Angelo Aquaro per repubblica.it
KIM JONG UN
Miracolo sulla (nuova) Via della Seta. La Corea del Nord è pronta a trattare con gli Stati Uniti: "a certe condizioni", ovviamente. Ma non è proprio "a certe condizioni" che anche Donald Trump si è detto disposto, anzi letteralmente "onorato", di incontrare Kim Jong-un? La clamorosa apertura di Pyongyang è l'ultimo colpo di scena nella guerra fredda tra il resto del mondo e il Regno Eremita, come la penisola coreana era anticamente chiamata per il suo isolazionismo: guerra che rischia però di diventare da un momento all'altro incandescente, tra minacce del regime e la volontà degli Usa di Trump di risolvere la questione nucleare "non escludendo nessuna azione - neppure quella militare".
L'apertura al dialogo arriva ora da un altissimo funzionario nordcoreano, Choe Son-hui, l'incaricata di "affari americani" del ministero degli esteri di Pyongyang, e la notizia è stata raccolta e rilanciata dall'agenzia di stampa della Corea del Sud Yonhap. Ma al di là della fattibilità o meno quello che colpisce è il timing. Da pochi giorni a Seul si è insediato un presidente, Moon Jae-in, che è stato eletto sull'onda della promessa di dialogare con il Nord, e per prima cosa ha detto infatti di essere "disposto ad andare anche a Pyongyang" per risolvere la questione coreana. Tra poche ore, poi, si apre a Pechino il supersummit sulla Belt and Road Initiative, il megaconvegno che ospita quasi trenta tra capi di stato e di governo, il primo grande appuntamento di questo G20 alternativo made in China che mette sul piatto investimenti in tutto il mondo da 650 miliardi di dollari.
KIM JONG UN DONALD TRUMP
Tra i Paesi invitati c'è appunto anche la Corea del Nord: storico alleato della Cina, certo, ma ultimamente in freddo per le pressioni di Pechino sul nucleare. I nordcoreani, anzi, erano arrivati addirittura ad attaccare verbalmente il potentissimo vicino, accusando il Dragone di "ballare al suono del piffero di Washington". Si sa che il pressing cinese è infatti il risultato dell'accordo siglato da The Donald e Xi Jinping nell'ormai storico incontro a Mar-a-Lago: Pechino si impegna a frenare Kim l'Atomico e gli Usa si impegnano a non andare alla guerra commerciale che il miliardario aveva annunciato in campagna elettorale. Un patto in piena regola suggellato da "un piano da 100 giorni" che ha già dato i primi frutti: liberalizzando la vendita per esempio di carni, prodotti finanziati e biotecnologie americane in Cina. Una vera intesa ritrovata.
donald trump
E guastata solo dall'invito cinese ai nordcoreani. L'ambasciata americana a Pechino aveva inoltrato una nota ufficiale al ministero degli esteri di qui, sottolineando - rivela la Reuters - come la presenza di Pyongyang al meeting dava un "messaggio sbagliato" mentre il mondo cerca di fare pressione sul regime. Adesso, però, il colpo di scena, con l'apertura al dialogo: i cinesi ci avevano visto giusto?
Choe Son-hui, il funzionario che guida la delegazione nordcoreana al meeting, ha lanciato l'amo appena atterrata a Pechino: il suo Paese, ha detto letteralmente, è pronto "a dialogare a certe condizioni" con l'amministrazione Usa. E qui ovviamente si apre tutta la partita: Kim ha sempre detto che il nucleare per lui è irrinunciabile mentre gli Usa ribattono che prima di ogni discussione il regime deve abbandonare atomica e programma missilistico. In mezzo, guarda caso, c'è proprio la Cina con la sua proposta alternativa, resa pubblica dal ministro degli esteri Wang Yi: Kim ferma i test nucleari e gli Usa fermano le esercitazioni militari in Corea. Ma l'apertura di Choe Son-hui, adesso, potrebbe andare anche oltre.
kim jong un
La signora è una veterana del dialogo. È lei che nei giorni scorsi si è incontrata a Oslo con la delegazione americana "non ufficiale" guidata da Suzanne DiMaggio, direttrice del think thank New America, nell'ambito dei colloqui cosiddetti "Track 1.5" e "Track 2": discussioni appunto non ufficiali tra funzionari in carica della Corea del Nord ed ex esponenti dell'amministrazione Usa che non hanno più alcuna carica. È lei che sarebbe al centro di quella complessa partita che starebbe preparando davvero il terreno - secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa giapponese - a un incontro tra Trump e Kim. Fantadiplomazia?
Di tutti i rumors raccolti fin qui, l'annuncio della signora Choe è, per ora, l'unica cosa seria: anzi serissima. Certo: parlare di dialogo vero e proprio è ancora presto. Siamo ancora ai vedo non vedo. E chissà che cosa succederà appena Kim darà l'ordine per il nuovo test atomico o l'ennesimo lancio di missili. Allora sì che avremo bisogno di un miracolo vero: sperando che stavolta chi di dovere si affacci, da lassù, più che sulla Via della Seta su Pennsylvania Avenue: dalle parti cioè della Casa Bianca e di chi ha promesso di poter rispondere anche con la forza.
TRUMP E LA BOMBA ATOMICA