Francesco Alò per “il Messaggero”
JEAN LUC GODARD
Nessuno l'aveva fatto prima. Cosa? Un uomo e una donna chiacchierano a un tavolino. Visto mille volte? Sì, solo che in Fino all'ultimo respiro (1960) Godard inventa in quella scena il jump cut, ormai abusato in tv e sul web dentro ogni monologo degli youtuber. È un'intuizione grammaticale semplice ma detonante in cui si taglia il discorso di un personaggio mantenendo l'inquadratura su di lui e dando così al parlato un ritmo sincopato a singhiozzo. Oggi lo vedete ovunque.
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L'ha inventato Godard al montaggio di Fino all'ultimo respiro nei primi mesi del 1960. Poi poco dopo, in quel decennio che lo consacra come innovatore del linguaggio, darà vita anche al musical realista d'ambientazione cittadina con personaggi fuori tempo e note «che scivolano dappertutto» per La donna è donna (1961; ispiratore di La La Land di Chazelle) nonché il falso documentario sulla vita di una prostituta (Questa è la mia vita 1962) che poco dopo Accattone di Pasolini è il primo film che non ha paura di affrontare tutti gli aspetti più squallidi del meretricio. Influenza il Bergman di Persona (1966) e poi il Martin Scorsese di Taxi Driver (1976).
IL CORPO
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Il primo con la frammentazione del corpo femminile in Una donna sposata (1964), mentre l'italoamericano lo strega inquadrando una Parigi in ricostruzione in Due o tre cose che so di lei (1967), usato da Scorsese per spiegare ai suoi produttori le sequenze più alienate di Taxi Driver. Lo scorso dicembre siamo tutti impazziti per la capacità di Peter Jackson di recuperare e montare le sessioni dei Beatles in studio alle prese con l'ultimo album Let it Be (1970).
Ebbene anche quel genere era stato inventato da Godard ben prima, quando filmò la noia del rock' n'roll spiando i Rolling Stones che componevano Sympathy for the Devil tra sbadigli e storielle sconce dentro il geniale One Plus One (1968). Ha insegnato come aggirare la produzione assumendo star da copertina (Brigitte Bardot per Il disprezzo e Jane Fonda per Crepa padrone tutto va bene) per poi avere maggiore libertà.
anne wiazemsky con jean luc godard
È il papà del film con amanti criminali in fuga perché dai tempi di Fino all'ultimo respiro, in cui Jean-Paul Belmondo è inseguito dalla polizia mentre amoreggia con Jean Seberg a Parigi, quel filone è stato riletto più volte: da Gangster Story (1967) di Penn all'ultimo Bones and all (2022) di Luca Guadagnino passando per Cuore selvaggio (1990) di Lynch. Tutti gli dobbiamo qualcosa. Perché senza di lui brancoleremmo ancora nel buio, magari in cerca di un jump cut.
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