Marco Zini per tag43.it
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Riuscirà Maurizio Arrivabene a rilanciare la Juventus? Il manager bresciano, 64 anni, tifosissimo bianconero, che è stato il team principal della Ferrari dal novembre 2014 al gennaio 2019, dal 2012 fa parte del consiglio di amministrazione della squadra bianconera. Dunque uno che conosce bene la società e il presidente Andrea Agnelli, di cui è stato capo in Philip Morris. Ma forse conosce meno il calcio. La parte sportiva verrà dunque seguita da Federico Cherubini, promosso al posto lasciato libero da Fabio Paratici.
Andrea Agnelli e John Elkann
Ad Arrivabene come amministratore delegato il compito di tenere sotto controllo i conti. Un tema complicato come per l’Inter. Queste infatti sono state settimane delicate alla Continassa. Neanche il tempo di finire la stagione, conquistando in extremis un posto in Champions league (fondamentale per il bilancio), che un ribaltone ha ridisegnato il club con la nomina di Arrivabene e il ritorno in panchina di Massimiliano Allegri. Un rientro controverso, quello dell’allenatore.
Tre allenatori in tre anni, non era mai successo nella storia della Juventus
La maggior parte degli juventini non lo amava. O forse non lo ama. Ma nel mondo del business, rispetto a quello sportivo, tutto può cambiare. Specialmente dopo l’esonero di Maurizio Sarri e di Andrea Pirlo. Tre allenatori in tre anni. Fatto mai successo nella storia della Juve. Il compito di Arrivabene non sarà perciò facile. E i precedenti non gli sono favorevoli.
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Basta ricordare la rottura con Mattia Binotto, attuale direttore sportivo della Ferrari, che aveva portato la società a licenziare l’ex manager Philip Morris. Mossa inevitabile per riportare serenità all’interno del team. Subito dopo quell’episodio emersero i veri retroscena sull’avvicendamento. Errori che non si riducono alla gestione dei piloti ma vanno a sconfinare nei rapporti personali e nel clima che si era creato. L’allontanamento di Arrivabene fu inevitabile. Non era l’uomo giusto per quel lavoro.
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Fu John Elkann a mandare via Arrivabene dalla Ferrari
La decisione arrivò come sempre dal presidente di Exor John Elkann. A condannare il nuovo ceo della Juve furono i comportamenti. Che cosa vuol dire? Chi ha lavorato con lui a Maranello, lo descrive come un autoritario senza leadership. Ma non finisce qui. Sergio Marchionne aveva già deciso che sarebbe stato Binotto a prendere in mano il team.
Motivo? Pochi risultati, scarsa capacità operativa e carenza di governance. Caratteristiche, queste, che possono essere ancora più pericolose nel mondo del calcio. Nel campionato appena concluso la Juventus era, forse, ancora la squadra migliore per qualità della rosa ma non ha avuto una guida. Sia sul fronte manageriale che sportivo. Con una battuta si potrebbe dire che Arrivabene alla Juve rischia di diventare ancora una volta il signor “Usciremale”.
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Poi c’è il capitolo Andrea Agnelli. Per ora Elkann l’ha confermato e non poteva essere diversamente. Allontanare il secondo socio della capogruppo Giovanni Agnelli Bv non è così semplice. Queste decisioni vanno fatte decantare. La Juve potrebbe essere costretta a fare un nuovo aumento di capitale per coprire le perdite d’esercizio e parte dell’indebitamento di oltre 450 milioni. Va segnalato che Exor, azionista di maggioranza della squadra torinese, ha adottato il 31 dicembre del 2019 la normativa sul voto maggiorato.
La possibilità di esercitare questa opzione scatta dopo due anni che il socio ne abbia fatto richiesta. Quindi il primo gennaio 2022. Ciò significa che nei prossimi mesi la holding della famiglia Agnelli ha margine per trattare l’ingresso di nuovi soci senza perdere la gestione della società. E allora, perché no, Elkann potrebbe cambiare anche il presidente.
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