciso se andare avanti con lui sin dall’estate scorsa, quando invece Bielsa si era presentato al lavoro dimagrito, in forma, per sostenere meglio lo stress della Premier.
Anche la squadra aveva dato i migliori risultati di sempre ai test atletici, e tutt’intorno c’era la solita città che lo adorava: una strada che i tifosi avevano intitolato a lui, una birra con il suo nome, i murales per la città.
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Gli infortuni hanno inciso sul rendimento e sulla classifica, i suoi no ai nomi dei rinforzi suggeriti dal club (van de Beek, per esempio) hanno rotto qualcosa nella stabilità degli equilibri con la presidenza.
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Ma sono in tanti a dovergli qualcosa: il presidente Radrizzani che ha visto valorizzato il suo club dalla promozione, i giocatori che con lui sono migliorati e ne scopriranno le conseguenze in busta paga, addirittura – scrive il magazine The Athletic – la guardia giurata che ha vinto una Fiat 500 all’ultima lotteria di Natale. La prossima sfida, questo è sicuro, sarà in un posto che gli somiglia.
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