(ANSA) La polizia sta eseguendo il fermo di otto persone, di cui sei minori, della cosiddetta "Comitiva degli Orfanelli", considerata responsabile del pestaggio di Antonio Cosimo Stano, il 65 enne deceduto il 23 aprile scorso dopo essere stato picchiato e bullizzato da una baby gang a Manduria. I reati che la Procura contesta ai fermati sono quelli di tortura e sequestro di persona.
antonio cosimo stano baby branco
Gli agenti di polizia della Questura di Taranto, a seguito delle indagini della procura di Taranto, guidata dal procuratore Carlo Maria Capristo, e della procura per i minorenni, guidata dalla procuratrice Pina Montanaro, hanno dato esecuzione ad otto provvedimenti di fermo di indiziato di delitto nei confronti di altrettanti soggetti (di cui sei minori di età) ritenuti a vario titolo gravemente indiziati in concorso dei reati di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravati. I dettagli saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma questa mattina alle 11 in Questura.Lo hanno lasciato solo anche al funerale
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2. APPENA 50 PERSONE ALLE ESEQUIE DELL' UOMO PERSEGUITATO E UCCISO DAL BABY BRANCO
Cristina Rufini per "il Giorno"
SOLO in vita e nella morte. I parenti di Antonio Cosimo Stano, il sessantaseienne morto il 23 aprile a Manduria, in provincia di Taranto lo hanno lasciato abbandonato a se stesso e alle angherie del branco quando era vivo, e lo hanno recluso al mondo nel suo ultimo viaggio, cambiando all' improvviso il luogo delle esequie. Solo cinquanta persone hanno potuto partecipare al funerale. Come se ci fosse la volontà di chiudere 'la pratica' il più velocemente possibile e far spegnere i riflettori su questa tragedia umana. Ma, forse, non ce ne sarebbero state molte più di persone. «Siamo un mondo di morti.
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Ci conosciamo tutti qui a Manduria, ma non ci salutiamo», ha commentato Lorenzo, un conoscente che avrebbe voluto partecipare alle esequie. E lui, Antonio lu pacciu, certo non veniva salutato da nessuno. Figurarsi se poteva essere aiutato. Nemmeno quando le sue urla squarciavano le sere di via San Gregorio Magno. Nessuno è uscito dalle abitazioni vicine per soccorrerlo. Per scacciare quelle belve che si divertivano a picchiare, terrorizzare e derubare Antonio, colpevole di essere solo e forse un po' strano.
«Tutti facevano così con lui», si sarebbe giustificato uno dei quattordici ragazzi (ben 12 minorenni) del branco che per mesi, se non anni, ha bullizzato l' anziano. Perché non farlo, quindi? Perché non divertirsi vedendolo spaventato e rinchiuso in se stesso. Debole.
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Spedizioni che si ripetevano frequentemente, filmate coi telefonini e poi diffuse via social per riderci su. Tornavano spesso a tormentarlo, a trascinarlo in strada, fino a quando alla fine di marzo Antonio ha deciso di chiudersi a quel mondo così cattivo. Ha serrato il portone di casa, non è più uscito, non ha più mangiato. Si è lasciato morire.
«Nel silenzio assordante di tutti», ha commentato il prefetto Vittorio Saladino. «Quando è arrivato in ospedale - ha ricordato uno dei medici - era in condizioni disperate: denutrito, disidratato». «Quando sono andato a trovarlo - racconta Dario, l' unico amico di Antonio - ho capito che non voleva più vivere. Non mi ha mai detto nulla delle angherie che subiva. Era una persona riservata e orgogliosa».
Anche i familiari non sapevano nulla, dicono. «Non abbiamo sensi di colpi. Nessuno immaginava», ha riferito il cugino Roberto.
UNA TRAGEDIA della solitudine e dell' abbandono. Della cattiveria.
Ora alcuni dei ragazzini, chiusi a loro volta nelle proprie case, piagnucolano che «non lo volevamo mica morto, era solo per ridere».
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«Questo dolore riguarda tutti - ha detto don Dario - dobbiamo scuoterci». Ma per Antonio è tardi.
«Chi sapeva doveva parlare, Stano sarebbe ancora vivo. Si parla di bravate, ma queste sono bravate criminali. Chiederemo pene esemplari» ha sottolineato il procuratore capo Capristo. Intanto ieri dal vertice dei magistrati è emerso un quadro più chiaro delle responsabilità di ciascuno dei 14 ragazzi indagati. C' è attesa per gli esami istologici coi quali i magistrati potrebbero, anche in parte, stabilire il nesso di causalità tra violenze e decesso. Il procuratore non esclude misure cautelari per qualcuno.
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