Gabriele De Stefani per “la Stampa”
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L'inflazione, l'inedito fascino dei sindacati, la competizione tra le aziende per accaparrarsi personale qualificato, il mondo nuovo post-pandemia in cui il lavoro ha un significato diverso: negli Stati Uniti tutto sembra spingere verso l'aumento degli stipendi. A fare da apripista sono i colossi del digitale e del retail: in rapida successione i ritocchi dei salari (o fondate promesse) sono arrivati ai dipendenti di Microsoft, Amazon, Google e Apple. La casa di Cupertino è il caso più recente: da 20 a 22 dollari all'ora per chi lavora nei 270 negozi del gruppo, addirittura un balzo del 45% rispetto ai 15 dollari di appena quattro anni fa.
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Inflazione e sindacalizzazione si tengono: la corsa dei prezzi, che negli Stati Uniti ha raggiunto l'8,3% ad aprile per la prima volta dai tempi della "Reaganomics" di inizio anni Ottanta, rende urgenti le richieste di aumenti dei lavoratori e li avvicina alle unions, che proprio nel tech americano (e non solo, vedi la battaglia dentro Starbucks che ha portato alla nascita del sindacato in diciannove Stati) stanno muovendo i primi passi.
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Il personale Apple in vari negozi negli Stati Uniti, inclusa la sede di Grand Central a New York, ha lanciato il sito Fruit Stand Workers United per raccogliere firme e chiedere «stipendi, benefici e condizioni di lavoro migliori» e nelle prossime settimane in vari punti vendita ci saranno le prime votazioni. I dipendenti alzano la voce e le aziende non alzano barricate ma ne tengono conto, anche per scoraggiare l'adesione al sindacato: l'aumento di stipendio come messaggio per dimostrare che non serve iscriversi per migliorare le proprie condizioni.
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A spostare i rapporti di forza verso un maggior peso per i lavoratori, analizza il Wall Street Journal, c'è anche il nuovo contesto post-pandemia: scoperto il mondo dello smart working e vissuto il fenomeno delle dimissioni di massa di chi ha scelto di cambiar vita, le aspettative sono cambiate e per tornare in ufficio si alza la posta.
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Più facile farlo, naturalmente, in un contesto come quello americano che continua a generare posti di lavoro e con la disoccupazione bassa e in costante calo, al 3,6% ad aprile: per le aziende è più difficile trovare sostituti e, in generale, la minaccia della spirale salari-inflazione è molto meno incombente rispetto all'Europa, come ha ribadito anche il presidente della Fed, Jerome Powell.
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Ma, numeri a parte, il trend risponde a una visione più ampia del lavoro nei grandi gruppi del tech e dell'innovazione: «Chi viene in Microsoft - ha detto il ceo Satya Nadella, annunciando il prossimo aumento degli stipendi per chi si trova nelle parti più basse della scala gerarchica - lo fa per la nostra mission e cultura aziendale e per il modo in cui sa di essere ricompensato. Dobbiamo tenerne conto». -
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