Michela Rovelli per www.corriere.it
APPLE E LA BANDIERA D IRLANDA
Ci sono voluti due anni perché la decisione presa dalla Commissione europea — la più dura di sempre — venisse rispettata. Il 30 agosto del 2016 l'annuncio della Commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager: Apple doveva restituire 13 miliardi di tasse inevase all'Irlanda.
Oggi, 18 settembre 2018, l'epilogo: Cupertino ha concluso il pagamento della cifra a nove zeri, che nel mentre è salita a 14,3 miliardi con gli interessi. Nel mezzo, un ricorso alla Corte di Strasburgo e il deferimento, da parte della stessa Corte, del Paese, per il ritardo nel recuperare la somma di denaro che le spettava. I soldi non finiranno direttamente nelle casse irlandesi ma su un conto di garanzia, in attesa della sentenza — l'ultima — sul ricorso.
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Cos'è successo
Apple è stata accusata dalla Commissione europea di aver approfittato di una situazione di aliquote vantaggiose concesse dall'Irlanda dal 2003 al 2014, grazie a una serie di accordi fiscali. La prima accusa è arrivata proprio nel 2014: il Paese, per agevolare le vendite di Cupertino nel continente, avrebbe violato le leggi fiscali concedendo aliquote fiscali bassissime, pari a meno dell'1 per cento, contro il 12,5 per cento previsto.
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Cosa ci guadagnava? La promessa che un colosso come Apple avrebbe mantenuto la sua sede europea nei suoi confini, dando lavoro — nella sola città di Cork — a 5.500 persone, circa un quarto dei dipendenti assunti in tutto il continente. Al momento della sanzione imposta dall'Antitrust per ripagare con un forfait miliardario Dublino delle tasse dovute e mai versate, nessuno dei due soggetti aveva quindi interesse a avallare la decisione.
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Da qui il ricorso. E il ritardo di reazione, tanto da far scadere il limite di tempo imposto il 3 gennaio del 2017. L'accordo arriva soltanto un anno e mezzo dopo, a dicembre del 2017: i 13 miliardi sarebbero stati versati e conservati su un conto di garanzia. E così è stato.