MAURIZIO LUPI
Salvatore Tramontano per “il Giornale”
Pesa di più un Rolex o un posto di lavoro? Maurizio Lupi cade e si dimette da ministro per un orologio d'oro arrivato in regalo al figlio. L'austero Pier Carlo Padoan si ritrova con la figlia assunta nella cassaforte dello Stato e pazienza se la Cassa depositi e prestiti è controllata dal Tesoro, il dicastero di papà. Sono storie di figli, non illegali, ma un po' imbarazzanti. Solo che una è scandalosa e sull'altra invece è meglio sorvolare.
LUCA LUPI
L'Italia è strana, difficile da prevedere. Quando ci sono in ballo i figli c'è chi si immedesima: «Farei lo stesso». E chi si indigna e bestemmia: «Mia figlia non lavora e quella del ministro fa carriera». C'è chi è costretto a lasciare il posto e chi mette il muso. La verità è che non conta tanto quello che fai, ma quando accade e chi è il protagonista. Lupi, come ministro, doveva morire. Non piaceva a Renzi e piantava grane.
Nessuno aveva interesse a difenderlo, soprattutto Alfano. Ma poi era Lupi, ex berlusconiano, di Comunione e liberazione, bersaglio facile per tutti gli indignati da salotto. Forse con un potere in declino. Nel suo caso, insomma, nessun pudore nel definire il figlio un privilegiato. Padoan è diverso.
È un tecnico battezzato e benedetto da Bruxelles. Non è un amico di Renzi, ma Renzi ha ancora molto bisogno di lui. Non viene classificato come di «destra». Quindi, quando si parla del lavoro della figlia, il commento è: è una ragazza altamente qualificata. Non c'è dubbio. Infatti il problema non è la bravura, ma l'opportunità. Eleonora Padoan con il suo curriculum poteva lavorare in qualsiasi posto.
padoan
Era necessario scegliere una scrivania dalle parti del padre? Questo non significa che ora Padoan, come Lupi, debba dimettersi. Resta però il fatto che un Rolex pesa più di un lavoro qualificato. Oppure, molto più semplicemente, Padoan è inattaccabile mentre Lupi si poteva sacrificare. «Il potere è come il mercato immobiliare. Quello che conta è la posizione», spiega Frank Underwood, il protagonista di «House of Cards».
ELEONORA PADOAN
La politica e il giornalismo hanno poi i loro misteri insondabili quando di parla di affidabilità. Le vicende di Mafia capitale le conoscono più o meno tutti. Molti avranno sentito parlare del signor Buzzi, il capo della Coop rossa 29 Giugno, uno che fino a un anno fa era il simbolo della redenzione del sistema penale italiano. Qualche volta si esce dal carcere più buoni, anzi si aiuta gli altri. Ora Buzzi non è uno stinco di santo, ma non lo è neppure l'ex senatore Sergio De Gregorio. Se però il primo punta l'indice contro Zingaretti, Marino o Alfano è un personaggio squallido e inaffidabile, il secondo che accusa Berlusconi è invece l'incarnazione della macchina della verità. Morale. Non conta chi accusa, ma chi viene accusato.
buzzi e marino SERGIO DE GREGORIO SILVIO BERLUSCONI resize nicola zingaretti