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    ANGELO GUGLIELMI, L’INTELLETTUALE CHE INVENTO’ RAI3, DA SANTORO A CHIAMBRETTI, DA FAZIO A “BLOB”, ASFALTA IL NUOVO CDA (“ESPERTI DE CHE?”), COMPRESO FRECCERO, TRATTATO COME UN RENZI PAROLAIO: “UNO CHE SA PIU’ PARLARE CHE FARE. SCELTA MOLTA FURBA…”


     
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    Simonetta Fiori per “la Repubblica”

    luciana castellina angelo guglielmi luciana castellina angelo guglielmi

     

     

    «Esperti della comunicazione? Mah, mi viene un po’ da ridere». Angelo Guglielmi, personaggio simbolo della Tv culturale, direttore di una terza rete ormai consegnata al mito, non trattiene la sua ironia. «I nuovi consiglieri non li conosco. L’unica stella è quella di Freccero, la cui colpa però è quella di saper parlare più che fare».

     

    Renzi ha detto che ha nominato degli esperti.

    «Ma dove stanno gli esperti? Qui si tratta di amministrare la più grande azienda culturale del paese e vedo il nome di giornalisti che non ricordo di aver mai avuto occasione di apprezzare quando anche io lavoravo nel settore. Forse sono solo distratto ».

    carlo freccero carlo freccero

     

    Insomma deluso.

    «Più che altro stupefatto. Questo consiglio sembra peggio dei precedenti e forse nella storia della Rai non era mai accaduto. Di solito i nuovi ti colpiscono per le personalità brillanti, qui fatico a vederne. Da trent’anni si dice basta con la politica in Rai. E ora vediamo non la spartizione tra partiti, ma la spartizione tra correnti di partiti. Ridicolo».

     

    Non salva nessuno?

    «Di Freccero ho già detto: scelta molto furba, che copre il deficit altrui. E poi c’è la Maggioni, che ho conosciuto come ottima inviata in Iraq. Ma da un presidente ci si aspetta delle indicazioni strategiche di ampio respiro. Vediamo».

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    Si ripete che la Rai è la più grande azienda culturale italiana, ma in questo consiglio mancano personalità dal forte profilo intellettuale.

    «Direi meglio: assistiamo a una desertificazione assoluta delle competenze necessarie per amministrare un’azienda di produzione culturale. E dire che Renzi s’era presentato come il nuovo che intendeva rovesciare il malvisto e il malfatto».

     

    Chi avrebbe nominato al suo posto?

    SANTORO A SAMARCANDA SANTORO A SAMARCANDA

    «Bastava lasciare il vecchio consiglio, che era molto meglio. E poi occorre fissare gli obiettivi. Qualcuno ha detto cosa bisogna fare realmente in Rai? Tutti ripetono che è una grande azienda culturale. Ma cosa vuol dire?».

     

    Cosa vuol dire?

    «Cultura è conoscenza attraverso linguaggi diversi. È Santoro che apre alle piazze, è Chiambretti postino che mostra il retropalco del Palazzo, è Fazio che porta i libri nel piccolo schermo. Una tv che mescola informazione e cultura, modello oggi travasato soprattutto a La7».

     

    Cosa non le piace della Rai?

    Michele Santoro con un giovanissimo Toto Cuffaro nel a Samarcanda Salvia Dal Corriere Michele Santoro con un giovanissimo Toto Cuffaro nel a Samarcanda Salvia Dal Corriere

    «La ripetizione mortifera, con i talk show tutti eguali: un simbolo ossessivo di questo meccanismo è l’ubiquità di Salvini, presente simultaneamente in ogni rete. Non è certo di migliore qualità la programmazione delle fiction. Prima di parlare di riforma bisognerebbe fare un bel check-up della Rai, che mostrerebbe cose terribili».

    MATTEO GARRONE E ANGELO GUGLIELMI MATTEO GARRONE E ANGELO GUGLIELMI

     

    Quali?

    «L’azienda non produce lavoro, nel senso che le sue produzioni sono molto limitate. E prevale una visione casereccia che è quella che ispira i Don Matteo e le altre serie domestiche. “Tutto per la casa”: mi sembra un ottimo slogan per questa Rai che manca di ambizione e insegue una filosofia da piccolo paese. Il nuovo cda ne è lo specchio».

     

    La Rai è riformabile?

    Chiambretti e Ingrid Chiambretti e Ingrid

    «L’ho anche scritto in un recente libretto: la Rai deve essere riformata insieme all’intero sistema radiotelevisivo, che dovrebbe essere ridisegnato nel rispetto dei diritti di altri soggetti. Occorre pensare in grande, ma forse chiedo troppo».

     

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