Alberto Piccinini per “il Venerdì di Repubblica”
louis c.k.
Sabato 29 maggio la tournée europea di Louis C.K. riparte da Milano, teatro Arcimboldi. Esaurita in prevendita la prima data, si replica la sera successiva. Il primo giugno arriva al Teatro Olimpico di Roma per due show. Poi a Göteborg, Amburgo, Parigi.
Il comico nato a Washington 54 anni fa gestisce gli spettacoli attraverso il suo sito internet, che usa per vendere i biglietti, distribuire lo streaming e un po' di merchandising. T-shirt, portachiavi, cappellini. Rigorosamente neri. Louis C.K. è lo stand-upper più cancellato del mondo - Netflix, Disney e le altre piattaforme lo hanno messo al bando mandando in fumo qualcosa come 35 milioni di dollari - ma niente gli impedisce di esibirsi, in inglese, dove vuole.
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A patto che ci sia un pubblico disposto a comprare il biglietto. Lo scorso 25 febbraio avrebbe dovuto esibirsi al Teatro nazionale di Kiev, ma il giorno prima è cominciata l'invasione russa. E non è escluso che durante gli spostamenti possa capitargli di nuovo quel che lui stesso raccontava nel monologo Sorry. Sull'aereo che sorvola l'Italia un bambino lo osserva e dice: «Guarda mamma, c'è il tizio che si masturba davanti alla gente». La scenetta comprende l'accento italiano del ragazzino impiccione (il comico resta uno dei migliori specialisti in voci, vocine e caratteri).
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MANOVRE EROTICHE
La storia è più che nota. Nel novembre 2017, in pieno #MeToo, un articolo del New York Times mette in fila i racconti di cinque colleghe performer e autrici, e scoperchia il segreto sulle goffe manovre erotiche del comico allora cinquantenne e all'apice del successo con gli spettacoli di stand-up, ma pure regista, autore, produttore di serie tv.
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In lui, il sofisticato New Yorker solennemente riconosceva un nuovo Gogol. Altri il prossimo Woody Allen, comunque un grande narratore americano. «Se hai potere su un'altra persona, chiedere di guardarti non è una domanda, ma significa cacciarla in un vicolo cieco», ammise nel comunicato seguìto all'articolo, con un residuo di quella sensibilità (anche nei confronti delle donne) che tutti fino a quel punto gli riconoscevano. Il comunicato si concludeva con la promessa di farsi da parte per un po', osservando il silenzio.
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Non si poteva dire di meglio. Invece, dopo neppure un anno era sul palco di un famoso club di New York, il Cellar, uno dei templi della stand-up comedy. Nel 2020 veniva diffuso in streaming il nuovo spettacolo Sincerely. E cominciava così: «Come sono stati i vostri ultimi due anni? Per me un sacco di guai, ma aspettate di vedere le mie foto in blackface (quando ci si dipinge la faccia di nero, ndr). È una cosa che non riesco proprio a smettere di fare». Standing ovation, risate, applausi. Issimi.
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la rivincita sul palco
Il mese scorso la registrazione di Sincerely Louis C.K. ha vinto il premio Grammy come Best Comedy Album. Prima della rete il "disco"era il veicolo più efficace per far girare gli spettacoli di stand-up. Ora si trova facilmente su Spotify. «Perché proprio lui? Con tutta la gente che fa ridere, è proprio necessario premiare chi si è comportato così male?», ha detto Julia Wolov, una delle sue accusatrici, incredula e scoraggiata, in un'intervista recente a Variety. Ma in una dichiarazione seguita alle polemiche, il capo della Recording Academy, Harvey Mason Jr., ha invece sostenuto che l'unica cosa che a lui interessa sono le regole del premio, non la storia personale di chi viene candidato a riceverlo.
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Altre due nomination hanno steso un'ombra sull'edizione di quest' anno: il musicista Marilyn Manson, coautore del disco di Kanye West, indagato da tempo per le accuse di violenza avanzate da cinque donne; e il comico stand-up afroamericano Dave Chappelle, altra star in guerra aperta con le organizzazioni Lgbt per alcune battute sulle persone trans.
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Sono passati cinque lunghi anni dal fattaccio. È la seconda volta che Louis C.K. torna in Italia. Come in tutto il mondo mantiene anche da noi uno zoccolo duro di fan acculturatissimi, esperti dell'esotico mondo della stand-up, autori, scrittori, colleghi probabilmente maschi che provano a mantenere vivo il rispetto o almeno il ricordo per uno dei grandi protagonisti della storia di questo genere. Ogni volta il suo spettacolo ha un po' il sapore di quello che gli americani chiamano "comeback". Il ritorno. Più difficilmente la resurrezione. Un po', inevitabilmente, la rivincita.
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Uno dei meccanismi più classici della stand-up prevede che il comico condivida col pubblico le proprie debolezze segrete nei confronti del mondo, donne, famiglia, colleghi. Vale per la serie A dei comici americani coi loro special su Netflix, vale per la pattuglia degli stand-up italiani, icone generazionali della rete. Vale per l'ultralocal Maurizio Battista, l'omino di San Giovanni perseguitato dalle fisime di su moje o dalla boria del commesso di via Appia Nuova (Battista è uno dei mattatori del Teatro Olimpico). Il problema è che nel rapporto tra Louis C.K. e il suo pubblico, alla condivisione pare sostituirsi una specie di complicità.
«La comunicazione durante il sesso è confusa», spiegava ancora all'inizio del suo ultimo monologo, Sorry, «le donne sono capaci di dire che è tutto okay anche se non è okay (). È come gli spiritual: senti cantare gli schiavi nel campo e pensi che qualcuno si sta divertendo».
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SENZA REGOLE
Sorry, fin dal titolo, era un gioco sulle scuse che i più ritengono Louis C.K. non abbia mai pronunciato veramente. Ci si può ugualmente chiedere fino a che punto debba arrivare un procedimento di cancellazione, se cioè in mancanza di pronunciamenti della giustizia vera ci debba essere una qualche procedura, una data di scadenza, e a che punto ci troviamo in questo caso. L'incertezza è deleteria.
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Sempre più difficile per Louis C.K. giocare sul filo della decenza (e dell'indecenza) quando scherza sulle coppie gay, sull'inclusione di trans e non-binary, sulla pandemia, «molte vecchie morenti sono morte». E intanto rimescola i classici: la vita sessuale delle mamme, il proprio cane («pensa che io sia pazzo quando guardo la tv per ore»), confondendo battute buone e quelle così così. Non è questione di politicamente corretto:la ricerca dell'approvazione tribale quasi mai fa ridere davvero.
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