GIORGIO ARMANI
Sara Bennewitz e Serena Tibaldi per "la Repubblica"
Di compratori stranieri, francesi in primis, non se ne parla. Il discorso però cambia se si prende in esame la possibilità di un socio italiano. Sono bastate poche parole a Giorgio Armani per mandare in subbuglio i mercati in tutto il mondo. La frase incriminata, pronunciata durante un'intervista rilasciata a Vogue America lo scorso 2 marzo e pubblicata nei giorni scorsi, è scarna ma chiara: «L'idea che Armani continui a essere un brand indipendente non è fondamentale».
giorgio armani stella tennant con eva herzigova nadja auermann yasmin le bon
Non solo. Il creativo ha aggiunto anche che «si potrebbe pensare a un accordo con un'importante compagnia italiana, non necessariamente del settore moda». Lo stilista ha continuato spiegando di aver predisposto tutto, attraverso la fondazione creata nel 2016, affinché l'azienda passi nelle mani dei suoi nipoti, Silvana e Roberta Armani e Andrea Camerana, e del suo storico braccio destro, Leo Dell'Orco. Quello che però manca, ha aggiunto, «è qualcuno che dica sì e no al posto mio. Manca un capo».
RENZO ROSSO
Tanto è bastato per dare il via a un turbinio di ipotesi e anticipazioni. Per la verità, sono anni che periodicamente vengono anticipati accordi e fusioni con cui lo stilista 86enne cederebbe il comando a un colosso del lusso di solito straniero, tutti poi rivelatisi infondati: per esempio, poco prima dell'avvio della fondazione, era data per certa l'entrata di L'Oréal, smentita poi dai fatti. Stavolta i primi a essere tirati in ballo sono stati Remo Ruffini con Moncler e Renzo Rosso con Otb.
remo ruffini
Interpellati da Mf Fashion, entrambi hanno negato; il portavoce di Otb ha aggiunto pure che purtroppo l'operazione non sarebbe alla loro portata: con un organico di 8.900 dipendenti e 8 stabilimenti di produzione, Armani è a dir poco impegnativo.
Si è anche parlato di Leonardo Del Vecchio con Essilor, voce che rispunta periodicamente: il gruppo ha già smentito l'esistenza di una trattativa. Molto nominata negli ultimi giorni è stata pure Exor, la holding della famiglia Agnelli (a cui fanno capo anche il gruppo Gedi e Repubblica), che negli ultimi mesi con l'acquisizione del brand cinese di lusso Shang Xia prima, e del 24 per cento della maison di calzature Christian Louboutin poi, ha mostrato notevole interesse per il settore.
Leonardo Del Vecchio
L'ipotesi ha preso corpo anche per l'accordo pluriennale annunciato il mese scorso tra Armani e Ferrari, in base al quale lo stilista vestirà il team automobilistico nelle occasioni formali e in viaggio, e supporterà il prossimo lancio della linea di abbigliamento d' alta gamma della scuderia di Maranello. Ma anche in questo caso, è arrivata la smentita da parte degli interessati, che hanno fatto sapere di non avere in corso alcuna trattativa con lo stilista.
john elkann exor
Al di là del ritorno ciclico di certi temi, va detto che alla base di tutto c'è, ovviamente, il periodo storico: come Armani stesso ammette nel corso dell'intervista, «la pandemia ci ha fatto aprire gli occhi». Il fatto che lo stilista, sinora ferocemente contrario a qualunque forma di cessione, possa cambiare la sua posizione alla luce della nuova realtà, è comprensibile.
DOLCE E GABBANA NEL VIDEO DI SCUSE ALLA CINA
E non è l'unico: nei giorni scorsi è girata la voce, non vera, dell'acquisizione di Dolce&Gabbana, altro brand fieramente indipendente, da parte di Kering. Va pure aggiunto che Giorgio Armani è stato tra i più veloci a reagire alla pandemia: è stato il primo durante le sfilate milanesi, il 23 febbraio del 2020, a sfilare a porte chiuse, senza pubblico, per timore dei contagi, quando ancora nessuno riteneva fosse necessario.
Ancora, poche settimane dopo, con una lettera aperta al quotidiano americano Wwd, è stato il primo a invocare un rallentamento nei ritmi del sistema, dando voce a un'esigenza di molti suoi colleghi; ed è sempre stato tra i primi a riconvertire i suoi stabilimenti chiusi per il lockdown nella produzione di camici monouso per gli ospedali. Vista così, la sua riflessione sul futuro del brand diventa logica.
francois henri pinault kering
A tutto questo va aggiunto che anno drammatico in termini economici sia stato il 2020 per il settore: il brand, che nel 2019 ha registrato un fatturato di 2,15 miliardi di euro, è sempre stato considerato tra i più solidi grazie anche alla notevole liquidità, ma ora come ora è un azzardo scommettere su un rapido ritorno alla normalità (giusto per fare un paragone, nel 2020 Prada ha fatturato 2,42 miliardi di euro con un calo del 24%), o che una situazione del genere non possa ripetersi relativamente a breve. È in quest' ottica che vanno interpretate le sue parole.
Giorgio Armani, Cover, Grazia 2020
Persone vicine al creativo hanno fatto sapere che le sue dichiarazioni a Vogue America altro non erano che riflessioni ad alta voce sui possibili scenari futuri, smentendo così un accordo imminente. La stessa nipote Roberta a Vogue America ha spiegato di non essere a conoscenza di alcuna operazione in atto: è solo che suo zio «pensa incessantemente al futuro». Come dargli torto.