
MENTRE ELLY SCHLEIN PENSA DI FARE OPPOSIZIONE VOLANDO A BUDAPEST A SCULACCIARE ORBAN PER I DIRITTI…
Alessandra Mammì per Dago art
Non sono film d'architettura. Né film sull'architettura. Quella di Ila Bêka e Louise Lemoine (al Maxxi il 22 e il 29 novembre in due incontri curati da Emilia Giorgi) è vera e propria saga, un serial dove al posto del protagonista c'è un edificio. E' lui la superstar. E non c'è archistar che tenga. Una volta che l'edificio è costruito, la storia appartene a quelle mura, a quegli spazi, a chi li abita, li vive, li giudica.
Fu così che si fecero conoscere al mondo, qualche Biennale Archittura fa. Proiettando ai Giardini un film sulla casa di Bordeaux che nel 1998 aiutò a render celebre Rem Koolhaas/OMA. Ora nel dvd Rem Koolhaas è finito negli extra, in un'intervista in cui appare anche un po' irritato. Mentre nel film i due mattatori sono la casa futuristica e la cameriera che la accudisce. Straordinaria Guadalupe Acedo con grembiule pallinato, ora passata alla storia (del cinema forse no, ma dell'archiettura di sicuro)
Lo stesso accade con il Guggenheim di Bilbao. Non è Gehry sono quegli acrobati che lo devono pulire di tanto in tanto aggrappandosi alle funi e tirando tutti i muscoli per restare in bilico sulle vertiginose volte del museo. Poi fu la volta dei fedeli della chiesa di Richard Meier alla periferia di Roma e i vendemmiatori francesi negli Hangar di Herzog &deMeuron a Pomerol.
Fino al recente, commovente e tormentato mea culpa di Stefano Boeri di fronte a quel che resta del progetto della Maddalena, una delle tappe più belle della Biennale di Koolhaas. Ennesima dimostrazione che non l'architetto ma l'edificio cio che interessa: tanto che una volta che Ila e Louise decidono di renderlo protagonista dei loro film è per parlare del suo fallimento.
Ora tocca al Barbican Estate. Un mostro per molti (compreso chi scrive). Sarà pure esempio perfetto di architettura brutalista, ma forse un po' troppo brutalista. Scuro, imponente, prepotente e severo.
Funzionò bene quando anni fa,Kusmirowski, artista polacco ossessionato dalla storia, lo trasformò in una trincea della prima guerra mondiale con claustrofobico e indimenticabile allestimento.
Ma Louise e Ila invece anche qui riescono a dar vita alla fortezza e trasformare il più scuro edificio di Londra uin una colorata predella dipinta da piccole storie: c'è quella di Neil, che si prende cura delle piante e dei pesci nel giardino d’inverno del Barbican Centre; di Paolo che dice di avere la “chiave magica”; di Camilla che scava nella psiche del Barbican....
Ora sono lì proiettate al Barbican ma presto saranno l'ennesimo capitolo in dvd di “Living architectures”, questa loro antistoria dell'architettura che come un romanzo dEi Singer si concentra sui piccoli gesti degli uomini e sullo scorrere della vita piuttosto che su un'imperativa permanenza dell'opera. E così facendo, ci incanta.
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