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    COSA È ANDATO A FARE MARIO DRAGHI IN LIBIA? NON SOLO AFFARI E GESTIONE DEGLI SBARCHI - SUPERMARIO HA STRETTO UN ACCORDO DI "PAX PETROLIERA" CON MACRON: ENI E TOTAL SI SPARTIRANNO IL BOTTINO SENZA FARSI PIU' LA GUERRA (LA FRANCIA HA SEMPRE PROVATO A SCIPPARCI TRIPOLI, ANCHE CON LA GUERRA DI SARKOZY A GHEDDAFI) - IL PORTAGIOIE DI BRIGITTE DEVE SCENDERE A PATTI CON L'ITALIA: NON PUO' FARE IL GALLETTO PERCHE' NON E' CERTO DELLA RIELEZIONE…


     
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    1 - DAGONEWS

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    Cosa è andato a fare Mario Draghi in Libia? Si avvicina l'estate e a luglio è previsto il picco degli sbarchi: prevenire è meglio che curare. Il viaggio a Tripoli è un modo per "riattivare" la cooperazione per la gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, per i quali la Libia ha ricevuto centinaia di milioni di euro, tra finanziamenti e mezzi, dall’Italia e dall’Unione Europea, offrendo in cambio risultati modesti.

     

    Visto che nelle prossime settimane, il Parlamento italiano dovrà votare per il rifinanziamento delle attività in Libia meglio mettere subito le cose in chiaro e far capire che a moneta deve corrispondere cammello. Non si sganciano milioni per assistere allo sbarco di migliaia di disperati sulle coste italiane.

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    I giornali hanno dato contezza degli affari che l'Italia sbloccherà con la Libia (dall'aeroporto di Tripoli alle autostrade). Quel che non è emerso è l'accordo Draghi-Macron per una pacifica "spartizione" del paese. La Francia ha sempre provato a portare la Libia fuori dall'area d'influenza italiana. Ci provò Sarkozy, fino a sconquassare l'area con una scellerata guerra a Gheddafi di cui il paese arabo ancora oggi paga le conseguenze. Ci ha riprovato Macron sostenendo le ambizioni del generale Khalifa Haftar, il "baffo forte della Cirenaica", andando contro il governo di Fayez al Serraj riconosciuto dall'Onu e sostenuto dall'Italia.

     

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    I tempi, però, sono cambiati. Quel pippon di Macron vive una fase di debolezza interna, la rielezione è in bilico e la sua migliore alleata, la cancelliera Angela Merkel, è alla fine della sua luminosa carriera politica (concluderà il mandato a settembre). SuperMario - di cui Macron si fida a differenza di Conte amico dei "gilet gialli" - è invece fresco di insediamento, gode di grande autorevolezza internazionale, in Europa è ascoltato come un oracolo e dunque meglio scendere a patti. Draghi - agli occhi di Tripoli - s'è fatto garante della "pax libica" tra Italia e Francia. L'accordo prevede la fine della "guerra" tra Eni e Total per il petrolio libico: d'ora in poi si collaborerà (almeno fino al prossimo sgambetto).

     

    2 - SI SBLOCCANO GLI AFFARI CHE FARANNO RICCA L'ITALIA

    Fausto Biloslavo per "il Giornale"

     

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    Solo «l'autostrada della pace», fortemente voluta dal colonnello Gheddafi e Silvio Berlusconi, è un progetto da 5 miliardi di euro in 20 anni. L'aeroporto internazionale di Tripoli in mano al consorzio italiano Aeneas vale 100 milioni di euro. L'Eni fa la parte del leone con la prospettiva di nuove esplorazioni del forziere di petrolio e gas libico ferme al 30% delle potenzialità. Leonardo potrebbe vendere elicotteri di sorveglianza e soccorso una mare e assemblarli in Libia E le piccole-medie imprese italiane hanno la possibilità di tornare ai fasti di un tempo quando in Libia operavano 150-200 aziende italiane.

     

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    Il consorzio Aeneas è un gruppo di cinque aziende Italiane specializzate nella realizzazione di terminal aeroportuali chiavi in mano con tremila dipendenti. I lavori per il nuovo scalo internazionale di Tripoli erano iniziati nel 2017, ma l'assedio della capitale delle truppe del generale Khalifa Haftar, aveva bloccato tutto. Adesso i lavori possono riprendere e le lettere di credito sono già state sbloccate.

     

    L'investimento è di 79 milioni di euro, compresi i 20 già saldati, ma con i lavori extra si arriverà ad un centinaio di milioni. La visita di Draghi è «essenziale per i rapporti Italia-Libia e per tutte le aziende» di casa nostra che «hanno bisogno di un ombrello politico adeguato», ha dichiarato ieri Elio Franci, presidente di Aeneas. A causa dell'assedio di Tripoli le imprese italiane in Libia sono ridotte al lumicino, neanche una decina. Il paese, per uscire dal tunnel, ha bisogno di strade, porti, scuole, ospedali.

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    «Le aziende che sono state in Libia vogliono tornare e abbiamo tante società nuove che pensano di entrare. Ora è il momento», assicura il presidente della Camera di commercio italo-libica, Gian Franco Damiano. In prospettiva le pmi possono lavorare anche in nuovi comparti come i prodotti alimentari, l'arredamento e l'abbigliamento. Il Fondo monetario internazionale prevede per la Libia nel 2021 un incremento del prodotto interno lordo del 131 per cento, se continuerà la pacificazione.

     

    Il mega progetto dell'autostrada lungo la costa della Tunisia all'Egitto di 1750 chilometri del trattato di amicizia del 2008 firmato da Gheddafi e Berlusconi è un punto di partenza per il nuovo premier libico Abdelhamid Dabaiba. L'investimento è stato suddiviso in quattro lotti più brevi da 200 milioni di euro ciascuno. Le italiane in prima fila per la realizzazione sono Anas e Salini Impregilo.

    Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh

     

    La parte del leone spetta all'Eni, che non ha mai lasciato il paese. Gli italiani sono interconessi con la Noc, la compagnia energetica libica, soprattutto nella gestione di Mellita, il grande impianto ad ovest di Tripoli che pompa gas libico verso al Sicilia (dove lavora anche la Bonatti). L'Eni è impegnata nello sfruttamento del giacimento di El Feel, 800 chilometri a sud della capitale, ma punta a giacimenti vergini.

     

    «L'esplorazione di nuove riserve di olio e gas è ancora al 30% del potenziale, considerando quelli nel centro sud del paese e la possibilità dello sviluppo offshore», spiega al Giornale Michele Marsiglia di Federpetroli. E Saipem ha buone prospettive a Bengasi, feudo di Haftar. Leonardo, oltre agli elicotteri, potrebbe rimettere mano ad un progetto di Finmeccanica, che era già partito, ma le prime forniture sono state distrutte dalla rivolta contro Gheddafi. Per il controllo del poroso confine meridionale, porta d'ingresso dei trafficanti di uomini, la Ue sarebbe disponibile ad investire in nuove tecnologie come sensori laser e droni in grado di sorvegliare migliaia di chilometri di deserto. Il costo è di 300 milioni di euro.

    Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh

     

    Nei primi sei mesi del 2020 l'interscambio tra Italia e Libia arrancava attorno ad 1,17 miliardi a causa del conflitto. Adesso c'è la possibilità di tornare ai fasti del 2012 quando superava i 15 miliardi. L'Italia può diventare capofila della rinascita libica anche per la sanità a pezzi. I black out che tormentano le grandi città libiche potrebbero venire evitati da un poderoso intervento dell'Enel.

     

    L'Eni vuole investire nelle energie rinnovabili con impianti a pannelli solari per ospedali, edifici pubblici, industrie in un paese dove il sole non manca. «Come Camera di commercio - spiega il presidente Damiano - stiamo preparando con un gruppo di aziende, una task force su alcuni settori come quello ambientale, l'agricoltura, perché il Sud della Libia consente coltivazione anche di primizie». Un'alternativa concreta per tanti giovani libici «impiegati» con il kalashnikov dalle milizie.

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