Rosalba Castelletti per "www.repubblica.it"
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Júlia Guimarães aveva appena chiuso una diretta tv da Ekaterinburg poco prima della partita Giappone-Senegal di domenica 24 quando un tifoso si è avvicinato per darle un bacio sulla guancia.
La giornalista brasiliana di Tv Globo e Sport Tv non solo ha abilmente schivato il ragazzo che si è tirato indietro velocemente, ma lo ha anche rimbrottato a gran voce. “Non farlo. Non provarci mai più”, ha gridato al tifoso costringendolo a scusarsi.
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“Non ti autorizzo a fare una cosa del genere. Non è educato. Non è giusto. Non fare mai questo a una donna. Rispetto”.
Guimarães, la terza cronista a essere importunata davanti alle telecamere durante i Mondiali di calcio, si è poi sfogata su Twitter: “È difficile trovare le parole. Fortunatamente, non mi era mai capitato in Brasile.
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Qui già due volte. Vergognoso”. La giornalista ha detto di essere già stata molestata a margine della partita tra Russia ed Egitto.
Solo una settimana prima la giornalista svedese di Sportbladet Malin Wahlberg era stata baciata da un tifoso in diretta tv davanti allo stadio di Nizhnij Novgorod poco prima della partita tra Svezia e Sud Corea.
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E pochi giorni prima la giornalista colombiana Julieth González Therán era stata molestata nella città di Saransk: un uomo l’aveva baciata afferrandole il seno e gridando “Russia campione” mentre era in diretta con “Deutsche Welle”.
Raccontando l’episodio su Instagram, González Therán aveva chiesto più rispetto per le giornaliste donne: “Non meritiamo questo trattamento. Siamo ugualmente professionali e meritevoli. Condivido la gioia del calcio ma bisogna tracciare i limiti tra affetto e molestia”.
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Il molestatore, un uomo russo di nome Ruslan, si era poi presentato nella sede della redazione di Deutsche Welle e scusato via Skype con la giornalista.
“Pensavo di aver poggiato la mano sulla sua spalla, ma a quanto pare l’ho mancata e le ho toccato il seno”, ha detto Ruslan, confessando che aveva fatto una scommessa con dei suoi amici, ma ammettendo che lo scherzo era diventato “una molestia sessuale”.
Già lo scorso marzo in Brasile le croniste sportive avevano lanciato la campagna #deixaelatrabalhar, “lasciateci lavorare”, contro il machismo negli stadi.