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    GUSTIAMOCI GUSTAVE - ARRIVA A ROMA LA MOSTRA DEI GRANDI RITRATTI DI DONNA DI GUSTAVE KLIMT - L'ARTISTA, CHE ERA PIGRO E DISORDINATO, NON AMAVA SPOSTARSI DALLA SUA VIENNA, CON UN'UNICA ECCEZIONE: L'ITALIA, CHE ERA PER LUI UN RIFERIMENTO - SUI MOSAICI DI RAVENNA COSTRUI' IL "PERIODO DELL'ORO", QUELLO DEI RITRATTI FEMMINILI, COME LA LEGGENDARIA "GIUDITTA", EROINA EBREA A META' STRADA TRA LA GIUSTIZIERA E LA FEMME FATALE...


     
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    Enrico Sisti per "la Repubblica - Edizione Roma"

     

    cartolina di gustav klimt a emilie flöge cartolina di gustav klimt a emilie flöge

    C'è una cartolina, spedita da Ravenna, in cui Gustav Klimt (la mostra, "La Secessione e l'Italia", sarà a Palazzo Braschi da oggi sino al 27 marzo 2022) scrive alla sua compagna Emilie e le racconta della forte pioggia che gli entra nella stanza. Ci sono altre cartoline inviate dall'Italia, da Firenze, Pisa, Verona, La Spezia, Riva del Garda, Pontedera, Padova: tutti piccoli quadri, o meglio rettangoli, di un'esposizione umana che lega a noi il grande artista viennese, fragili cartoncini in bianco e nero che solo a guardarli, pur protetti da un vetro, si ha paura di rovinare.

     

    giuditta, gustave klimt giuditta, gustave klimt

    Sin da giovane Klimt era un pigro e disorganizzato bohémien. Dalla sua Vienna che traboccava di avanguardie non amava spostarsi. Faticava a progettare lunghi soggiorni, detestava le difficoltà. In uno schizzo, il suo allievo Egon Schiele, lo ritraeva come una figura diafana, un tratteggio appena macchiato di blu e azzurro e appoggiato al fumo di una sigaretta: al punto che viene da pensare che sia la sigaretta a fumare lui.

     

    L'Italia fu però sempre un'eccezione. Klimt è sceso varie volte, sempre per soddisfare la propria fame di conoscenza. L'arte italiana rappresentava un riferimento. Per la storicità. Anche se magari da combattere. Proprio a Ravenna imparò dai mosaici, che lo colpirono come una freccia (o un pennello) nel cuore, e su di loro costruì il "periodo dell'oro", quello dei grandi ritratti di donna, in cui nella mostra di Roma (che dal 5 aprile 2022 si trasferirà, con qualche variazione a Piacenza) spicca la leggendaria "Giuditta", col quel suo profluvio di dettagli, di simbologie, di collari e poi con quella testa di Oloferne che, in basso a destra, nell'orgia dorata, raccoglie il senso dell'oscurità. Il sensuale sguardo dell'eroina ebrea sta metà strada tra la perdizione della giustiziera e la perversione della "femme fatale".

     

    ritratto di signora in bianco, gustave klimt ritratto di signora in bianco, gustave klimt

    Klimt era un artista "multitasking", sensibile al "prodotto", non indifferente alla cartellonistica. Nel film a lui dedicato nel 2006 da Raul Ruiz, col volto di John Malkovich, Klimt viene deriso come chi "va a zonzo tra gli stili". Uno sregolato. In realtà era un fluido interprete della propria epoca. Nei pazzeschi vent'anni a cavallo tra Ottocento e Novecento non c'è stata una sola forma d'arte che non abbia vissuto sconvolgimenti tecnici e formali.

     

    In letteratura si cominciava a pensare all'anti-romanzo e in poesia si cominciò ad asciugare il linguaggio sino ad approdare all'ermetismo. La musica classica abbandonava la forma tradizionale della sinfonia per dare spazio al poema sinfonico. Mentre il cinema cominciava a smuovere il pubblico dei teatri. La Vienna di Klimt non aveva ancora preso coscienza del proprio destino, la cosiddetta "gaia apocalisse".

     

    ritratto di signora con fondo rosso, gustave klimt ritratto di signora con fondo rosso, gustave klimt

    Intorno allo studio di Freud, si smaterializzava "il mondo di ieri", secondo le parole di Stefan Zweig, in cui si celebravano realtà antitetiche come i valzer della "Vedova allegra" di Lehár e i "Canti per la morte dei bambini" di Mahler, le notti trasfigurate di Schönberg e i cromatismi atonali dei suoi allievi, da Berg a Webern. Klimt era lì nel turbine delle idee, a fondare la sua corrente (la Secessione nasce il 3 aprile del 1897), a imbrattare carte giapponesi con i suoi esili disegni a matita (arrivati a Roma dal Museo di Graz, oltre alle più di 200 pezzi, 49 di Klimt). Sempre in nome delle donne, le sue donne, le donne che ritraeva su drappi appesi al soffitto.

     

    Era lì vagabondo e trasandato a spedire cartoline da lontano o ad esaltare Beethoven con l'immenso fregio di 34 metri commissionato da Bruxelles. Klimt morì nel gennaio del 1918 lasciando quadri irrisolti e un quadro irrisolto della sua multiforme personalità.

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